Il presidente Xi Jinping si è confrontato lunedì 5 luglio in un incontro online con il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Durante il summit virtuale Xi ha lanciato il suo messaggio di apertura nei confronti dell’Unione Europea, dicendo di “sperare che Europa e Cina possano cooperare per rispondere insieme alle sfide globali.” Secondo quanto riportato dall’emittente nazionale Cctv, il presidente cinese ha anche espresso la speranza che gli europei possano svolgere un ruolo più attivo negli affari internazionali, raggiungere l’indipendenza strategica e offrire un ambiente equo, trasparente e imparziale per le aziende cinesi.
Anche gli uffici stampa dei due Governi Ue hanno confermato lo scambio di opinioni con Xi Jinping, aggiungendo che tra i punti in cima alla lista si è discusso di commercio internazionale, clima e biodiversità. Ma non solo: i tre hanno parlato anche dei problemi legati alla pandemia, dalla fornitura globale di vaccini alle singole questioni regionali in termini di campagna vaccinale e contagi. L’incontro, secondo i più, sembra dimostrare un atteggiamento di apertura – anche se cauto – da parte dei due leader europei nei confronti del gigante asiatico, nonostante gli ultimi screzi determinati dallo stop all’accordo sugli investimenti e le sanzioni incrociate iniziate con la condanna Ue sulla questione dello Xinjiang. Secondo quanto riportato ci sarebbero ottime probabilità che il dialogo sugli investimenti possa ricominciare, con Merkel e Macron che avrebbero espresso il loro pieno appoggio all’iniziativa. [Fonte: Reuters, SCMP]
La cinese Wingtech pronta ad acquisire il maggiore produttore inglese di chip
Il più grande assemblatore di smartphone cinese Wingtech è in trattativa per l’acquisto del maggiore impianto di produzione chip con sede nel Regno Unito. È quanto riporta Nikkei, che segnala come la mossa potrebbe avere effetti sul discorso globale intorno alla sicurezza nazionale in termini di fornitura di tecnologie sofisticate e appropriazione di know how. L’acquisizione della inglese Newport Wafer Fab avverrà attraverso un accordo da 87 milioni di dollari avanzato da Nexperia, il più grande produttore di chip automotive cinese, che Wingtech ha acquistato nel 2019 dal fondo cinese Jac Capital. A sua volta la Jac aveva comprato nel 2016 la società olandese Nxp – anch’essa produttrice di chip su suolo europeo – per 2,75 miliardi di dollari.
Newport Wafer Fab conta come clienti Nexperia, STMicroelectronics, Samsung, Motorola e altri sviluppatori di chip. A Londra il dibattito sulla cessione del leader nazionale è ancora molto acceso, con figure di spicco della politica che chiedono l’intervento del National Security and Investment Act. Anche questa acquisizione viene vista come parte della strategia proattiva di Wingtech per espandere la propria produzione con nuovi impianti in Asia, ma anche di controllare l’intera catena di approvvigionamento legata al mondo dei semiconduttori. [Fonte: Nikkei]
Pressione sullo yuan cinese, i depositi di valuta estera superano mille miliardi di dollari
Brutti grattacapi per la moneta cinese. Si perché, se la pandemia da un lato ha contribuito a far ripartire le esportazioni, dall’altro ha dato una spinta eccessiva all’ingresso di valuta estera. Cosa comporta tutto questo? Che ora Pechino si trova con oltre mille miliardi di dollari, ed è un problema, segnala gli economisti. Si tratta di un massimo storico per la Repubblica Popolare, con un rialzo del 35,7% rispetto all’anno scorso.
Una delle conseguenze immediate del boom di valuta straniera nelle casse cinesi è che i tassi di deposito in dollari Usa in Cina sono scesi quasi ai minimi storici, livelli che sono solo circa un terzo dei costi di finanziamento equivalenti negli stessi Stati Uniti. L’accumulo di valuta nelle riserve della People’s Bank of China (Pboc), inoltre, potrebbe influire sui tassi di cambio a svantaggio dello yuan cinese. In ultimo, avvertono dalla Pboc, gli investitori cinesi non investono abbastanza all’estero da sfruttare i depositi in moneta estera. Anzi: il timore è che gli investimenti siano molto deprezzati e senza ritorni importanti in termini di profitto per le aziende cinesi. Ciò avviene perché la rinnovata forza della valuta cinese sui mercati internazionali rischia di finire negli interessi degli speculatori finanziari, con conseguenti rischi per l’economia reale. Si sospetta, come dichiara Larry Hu – economista di Macquarie Capital, che le istituzioni finanziarie del settore privato abbiano effettuato un intervento ombra per frenare l’apprezzamento dello yuan per conto della PBOC, sebbene non ci siano prove sufficienti. [Fonte: SCMP]
Titoli onorari alla polizia armata dello Xinjiang in occasione dell’anniversario delle proteste del 2009
Lunedì 5 luglio per la Cina è diventato un giorno da ricordare. Ebbene sì, perché dodici anni fa nella capitale dello Xinjiang – Urumqi, si tenevano delle proteste che avrebbero segnato l’inizio della securitizzazione programmata della regione. In quanto presidente della Commissione militare centrale, Xi Jinping ha firmato un ordine che conferisce un titolo onorario antiterrorismo a tutti i militari coinvolti nelle operazioni speciali delle forze armate di polizia nella Regione autonoma. Come segnala il Global Times, voce in lingua inglese dell’informazione cinese, Pechino riconosce i risultati di anni di lotta contro la minaccia terroristica nell’area, una “differenza netta” rispetto a dodici anni fa.
Tra i progressi elencati nel pezzo, la fine degli attacchi terroristici “su larga scala” – come invece avvenuto nel 2009 a Urumqi, con 197 morti e 1.700 feriti, oltre a 331 negozi e 1.325 veicoli distrutti e bruciati durante la rivolta. Ma non solo, segnala il Global Times attingendo ai dati sul Libro Bianco dedicato allo Xinjiang uscito lo scorso marzo: “Negli ultimi anni, i risultati nella riduzione della povertà e nella formazione professionale nello Xinjiang hanno consolidato la pace e la stabilità della regione. Ma in un ambiente ancora difficile in patria e all’estero, una forte campagna antiterrorismo e forze armate intelligenti non possono mai mancare”, ha puntualizzato Wang Jiang, ricercatore dell’Institute for Frontier Region of China presso la Zhejiang Normal University. Per questa ragione – e forse anche di più, dato il boom mediatico sulla questione dello Xinjiang – da Zhongnanhai ci tengono a precisare che anche il pugno di ferro rimane una prerogativa necessaria a garantire la pace e la stabilità nella regione. [Fonte: Global Times]
Tajikistan: i militari afghani cercano riparo in Asia centrale
Lunedì 5 luglio il presidente del Tajikistan Emomali Rakhmon ha chiesto la mobilitazione di 20 mila riservisti per rafforzare il confine con l’Afghanistan. La ragione? L’emorragia di afghani entro i confini tagiki, soprattutto militari dell’esercito regolare, che cercano riparo dall’avanzata dei talebani. A preoccupare sono stati soprattutto gli afflussi avvenuti durante lo scorso fine settimana, che hanno dimostrato ai vicini l’effetto domino dell’abbandono delle forze straniere dopo 20 anni di conflitto e tentativi di negoziati. Nel frattempo, anche Mosca cerca di inserirsi nella questione, assicurando al governo tagiko che sosterrà gli sforzi per la stabilizzazione dell’area. Mosca possiede in Tajikistan la sua base più grande mai costruita all’esterno dei confini dell’attuale Repubblica Russa, e ha quindi una forte presenza militare nella regione.
Attualmente i talebani hanno conquistato sei distretti chiave nella provincia settentrionale di Badakhshan, che confina sia con il Tagikistan che con la Cina, a seguito dei quali 1.037 militari afgani sono fuggiti attraverso il confine con il permesso del Tagikistan. Lo stesso presidente afghano Ashraf Ghani avrebbe parlato al telefono con Rakhmon per discutere sugli sviluppi della crisi, esprimendo forte preoccupazione per la fuga dei membri dei servizi di sicurezza nazionali. [Fonte: Reuters]
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.