Ghulam Ali, leggenda vivente del ghazal, è stato costretto a cancellare due concerti a Mumbai e Pune, in Maharashtra, dietro minaccia di «proteste» da parte del Shiv Sena, formazione ultrainduista alleata del Bharatiya Janata Party a livello locale, un’organizzazione a metà tra l’associazione a delinquere, l’estremismo hindu e il terrorismo. La reazione del resto del paese rimane encomiabile, ma l’influenza dell’estremismo hindu rimane sempre un problema sottovalutato, che nessuno pare avere il potere di contrastare.
L’artista pakistano doveva suonare a Mumbai e a Pune, due concerti in memoria di Jagjit Singh, il «re dei ghazal» (indiano) morto nel 2011 proprio a Mumbai. Opportunità che non ha trovato il consenso del Shiv Sena, partito alleato del Bjp nel Maharashtra del quale abbiamo parlato in passato, inserendolo nel gruppo dei fascisti indiani.
Uddhav Thackeray, figlio del fondatore del movimento Bal Thackeray, attraverso il figlio e portavoce del Shiv Sena Aditya Thackeray, aveva spiegato: «Non possiamo sederci e goderci la musica mentre i nostri soldati vengono martirizzati in Kashmir. Deve esserci una qualche forma di boicottaggio».
La parola "boicottaggio", uscita dalla bocca di un membro del Shiv Sena, assume un significato del tutto speciale, considerando la storia del movimento a Mumbai. Il braccio armato del Shiv Sena, dietro la minaccia di scontri, in passato è riuscito a bloccare proiezioni cinematografiche (di film di o con musulmani, anche indiani), far saltare partite di cricket contro il Pakistan, bloccare l’intera città di Mumbai – con gente barricata in casa e negozi chiusi – per imporre un lutto globale alla morte del fondatore Bal Thackeray. Senza contare le migliaia di musulmani uccisi durante i Mumbai Riots, il sistematico pizzo richiesto a chiunque voglia intraprendere un’attività imprenditoriale di rilievo a Mumbai, la manovrazione degli appalti.
Questo è il Shiv Sena, in parte, e per una descrizione più dettagliata vi rimando alla lettura di Maximum City, una tra le cose più belle lette su Mumbai negli ultimi anni.
Torniamo a Ghulam Ali. La cancellazione dei suoi concerti, oltre a preoccupare tutti coloro che hanno a cuore la libertà d’espressione nel paese, dovrebbe mettere in allarme lo stesso Bjp, alleato del Shiv Sena, che ancora una volta dimostra di non avere assolutamente il controllo delle frange estremiste grazie alle quali è riuscito a salire al governo sia a livello federale che locale. Le minacce del Shiv Sena erano state contrastate timidamente dal chief minister del Maharashtra Devendra Fadnavis, che aveva garantito protezione all’artista pakistano. Quello che è successo dopo, se possibile, è ancora peggio: l’organizzazione del concerto non ha cancellato tutto dietro consiglio delle autorità governative (quindi del Bjp), ma ha deciso di farlo in seguito a un colloquio con Uddhav Thackeray. Cioè il minacciato va a colloquio col minacciante, decide che lo Stato non è in grado di garantire la sicurezza che millanta, e si ritira.
Torniamo al tema di qualche giorno fa: il problema di Modi, e del Bjp, che si raccontano leader egemoni e che invece continuano ad essere ostaggi di frange estremiste apparentemente indomabili.
Nel frattempo, Ghulam Ali è stato contattato dalle amministrazioni locali del Bengala Occidentale e della città di New Delhi (Trinamool Party e Aam Aadmi Party, rispettivamente, entrambi all’opposizione) e pare terrà dei concerti sia a Calcutta che nella capitale indiana. E qui siamo contenti, perché finché i fascio-induisti negheranno la bellezza come tattica politica, la bellezza continuerà a fottersene, a diffondersi e a contagiare la stragrande maggioranza di questo paese.
[Scritto per East online; foto credit: jantakareporter.com]