India – Il tour transatlantico di NaMo (parte terza)

In by Simone

L’ultima parte del viaggio promozionale di Modi ha toccato il Canada, paese dove hanno la residenza permanente più di 35mila indiani (seconda comunità di migranti dopo i cinesi) e dove un primo ministro indiano non si recava in visita per colloqui bilaterali da 42 anni. Le premesse per il successo c’erano tutte e, al di là dell’hype inevitabile, l’India qualcosa si è portata a casa, specie in tema di energia.
Dopo Francia e Germania, Modi è arrivato in Canada giovedì scorso sempre mantenendo la solita struttura binaria delle sue missioni all’estero: contatti ad alto livello per chiudere contratti commerciali da un lato, bagni di folla eterodiretti per ampliare la propria aura a casa.

Obiettivi entrambi raggiunti egregiamente, come andremo a vedere, segno che la macchina diplomatico/propagandistica di NaMo ormai viaggia quasi col pilota automatico ed è in grado di intercettare alla perfezione sia le richieste del mercato che quelle del popolo, provvedendo ciclicamente alla distribuzione di panem et circenses.

Radioactive Toy

Sul lato strategico a lungo termine, Modi in Canada ha chiuso l’accordo più proficuo di tutto il tour, firmando un contratto di fornitura di uranio da 280 milioni di dollari per i prossimi cinque anni. L’accordo ha realmente una portata storica, considerando che il Canada aveva bloccato la vendita di materiale nucleare all’India nel 1976, dopo che New Delhi aveva utilizzato fornitur canadesi per realizzare – e testare – la propria bomba atomica. Di acqua sotto i ponti ne he passata, e ora l’uranio canadese (fornito dalla Cameco, terzo produttore mondiale) si aggiungerà a quello australiano per attivare le centrali nucleari nel subcontinente.

L’India, nonostante l’enorme propaganda che la vende come grande gigante economico, soffre di un gap energetico imbarazzante col resto dei competitor asiatici. Il dato principe è quello della capacità elettrica installata nazionale, ovvero quanta elettricità è in grado di generare il paese: l’India ne ha 255 GigaWatt; la Cina (dati 2013) 1247.

Questo spiega perché il tema dell’energia rimane in cima alla lista delle priorità del governo Modi, precondizione per far funzionare a pieno il progetto Make in India, e perché di nucleare (tra forniture di uranio e contratti per la realizzazione di centrali nucleari) in un modo o nell’altro sia compreso sempre nella lista di accordi raggiunti con partner stranieri. Secondo Bbc, New Delhi ha intenzione di realizzare 40 nuove centrale nucleari entro i prossimi vent’anni, che si aggiungeranno alle 22 già attive sul territorio. Nell’ottica dello sviluppo indiano – messa in campo già dalla precedente amministrazione dell’Inc e ora ripresa dal governo Modi – la corsa al nucleare rimane la soluzione più spedita per ridurre il gap energetico, alleggerire la bilancia commerciale indiana (che spende un mucchio di soldi in importazione di energia) e affrancarsi dalla dipendenza energetica dal carbone, decisamente più inquinante. Rimane il problema delle proteste locali e del rischio di disastro nucleare, ma per New Delhi vale il motto ubi maior minor cessat.

A contorno dell’affare nucleare, India e Canada hanno firmato altri 16 contratti in campi che fanno dalla difesa all’educazione, dalle infrastrutture all’aviazione. La lista completa degli accordi la potete leggere qui e secondo il governo Harper il valore totale dei contratti si aggira intorno agli 1,3 miliardi di dollari.

Madison Square Garden, il ritorno

Ve lo ricordate il bagno di folla al Madison Square Garden di New York qualche mese fa? Ecco, stesso set, stesso discorso a grandi linee, stesse figure retoriche, Modi ha ripetuto lo show venerdì scorso al Ricoh Coliseum di Toronto, davanti a una folla di diecimila indiani adoranti. Qui sotto c’è il video divulgato dall’account twitter del primo ministro indiano, come al solito è in hindi ma vale la pena di darci uno sguardo per apprezzare anche solo visivamente lo status da rockstar del quale NaMo gode (rimane sempre valido il discorso sull’entusiasmo eterodiretto fatto nell’episodio 2, in Germania).

Dilungarsi sui temi del discorso sarebbe ridondante. Il canovaccio è il solito: siamo giovanissimi e possiamo fare grandi cose, quelli prima di noi han fatto dei casini e adesso a noi tocca sistemare tutto, abbiamo mandato in orbita un satellite diretto verso Marte che è costato meno del film che Hollywood a fatto su una missione spaziale diretta verso Marte, non dovete ringraziare me ma il popolo indiano.

Più interessante è l’analisi delle tecniche comunicative di Modi (tema che meriterà un post a parte, in futuro), apprezzando come i discorsi siano costruiti intorno a parole chiave e immagini facilmente assimilabili dall’audience. Ad esempio, il titolo col quale è stato presentato in India il discorso di Modi a Toronto, in genere, sui media indiani si è sviluppato attorno allo slogan "noi vogliamo fare una skill India, non una scam India", giocando sul contrasto tra skill (capacità in senso tecnico, strumenti pratici per poi "fare") e scam (imbroglio, truffa). Il primo termine è sempre riferito al presente governo, ed è positivo; il secondo va a pescare nell’immaginario del governo precedente, in questo caso rifacendosi ai numerosi scandali che hanno investito il Congress, ed è negativo.

Il giochino funziona molto bene e Modi lo utilizza in modo sistematico: andando a memoria, stessa cosa fece quando parlò di "red carpets" stesi davanti agli imprenditori stranieri in India al posto dei "red tape", frase idiomatica inglese che indica regolamenti e norme eccessivamente rigide.

Stamattina mi son ricordato dove avevo già letto una disamina su questo tipo di comunicazione. Ci aveva pensato Makkox nel 2013 nel suo post sull’Avversativa reggae di Matteo Renzi.

E ci fermiamo qui.

[Scritto per East online; foto credit: pri.com]