I titoli di oggi:
- Xi all’ex presidente taiwanese Ma: “Niente impedirà la riunificazione di Taiwan alla Cina”
- Giappone e Stati Uniti rafforzano l’alleanza anti-Cina
- Il finto rapimento di studenti cinesi all’estero per ottenere un riscatto milionario
- 2 miliardi di euro di sussidi al colosso delle auto elettriche cinesi
- Un iPhone su sette è prodotto in India
- Corea del Sud: dimissioni tra il Ppp, sconfitto alle legislative
Xi all’ex presidente taiwanese Ma: “Niente impedirà la riunificazione di Taiwan alla Cina”
Si è tenuto il 10 aprile l’atteso incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e l’ex presidente taiwanese Ma Ying-jeou (2008-2016), responsabile, durante il suo mandato, del più grande riavvicinamento tra Cina e Taiwan dalla fine della guerra civile guerra nel 1949. A Pechino, i due hanno replicato lo storico vertice tenutosi a Singapore nel 2015, ma in un contesto più ufficiale dal momento che nessun ex leader taiwanese era mai stato accolto per colloqui nella capitale cinese. Ma, ex presidente del partito Kuomintang (Kmt), ora all’opposizione, è in Cina per un tour che lo ho portato in giro tra le diverse città cinesi, al fine di ridurre le tensioni bilaterali. Nessuna “ingerenza esterna” impedirà la riunificazione di Taiwan alla Cina, ha ribadito il presidente cinese nel corso dell’incontro con Ma. La stampa taiwanese ha sottolineato che la visita non ha grandi obiettivi politici se non quello di proteggere “l’eredità” di Ma come ex presidente, e gli esperti ritengono “improbabile” che possa contribuire a calmare le tensioni nello Stretto.
Giappone e Stati Uniti rafforzano l’alleanza anti-Cina
Un pacchetto record di oltre settanta accordi, soprattutto nei settori della difesa e della sicurezza, e un sistema di difesa anti-missile comune per mandare un messaggio alla Cina nell’Indo pacifico e ai suoi “alleati” nel mondo: Russia, Iran e Corea del Nord. È questo il risultato ottenuto dal premier giapponese Fumio Kishida in trasferta a Washington, dove il 10 aprile ha incontrato il presidente statunitense Joe Biden. Gli accordi siglati dai due leader prevedono il “rafforzamento della collaborazione in campo militare, in quello sulla sicurezza e l’obiettivo di raggiungere insieme nuove frontiere nello spazio e realizzare un mondo e l’Indo-Pacifico libero e aperto”, si legge nel documento congiunto di Stati Uniti e Giappone. Ma l’intesa conferma l’impegno a cambiare la struttura delle forze statunitensi in Giappone per integrarsi meglio con quelle giapponesi, l’istituzione di un “consiglio industriale militare” per valutare dove i due Paesi possano coprodurre armi per migliorare la cooperazione e la creazione di un sistema di difesa antimissile tra Stati Uniti, Australia e Giappone per contrastare le minacce aeree. È questa la più grande “riforma” della cooperazione bilaterale dal 1960 in chiave anti-Pechino.
Il finto rapimento di studenti cinesi all’estero per ottenere un riscatto milionario
Rapimenti virtuali per riscatti milionari. È quanto accade a diversi studenti cinesi all’estero che, su minaccia di chi si finge funzionario o poliziotto della Repubblica popolare, eseguono istruzioni e direttive impartite via web da criminali per inscenare un rapimento. Secondo quanto raccontato da The Diplomat, bande di criminali minacciano virtualmente i giovani cinesi imponendo loro persino di legarsi alla sedia o incappucciarsi il voto e comparire davanti a una telecamera per denunciare ai genitori di essere nelle mani di rapitori. Rapitori che il più delle volte impartiscono gli ordini online e non sono fisicamente presenti con le vittime, operando quindi a distanza. I criminali prendono di mira studenti di famiglie facoltose, minacciando i giovani di arresto o estradizione in Cina per crimini commessi da loro o dai loro parenti, se non ricevono la somma del riscatto. Invariabilmente, alle vittime viene detto di interrompere ogni contatto con la famiglia e il mondo esterno. Casi di questo tipo hanno coinvolto studenti cinesi in Australia, Nuova Zelanda, Canada, Regno Unito, Giappone e Stati Uniti.
2 miliardi di euro di sussidi al colosso delle auto elettriche cinesi
Il produttore di auto elettriche cinese Byd ha ricevuto sussidi statali pari a circa 2,1 miliardi di euro di fondi governativi nel 2022. È quanto emerso da un nuovo studio del tedesco Kiel Institute for the World Economy, che evidenzia come il governo di Pechino abbia dato sostanziosi aiuti e incentivi alle sue aziende produttrici di auto elettriche, turbine eoliche e materiale rotabile ferroviario per ottenere una posizione dominante nel settore delle tecnologie green. Secondo lo studio del think tank tedesco, gli aiuti governativi alla Byd sono passati da 220 milioni di euro nel 2020 a 2,1 miliardi di euro solo due anni dopo. Il colosso cinese riceve più incentivi rispetto ad altri produttori nazionali, come Gac, o ad aziende straniere che producono dentro i confini della Grande Muraglia, come le joint venture Tesla o VW.
Intanto, volano le esportazioni di auto cinesi. Secondo i dati pubblicati dalla China Passenger Car Association, le esportazioni cinesi dei veicoli sono aumentate del 39% su base annua a marzo a 406.000 unità. Di questi, circa 120mila sono auto elettriche, segnando un +70,9% di export nel solo mese di marzo rispetto a un anno fa. I primi tre esportatori nel periodo preso in esame sono Byd, Tesla e Saic.
Un iPhone su sette è prodotto in India
Un iPhone su sette arriva dall’India. Apple ha assemblato ha assemblato ben 14 miliardi di dollari di iPhone nel subcontinente indiano, raddoppiando la produzione rispetto all’anno precedente. Si tratta del 14% della produzione totale dell’azienda di Cupertino. Questo incremento segna un passo in avanti verso la riduzione della dipendenza dalla Cina. La decisione di spostare parte della produzione in India è stata presa da Apple in seguito alle tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina, segnando un punto a favore del premier indiano Narendra Modi. La Cina rimane il più grande hub di produzione di iPhone e il più grande mercato estero al mondo. Ma è anche qui che i ricavi di Apple stanno precipitando, colpiti da rivali in ascesa come Huawei e dalle conseguenze di un divieto del governo cinese sull’uso di tecnologia straniera nei luoghi di lavoro.
Corea del Sud: dimissioni tra il Ppp, sconfitto alle legislative
“Mi assumo la piena responsabilità dell’esito delle elezioni, e mi dimetto”. Con queste parole Han Dong-hoon, leader del Partito del potere dei nazionali (Ppp) del presidente sudcoreano, Yoon Suk Yeol ha presentato oggi le proprie dimissioni, assumendosi pubblicamente la responsabilità per la dura sconfitta subita dal suo partito alle elezioni legislative che si sono tenute ieri nel Paese. Il Partito democratico (Dp), principale forza di opposizione in Corea del Sud, ha conseguito una vittoria schiacciante, aggiudicandosi almeno 175 seggi dell’Assembla nazionale sui 300 complessivi. Numeri che indeboliscono ulteriormente il Ppp, già in minoranza in parlamento, e a cui ora restano solo 108 seggi. A seguito del risultato deludente avrebbero offerto di dimettersi anche il capo del personale dell’amministrazione presidenziale, Lee Kwan-sup, e il direttore della politica nazionale Sung Tae-yoon, così come tutti i principali segretari presidenziali.
A cura di Serena Console
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.