A telecamere spente e lontano dalle prime pagine dei giornali, Cina e Stati uniti si parlano. Quest’oggi John Kerry atterrerà a Shanghai, dove lo attende l’omologo cinese, Xie Zhenhua, già negoziatore ai tavoli di Parigi e nominato nuovamente inviato speciale per il clima lo scorso febbraio. I due si conoscono da tempo, e il ritorno di Xie (71anni) dal pensionamento pare proprio una scelta strategica. La trasferta di Kerry – che prevede anche una tappa finale in Corea del Sud – precede di circa una settimana il vertice organizzato da Biden e – a cui stando a fonti bene informate – parteciperà anche Xi Jinping. D’altronde, la lotta alle emissioni è uno dei pochi settori in cui gli interessi di Pechino e Washington convergono. Lo ha ribadito martedì anche il vicedirettore della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme incontrando i dirigenti di 40 imprese statunitensi, da Johnson & Johnson a Intel. Zhang Huanteng ha aggiunto alla lista i veicoli elettrici e l’economia digitale. Ma gli ultimi dati rilasciati dalla Cina sull’import-export sembrano confermare una complementarità delle due economie anche maggiore. Secondo le autorità doganali cinesi, il valore delle importazioni dagli Stati Uniti è salito a 17,29 miliardi di dollari lo scorso mese e a 46,5 miliardi di dollari nel primo trimestre dell’anno, il valore più alto dal 1993, primo anno di cui sono disponibili le statistiche. L’import di merci americane nei primi tre mesi dell’anno è aumentato del 69,2% rispetto all’anno precedente. Numeri incoraggiati dalla prestazione sottotono del 2020, ma ugualmente significativi. Soprattutto considerando che le tariffe di Trump sono ancora lì. Questo può voler dire tante cose. Per gli esperti, è la prova che “l’accordo di fase uno” comincia a dare i suoi frutti. A febbraio, il gigante asiatico aveva già acquistato merci pari al 76% dell’obiettivo prefissato per l’anno in corso, mentre nel 2020 la spesa complessiva si era fermata al 58% di quanto pattuito. L’aumento del prezzo delle commodities potrebbe aver giocato a favore di Pechino. D’altro canto, anche aumentando le importazioni, la bilancia commerciale continua a pendere a favore della Cina. E sarà sempre così fintanto che l’export verso gli States supererà gli acquisti in senso contrario. [fonte WSJ, Reuters SCMP]
Rimane, invece, alta la tensione su Taiwan, semiconduttori e sicurezza cibernetica. Secondo un report dell’intelligence americana,”la Cina è sempre più un concorrente quasi alla pari”. La sfida si fa accesa “soprattutto economicamente, militarmente e tecnologicamente” con il rischio di una ridefinizione delle “norme globali”. La strategia cinese, secondo il rapporto, consiste nel creare divisione tra gli Stati Uniti e gli alleati. [fonte NYT]
Hong Kong: la riforma elettorale raggiunge il LegCo
La controversa riforma elettorale di Hong Kong ha raggiunto il parlamento locale. Secondo la stampa statale, la bozza verrà sottoposta quest’oggi a doppia lettura. “Accelerare l’emendamento della legge locale in modo completo è in linea con il calendario della riforma elettorale di Hong Kong, dal momento che tutte le revisioni della legge locale devono essere finalizzate prima di maggio”, spiega il Global Times. Nella giornata di martedì, sono state annunciate le date delle prossime elezioni che nell’arco di 12 mesi detteranno la composizione del Comitato elettorale (19 settembre), del LegCo (19 dicembre) e dell’amministratore delegato (marzo 27, 2022). Come spiegato più volte su queste colonne, la riforma renderà marginale il ruolo dell’opposizione pro-democrazia nella vita politica dell’ex colonia britannica. Un obiettivo a cui verosimilmente contribuirà il crescente clima intimidatorio. Una nuova proposta di legge, divulgata martedì, preannuncia pene fino a tre anni di carcere per chi incoraggia gli elettori a votare scheda bianco o a boicottare le prossime elezioni in forma di protesta. [fonte GT]
Le cinque nuove città-satelliti di Shanghai
La municipalità di Shanghai ha reso noti i primi dettagli del piano di smembramento del nucleo urbano in cinque città satelliti (ne avevamo parlato qui). I nuovi centri nasceranno nei distretti di Qingpu, Fengxian, Jiading, Nanhui e Songjiang, dove sono attesi grandi progetti industriali, nuove infrastrutture pubbliche e reti di trasporto capillari in grado di collegare la città al resto del delta del fiume Azzurro, una delle mega regioni più promettenti lanciate da Pechino per massimizzare le risorse e decongestionare le megalopoli cinesi. Entro il 2035, ognuna delle cinque nuove città dovrà avere oltre 1 milione di abitanti arrivando a contare cumulativamente un sesto della popolazione totale di Shanghai. L’area interessata dal progetto copre 820 kmq, il 13% dei 6.340 kmq totali della città. Tra i cinque distretti, Nanhui è quello a offrire il maggior potenziale di crescita grazie all’inclusione della zona di libero scambio (FTZ) di Lingang, dove Tesla ha scelto di localizzare la propria Gigafactory. [fonte SCMP]
Dal Pil al GEP per una crescita sostenibile
Trovare un modello di sviluppo economico più sostenibile: il “sogno cinese” è anche questo. Fin dagli albori del suo primo mandato, l’amministrazione Xi Jinping ha posto in cima alle proprie priorità il miglioramento della qualità di vita, anche a detrimento di una crescita quantitativa. Così l’ossessione per i target numerici ha ceduto il posto a criteri di valutazione più flessibili. Centra il Covid ma non solo. Dopo sei anni di sperimentazione, il 23 marzo Shenzhen è diventata la prima città cinese ad aver introdotto ufficialmente un sistema di misurazione più verde: si chiama GEP, ovvero “prodotto lordo dell’ecosistema”. Come funziona? Il GEP si calcola in base a tre categorie principali: beni e servizi ecosistemici che possono essere commercializzati (come l’agricoltura e i prodotti ittici); servizi non commerciabili (come le foreste) che mitigano i cambiamenti climatici; e i “benefici culturali e turistici”, incluso il miglioramento della sanità pubblica. Il primo risultato verrà pubblicato entro luglio 2022. L’obiettivo è aumentare il PIL senza ridurre il GEP, ha spiegato Yu Jing, vicedirettore della Commissione per lo sviluppo e la riforma locale. Shenzhen, già eletta a città modello socialista, funge ancora una volta da laboratorio. Ma il nuovo indicatore dell’ecosostenibilità ha suscitato l’interessamento anche di centri più piccoli e periferici, come Lishui, nella provincia dello Zhejiang, e Pu’er, nello Yunnan. Per quanto promettente, il sistema presenta diverse criticità soprattutto nella sua fase applicativa. Le risorse naturali spesso sono condivise tra più province, complicando l’attribuzione dei meriti a questa o a quella amministrazione locale. Senza contare che anche i progetti di conservazione ambientale spesso accompagnati hanno i loro effetti collaterali, come il trasferimento forzato delle popolazioni autoctone. [fonte Sixth Tone]
L’Asia, il continente più caro per i ricchi
L’Asia più cara delle Americhe, con Shanghai in cima alla classifica delle città più dispendiose del mondo. Persino prima di Hong Kong. Tra i tanti effetti inaspettati del Covid-19 c’è anche questo: lo scorso anno, il continente asiatico è diventato il posto più caro al mondo per gli ultraricchi. Lo rivela l’ultimo rapporto di Julius Baer Group Ltd. sul “luxury lifestyle”, secondo il quale la situazione epidemica locale – meno grave che altrove – ha permesso alle metropoli asiatiche “di continuare a funzionare più normalmente” con conseguente stabilità dei prezzi. Al contrario, nel Nuovo Continente, il costo della vita si è abbassato a causa del crollo dei dollari statunitensi e canadesi, nonché della forte svalutazione delle valute latinoamericane. In assoluto, Shanghai, è diventata la città più cara al mondo in seguito a un incremento dei prezzi del 6% su base annua, laddove a Hong Kong sono rimasti invariati. Stando al report, la “Parigi d’Oriente” rappresenta “un po’ un’anomalia”. Il costo dei voli business è aumentato addirittura dell’82%, mentre le suite d’albergo sono il 15% più care rispetto all’anno precedente. Tokyo e Hong Kong completano la top 3. [fonte Bloomberg]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.