In Corea del Nord l’internet va a singhiozzo

In by Simone

Da due giorni la rete internet nordcoreana va e viene: Pyongyang si copre dietro a presunti "lavori di manutenzione", mentre sono gli Usa a raccontare i "problemi tecnici" a nord del 38esimo parallelo. Dopo il caso Sony e The Interview (che pare sarà nelle sale dal 25 dicembre), si apre nuovo fronte nella cyberwar asiatica?
La situa­zione ora si com­plica: dopo tutto il pastic­cio avve­nuto nei giorni scorsi, con gli attac­chi infor­ma­tici alla Sony Pic­tu­res, di cui è stata accu­sata, pur senza prove, la Corea del Nord, Obama aveva pro­messo una sorta di rispo­sta all’atto di «van­da­li­smo informatico».

La Corea aveva rispo­sto: «Vi attac­che­remo», nel con­sueto deli­rio di onni­po­tenza un po’ grot­te­sco di Kim jong-un. Minacce a tutto il ter­ri­to­rio nazio­nale ame­ri­cano, come se da Pyon­gyang ne aves­sero le forze. Ma Kim sa bene l’importanza degli imma­gi­nari, in Occi­dente. E a que­sto punto che suc­cede? Lunedì, Pyon­gyang per nove ore è rima­sta senza internet.

Un pro­blema pro­ba­bil­mente per pochi, ma pur sem­pre un evento. Le auto­rità coreane hanno subito dira­mato un comu­ni­cato che annun­ciava futuri lavori di manu­ten­zione alla rete, ma nes­suno ha cre­duto alla pro­pa­ganda coreana. Dopo nove ore, tutto è tor­nato alla nor­ma­lità, senza che nes­suno spie­gasse niente.

E infine ieri sera l’annuncio: la rete sarebbe di nuovo caduta. Salvo ripren­dersi, durante la ste­sura di que­sto arti­colo, dopo nean­che un’ora. In tutto que­sto costante gioco di annunci, la fonte – par­ti­co­lare inte­res­sante – è sem­pre ame­ri­cana: sono gli ame­ri­cani (una società spe­cia­liz­zata in reti infor­ma­ti­che) a dire al mondo lo stato del web e della con­nes­sione coreana, con­trol­lata e gestita dalla China Unicom.

La Cina — da parte sua — è silente. Non ha rispo­sto agli Usa quando hanno chie­sto aiuto, nel gioco dei para­dossi (la richie­sta di aiuto ame­ri­cana a Pechino, arrivò dopo la richie­sta della Corea del Nord di un’indagine comune con Washing­ton sugli attac­chi alla Sony), se non dicendo qual­cosa di banale e ovvio con­tro la cyber­war e non si è espressa uffi­cial­mente sulla que­stione del film The Inter­view, ultimo oggetto del con­ten­dere, sup­po­sto, tra Corea e Usa.

A pro­po­sito, per i com­plot­ti­sti del mar­ke­ting spinto, altri­menti detto guer­rilla mar­ke­ting, ecco una poten­ziale rivin­cita: a quanto annun­ciato ieri, il film The Inter­view potrebbe essere infine tra­smesso nei cinema ame­ri­cani, il giorno di Natale, il 25 dicem­bre. E con que­sta pre­messa pub­bli­ci­ta­ria gra­tuita di migliaia di arti­coli, ser­vizi tele­vi­sivi in tutte le lin­gue del mondo, è chiaro che al di là della qua­lità del film, sarà un suc­cesso per forza. Il bot­te­ghino ripa­rerà le ansie, le caz­ziate di Obama e il soldi persi dalla Sony dopo la deba­cle infor­ma­tica, sicuro.

Ma tutto que­sto non dis­sipa i dubbi di tutta que­sta sto­ria. Al di là dell’inesistenza delle prove con­tro la Corea del Nord, che pur soste­nendo la bontà delle minacce al film, si è detta estra­nea agli attac­chi, ora c’è da capire se il black out di inter­net è la ripo­sta ame­ri­cana allo scom­pi­glio por­tato dalla deci­sione della Sony di riti­rare il film.

Gli Usa non hanno riven­di­cato, ma se fos­sero loro die­tro il black out della rete coreana, potremmo dire di aver rag­giunto un livello quasi ridi­colo di scon­tro, di screzi tra ado­le­scenti in preda a crisi ormo­nali, in cui per altro nes­suno riven­dica alcun­ché, per­ché gli ame­ri­cani si sono ben guar­dati da dichia­rarsi die­tro la chiu­sura della rete per Kim e i pochi pri­vi­le­giati che in Corea del Nord pos­sono navi­gare libe­ra­mente (la mag­gior parte della popo­la­zione che ha un per­so­nal com­pu­ter può navi­gare nella intra­net locale, com­po­sta da siti uffi­ciali e infor­ma­zioni con­trol­late, senza poter «uscire»).

E infine c’è da capire anche la que­stione delle minacce alle cen­trali nucleari sud­co­reane dei giorni scorsi, evento che allarga ancora di più il qua­dro, senza che venga chia­rito tutto l’insieme. Secondo quanto appreso, infatti, i ser­ver della Korea Hydro and Nuclear Power Co. che gesti­sce le cen­trali nucleari di Seul, sareb­bero stati attac­cati a livello infor­ma­tico. Nes­suna accusa diretta, in que­sto caso, ai vicini nord coreani, ma è chiaro che la cyber­war potrebbe essere entrata in una nuova fase, anche in Asia.

[Scritto per il manifesto; foto credit: trbimg.com]