Per i bevitori di rum in India è stata una settimana di autentico panico. Giorni fa è stata diramata la notizia – più che altro, la minaccia – che presto sarebbe sparito dalla circolazione il leggendario rum Old Monk, schiacciato dalla competizione di altri alcolici d’importazione e dall’acerrima marca concorrente indiana McDowell’s. Vero niente, pare, ma gli adepti della bottiglia bassa e cicciotta di tutto il subcontinente ne hanno approfittato per ricordarsi/ci il legame sentimentale che lega almeno due generazioni all’ex rum più bevuto d’India.
Io l’ho saputo così, con una condivisione su Facebook dal sottotesto più o meno esplicito di "we’re fucked", che non necessita di traduzioni. L’articolo, pubblicato su Storypick, metteva in fila le sette cose che un bevitore professionista di Old Monk avrebbe dovuto fare in vista del ritiro del rum dagli scaffali "ormai prossimo", motivato da una ricerca di mercato che dava l’Old Monk in declino costante: 2,1 milioni di casse vendute nel 2014 contro le 8 dei bei tempi andati. Il consiglio era: fate scorte da bunker anti attacco nucleare prima che le rigide regole del mercato ci lascino senza più una goccia del nostro rum preferito.
L’Old Monk, per molti indiani, è legato a un periodo indimenticabile della propria vita: l’attivismo politico universitario per i "compagni" più attempati, che tracannavano il primo alcolico non d’importazione e dal gusto non ributtante offerto a prezzi piuttosto abbordabili durante i caldi anni ’70 della protesta studentesca; le prime sbronze per gli universitari di oggi, in massa relegati all’interno dei campus universitari a causa del prezzo troppo alto (più che in Italia) degli alcolici nei locali della "movida" indiana; la solitudine alcolico-creativa degli artisti/poeti/intellettuali di ieri e di oggi, immagini a tinte noir di giovani uomini e donne alla scrivania con nuvole di fumo in controluce e un bicchiere di Old Monk in mano, rigorosamente allungato con acqua e una spruzzatina di lime (o direttamente fettina).
Per questo il valore intrinseco di un alcolico venduto intorno alle 260 rupie al litro (3 euro e 70 centesimi), di gran lunga il più conveniente negli alcool shop del paese, trascende la misura delle papille gustative e vanta ancora oggi un discreto numero di ultra-aficionados (tra cui chi scrive), impermeabili alle mode contemporanee che imporrebbero marche più "cool" (come l’odiata McDowell’s) o addirittura alcolici d’importazione straniera, whiskey e vodka assolutamente fuori portata economica per l’esercito della lower middle class indiana (e per chi scrive).
Il panico è stato fortunatamente smorzato da una rettifica arrivata dal quartier generale della casa produttrice di Old Monk, la Mohan Meakin Ltd di Ghaziabad, appena fuori New Delhi. SN Maniji, vice direttore generale di Mohan Meakin Ltd, ha infatti dichiarato: "Old Monk è ancora il rum preferito dagli indiani e non se ne andrà da nessuna parte".
Nel frattempo, le schiere di pro e anti Old Monk si sono date da fare rinfocolando un’animosità crescente tra i "rottamatori" della tradizione e i fedelissimi del rum del monaco.
Tra i primi annoveriamo Indrajit Hazra dell’Economic Times, che firma questo commento wannabe sarcastico sprizzante di ingiustificabile boria livorosa nei confronti di tutti noi adepti dell’unico alcolico indiano – prodotto dalla melassa della canna da zucchero – in grado di travalicare i confini del subcontinente fino, storia vera, a raggiungere gli scaffali di un bar del centro di Macerata.
Tra i secondi, invece, menzione d’onore per Ian Pereira, fotografo indiano che – in un ritratto pubblicato su GQ India – ha dichiarato di bere ogni giorno dell’anno (tranne venerdì santo e mercoledì delle ceneri) da 27 anni almeno due bicchieri di Old Monk, di aver chiamato Old Monk il suo computer, di essere raggiungibile su Skype al nickname oldmonk o per email a oldmonk chiocciola gmail punto com. I suoi amici, senza sorpresa, lo chiamano Old Monk.
Pereira, che non ha niente a che fare con la Mohan Meakin Ltd (chissà per quanto), è anche il benefattore al quale si deve l’apertura del gruppo Facebook COMRADE ("compagno", in inglese, non nel senso di parte di una coppia), ovvero Council of Old Monk Rum Addicted Drinkers and Eccentrics.
Al momento il gruppo conta 1315 membri. Due sono italiani. Uno è chi scrive.
[Scritto per East online; foto credit: hindustantimes.com]