India e Regno Unito dopo Brexit

In by Simone

La notizia della vittoria del leave nel referendum del Regno Unito è arrivata in India con gran parte dell’ininfluenza che questo evento tutto europeo rappresenta per il subcontinente, come solito in altre faccende affaccendato. L’inizio della – possibile – fine dell’Uk all’interno dell’unione spinge gli osservatori indiani ad analisi specifiche del continente europeo o molto «alte», sul concetto di globalizzazione. Ma al lato pratico il coinvolgimento diretto per l’India, che con Londra intrattiene grossi affari che esulano dai legami – più complicati – con Bruxelles, sembra davvero minimo.La vittoria del leave al referendum noto come Brexit ha dato l’occasione alla stampa indiana – come già successe con Grexit – di parlare in termini specifici delle vicissitudini, giustamente percepite come «lontane», del Vecchio continente. L’analisi è quindi stata per certi versi «esterna», scientifica nel suo distacco dalle conseguenze concrete per la popolazione indiana o per gli indiani all’estero – di cui parleremo dopo – più concentrata sulla riflessione teorica dell’evento.

Pratap Bhanu Metha, ad esempio, sull’Indian Express ha ragionato sulla vittoria del leave come sintomo della crescente disaffezione popolare per le conseguenze della globalizzazione, interpretando il voto britannico come reazione al restringimento – percepito – dell’agibilità politica nazionale, sacrificata ai progetti di respiro europeo che Bruxelles rappresenta. È un’analisi in linea con molti commentatori europei, che mette in guardia dall’avanzata delle destre antieuropeiste e prefigura un futuro incerto dove il processo di integrazione progressiva verso istituzioni più ampie vede una regressione «di pancia», di fatto navigando controcorrente rispetto al corso che il progetto dell’Unione europea aveva incominciato.

Non è mancata anche una buona dose di ironia, immancabile visti i noti pregressi storici tra India e Regno Unito. Ci si butta addirittura il New York Times, con un pezzo abbastanza audace sui paralleli tra la Brexit del 2016 e quella del 1947, quando i britannici se ne andarono dal subcontinente.

Nel clima di assoluta incertezza del futuro – non si sa se il referendum consultivo si tramuterà in un’effettiva uscita dell’Uk dall’Ue, né si sa eventualmnente quando e in che modalità – le preoccupazioni concrete per l’India interessano in particolare il settore economico e la condizione degli indiani nel Regno Unito. Per i secondi, dipenderà molto da che accordi si stringeranno tra Londra e Bruxelles nel merito della mobilità di migranti tra il nuovo Regno Unito «extracomunitario» e l’Ue, fermo restando che – come rileva Times of India – le spinte razziste che hanno influenzato l’opinione pubblica inglese individuano più come minaccia i lavoratori non specializzati dell’est europeo, non i «tecnici» del subcontinente.

Per quanto riguarda il commercio, scrive Bbc, un Regno Unito fuori dall’Ue potrebbe non infastidire eccessivamente New Delhi. India e Uk intrattengono solidi rapporti bilaterali, con una presenza massiccia di investimenti indiani (Tata, ad esempio) che difficilmente saranno ritirati in tempi brevi.

Una Londra slegata dai vincoli di Bruxelles farebbe anche comodo agli industriali indiani, che potranno trattare con maggiore agibilità direttamente con gli inglesi senza rimanere arenati – come sta succedendo di questi tempi – nei colloqui per il Free Trade Agreement a livello europeo con Bruxelles.

E infine, se Londra fuori dall’Ue dovesse riuscire a tenere botta sui mercati internazionali, mantenendo una sterlina forte, per l’India rimarebbe un partner commerciale importante e continuerà a far arrivare i tanto agognati Foreign direct investment; se invece la sterlina dovesse crollare, diventerebbe terreno di caccia grossa per i gruppi indiani, che proveranno ad accaparrarsi comparti hi-tech «in svendita».

[Scritto per Eastonline; foto credit: theintercept.com]