Un turista australiano è stato aggredito da un gruppo di fedeli hindu, che hanno minacciato di scuoiargli la gamba dove aveva raffigurata Yellamma, una dea hindu particolarmente adorata nell’India meridionale. Quando la polizia è intervenuta, le cose non sono migliorate. Anzi.Matthew Gordon ed Emily Kassianou sono una coppia di australiani in viaggio per l’India. Sabato scorso, secondo quanto riportato da Scroll.in e da Catch News (riprendendo un pezzo del quotidiano The Hindu), mentre erano in un ristorante di Bangalore sono stati avvicinati da un non meglio specificato «gruppo di indiani», che ha iniziato a chiedere spiegazioni a Gordon riguardo quel tatuaggio sulla gamba. La discussione deve aver preso una piega sbagliata, tanto che sarebbero volate le prime minacce di scuoiamento della gamba, la soluzione più immediata per ripagare il danno alla ormai celeberrima «sensibilità hindu» di fronte alla raffigurazione di Yellamma a mo’ di tatuaggetto.
Amici locali della coppia hanno girato un video con uno smartphone, postandolo su Youtube. Questo.
"Fortunatamente" interviene la polizia per sedare gli animi ma, al posto di ribadire un concetto che si presumerebbe parecchio immediato in una democrazia che si vorrebbe matura come quella indiana, gli agenti portano in questura la coppia e si esibiscono in una lectio magistralis sul buon decoro indiano: queste cose in India non si fanno, «questa è l’India e non si può farsi un tatuaggio di un dio sulla gamba».
Gordon, per chiudere la vicenda, scrive una lettera di scuse indirizzata al sub-inspector del posto di polizia, che traduciamo qui sotto.
Mi chiamo Matthew Gordon e sono in visita di piacere da Melbourne, Australia. Sono molto dispiaciuto per aver offeso i precetti religiosi hindu con il mio tatuaggio. Non ero al corrente di questa sospettosa pratica riguardo al posizionamento dei tatuaggi. Vi ringrazio per avermi educato rispetto a ciò che è appropriato in materia di body art presente sul mio corpo. Sono inoltre estremamente dispiaciuto per aver usato un linguaggio inappropriato.
Cordialmente, Matthew
Si scopre poi, grazie a un’intervista del The Hindu, che tra i fedeli hindu offesi dal tatuaggio di Gordon c’era anche Ramesh Yadav, deputato locale del Bharatiya Janata Party, che ha sostenuto la necessità di «educare» l’occidentale in vacanza circa i «valori hindu» dell’India contemporanea, chiaramente servendosi dell’aiuto degli organi di polizia (laici, secondo la costituzione indiana) di Bangalore.
Considerando che lo stesso Gordon, su Facebook, avrebbe specificato di non aver alcuna intenzione di insultare la sensibilità di qualcuno, l’episodio di Bangalore ci indica una serie di evidenze. Proviamo ad andare per punti.
– La connivenza tra forze dell’ordine e politici locali non è un mistero, come non è mai stato un mistero il pericolo di affidarsi (per la propria protezione) alle forze dell’ordine indiane, composte da un misto di persone serie con preoccupanti elementi fanatici hindu o ultranazionalisti, che sfruttano il «potere della divisa» per applicare leggi inesistenti e intendere il proprio mestiere come quello dell’educatore hindu, non del servitore di uno Stato multiculturale, multirazziale, multireligioso e, in cima a tutto ciò, secolare.
– Episodi simili sarebbero potuti succedere anche in passato – e probabilmente sono successi – ma forse non venivano raccontati. Appartenevano al patrimonio di conoscenza divulgata col passaparola, storie di ordinaria assurdità indiana che turisti si scambiano nelle guesthouse. Ora invece escono in superficie, per due motivi speculari: da un lato la stampa «progressista» cerca di far scattare l’allarme nella società indiana raccontando episodi di quotidiana discriminazione su base religiosa; dall’altra l’estremismo hindu, col Bjp al potere, evidentemente si sente legittimato pubblicamente nella battaglia per sostituire il tessuto secolare del paese con una serie di diktat di stampo religioso, tra l’altro arrogandosi il diritto di normare su cosa sia o non sia hindu, cosa sia o non sia offensivo per un fedele hindu, cosa si possa o non si possa fare nel paese, bypassando le leggi e imponendo una legge non scritta che vada a sovrapporsi a quella costituzionale.
– In (quasi) cinque anni di India ho visto decine di tatuaggi religiosi su ogni parte del corpo di decine di turisti occidentali e, che io sappia, nessuno è mai incorso in reprimende popolari (anzi, spesso gli indiani si gasano: «Ma davvero hai un tatuaggio di Yellamma? Figata!»). Se il punto non è il tatuaggio in sé, ma la posizione, mi riesce davvero difficile pensare a come un tatuaggio non satirico – a detta di Gordon, un tatuaggio proprio «spirituale», ha anche un Ganesh – né trasfigurato possa offendere la sensibilità di chiunque solo perchè situato su una gamba. Tanto meno, come questa sensiblità – soggettiva – possa essere tutelata dalle forze dell’ordine.
Con questo, non credo che chi ha tatuaggi di dei e dee hindu corra pericoli particolari in India: alla maggior parte dei 1,3 miliardi di indiani non gliene fregherà assolutamente nulla. In compenso, il fatto che una minoranza fanatica si arroghi il diritto di normare la sensibilità di tutti è l’ennesima dimostrazione dei tempi controversi che sta attraversando l’India di oggi.
Eppure basterebbe far passare un concetto di una normalità disarmante, come ha provato a fare qualche giorno fa il professore Dilip Simeon durante una conferenza a Delhi University sul totalitarismo. Alla domanda di uno studente che chiedeva dove fosse la linea di demarcazione tra il diritto di criticare la religione e il diritto di offendersi di un fedele, Simeon ha risposto: «Il diritto a offendersi non esiste».
[Scritto per East online; foto credit: blogspot.com]