I titoli della rassegna di oggi:
-Xi: il mondo ha bisogno di una partnership sino-americana stabile
-Dalla Cina nuove aperture agli investimenti esteri
-Centinaia di persone rendono omaggio al leader liberale Zhao Ziyang
-Tianjin la capitale delle salse contraffatte
-La Cina vuole normare la caotica industria del bike-sharing
-Greenpeace: HSBC finanzia la deforestazione in Indonesia
-Giappone, Caroline Kennedy torna negli Usa
-Birmania: Ribelli a voto dopo 25 anni
Xi: il mondo ha bisogno di una partnership sino-americana stabile
Cina e Stati Uniti necessitano relazioni stabili e cooperative. Lo ha dichiarato Xi Jinping in un incontro bilaterale con il vicepresidente americano Joe Biden, a tre giorni dall’ingresso di Trump alla Casa Bianca. Durante il bilaterale avvenuto a margine del Forum di Davos, il presidente cinese ha affermato che «da quando i due paesi hanno stretto rapporti diplomatici 38 anni fa, le relazioni hanno dovuto resistere a vento e pioggia, ma in generale hanno continuato ad andare avanti». E lo stesso dovranno fare in futuro. Xi ha lodato i progressi ottenuti sotto il governo Obama nel settore commerciale e degli scambi people-to-people.
Intanto mercoledì la Camera di commercio americana ha rilasciato il suo annuale sondaggio sugli umori del business a stelle e strisce oltre la Muraglia. Secondo oltre l’80% dei rispondenti, la Cina sarebbe diventata meno accogliente nei confronti delle aziende straniere rispetto al passato. Citati tra i fattori d’ostacolo troviamo il rallentamento dell’economia, l’aumento dei costi e la presenza di barriere discriminanti. Sulle aspettative future pende ovviamente la minacciosa eventualità che la nomina di Trump possa portare a una guerra commerciale tra le due potenze.
Dalla Cina nuove aperture agli investimenti esteri
Nel giorno dello storico discorso pro-globalizzazione rilasciato da Xi Jinping a Davos, la Cina ha annunciato nuove aperture agli investimenti esteri. Secondo un comunicato rilasciato martedì dal Consiglio di Stato, a beneficiare delle misure saranno il settore bancario e azionario (gestione degli investimenti, futures, assicurazioni, rating e settore contabile), oltre al comparto energetico, delle infrastrutture ferroviarie, delle telecomunicazioni e di internet. Mentre non sono stati rilasciati ulteriori dettagli né le tempistiche entro cui le nuove misure diventeranno effettive, il gabinetto ha annunciato per la prima volta l’inclusione delle società straniere nei listini di Shanghai e Shenzhen. Nell’ultimo anno il protezionismo è stato protagonista di accuse incrociate tra Est e Ovest, con Pechino intento a denunciare i crescenti controlli contro le acquisizioni cinesi all’estero e il business occidentale deciso a rivendicare una maggiore apertura del mercato cinese.
Centinaia di persone rendono omaggio al leader liberale Zhao Ziyang
Il 17 gennaio, centinaia di persone sono confluite nell’hutong Fuqiang di Pechino per commemorare l’anniversario della morte dell’ex premier Zhao Ziyang, spirato 12 anni fa mentre si trovava agli arresti domiciliari. La colpa di Zhao? Aver simpatizzato per le proteste di piazza Tian’anmen (1989) tentando di dissuadere il resto della leadership dall’intervenire con la forza. Mentre la commemorazione viene osservata ogni anno sotto l’occhio vigile delle forze dell’ordine, pare che stavolta le misure di sicurezza siano state particolarmente severe, tanto da non aver permesso a Bao Tong (ex braccio destro di Zhao), all’attivista Hu Jia e a una delle «Madri di Tian’anmen» di prendervi parte. Cercando di spiegare la posizione ufficiale nei confronti dell’ex premier e segretario generale, nel 2015 il Global Times giustificava l’ambiguità mantenuta dal governo così: «Negli ultimi 25 anni, la Cina ha perseguito un percorso che Zhao e i suoi think tank avevano a quel tempo osteggiato, diventando la seconda economia del mondo. La Cina sta usando le sue azioni e i suoi successi per rispondere alle domande più delicate».
Tianjin la capitale delle salse contraffatte
Reduce dal terribile incidente del polo industriale dell’estate 2015, Tianjin torna a far parlare (male) di sé. Secondo un’inchiesta del Beijing News, la città portuale da circa dieci anni ospita una massiccia attività sotterranea dedicata alla produzione di salse e aromi realizzati utilizzando spezie riciclate e sale per uso industriale, dannosi per la salute. I condimento contraffatti – distribuiti in tutto il paese sotto il brand di multinazionali quali Knorr e Nestlé – sarebbero stati prodotti in una 50 di laboratori locali, attrezzati con videocamere di sorveglianza e sentinelle pronte a dare l’allarme in caso di visitatori sospetti. Un microcosmo che ha fruttato circa 100 milioni di yuan l’anno, tanto da permettere ad alcuni produttori di girare in Porsche.
La Cina vuole normare la caotica industria del bike-sharing
Foto ritraenti cumuli di biciclette variopinte lungo il ciglio delle strade di Shenzhen hanno catturato l’attenzione della stampa cinese, mettendo in dubbio il futuro del promettente bike-sharing, a cui la Cina guarda per tentare di ridurre i fattori inquinanti. Secondo il Southern Metropolis Daily, circa 500 bici sono state abbandonate dopo l’utilizzo da clienti poco scrupolosi o dagli stessi funzionari della sicurezza intenti a sgomberare i marciapiedi e le strade dove le «due ruote» erano state parcheggiate. Mentre la autorità municipali minacciano regolare più precise per disciplinare il settore, ridurre il traffico ed elevare gli standard di sicurezza, i colossi dell’industria, Ofo e Mobike, tremano all’idea di vedere precipitare il proprio business. Il bike-sharing nasce con l’intento di riportare in voga il sano ed ecologico mezzo di trasporto. Nel 1980, quasi il 63% dei pendolari andava a lavoro in bici; ma nel 2000 il numero era già precipitato al 38% e oggi è inferiore al 12%. Opposto l’andamento delle inquinanti quattro ruote. Nel 2010 la Cina ha superato gli Stati Uniti diventando il più grande mercato automobilistico del mondo, con 13,5 milioni di veicoli venduti in soli 12 mesi.
Greenpeace: HSBC finanzia la deforestazione in Indonesia
Un rapporto di Greenpeace punta il dito contro la banca britannica colpevole di aver concesso miliardi di dollari di finanziamenti ad aziende coinvolte nella produzione di olio di palma, industria all’origine della devastazione delle foreste pluviali indonesiane. Secondo l’ong, sono sei le società ad aver ricevuto credito dall’istituto dal 2012 a oggi. Tra le presunte attività illegali condotte dalle compagnie coinvolte ci sarebbero l’esproprio di terreni, incendi boschivi e lo sfruttamento di lavoratori ingaggiati senza permessi legali. In un comunicato HSBC ha dichiarato di non essere al corrente di «casi in cui i clienti hanno operato al di fuori delle nostre politiche». Vasti tratti di foresta indonesiana sono stati cancellati negli ultimi anni per far posto a piantagioni dedicate a soddisfare la domanda globale di olio vegetale, un ingrediente ampiamente utilizzato nella produzione di merci quali shampoo e biscotti.
Giappone, Caroline Kennedy torna negli Usa
È stata, senza esagerare, l’ambasciatrice americana in Giappone più popolare di sempre. Gli impiegati dell’ambasciata hanno in questi giorni fatto sapere che solo ora, a tre anni dall’insediamento, è stato trovato un posto ai doni arrivati da tutto il Giappone nei primi 6 mesi di incarico alla figlia di JFK. Dopo alcune polemiche con il governo di Tokyo sulle mattanze di cetacei e sulle visite al santuario di Yasukuni, dove sono ricordati i morti delle guerre del Giappone – criminali di guerra compresi -, di alcuni parlamentari e ministri, i rapporti con il governo conservatore di Abe sono andati sempre meglio. Nonostante l’inesperienza diplomatica che aveva causato qualche polemica in casa, Kennedy è tra coloro che hanno favorito la storica visita di Barack Obama a Hiroshima e in generale, un importante riavvicinamento tra Tokyo e Washington. Rimane ora l’attesa per il successore: secondo Reuters, Trump avrebbe già contattato il finanziere William Hagerty per il ruolo.
Birmania: Ribelli a voto dopo 25 anni
Il più grande gruppo ribelle tra le minoranze etniche birmane si prepara ad andare a elezioni per la prima volta in 25 anni. Lo United Wa State Army conta 30mila effettivi. Da anni non conduce attacchi contro l’esercito birmano, ma si è finora rifiutato di deporre le armi. Secondo quanto rivelato dalla Reuters, il movimento, che controlla una porzione di territorio grande come il Belgio, passerà il prossimo aprile per un cambio di leadership. Potrebbero a questo punto cambiare gli scenari. Per la Birmania e il governo di Aung San Suu Kyi si potrebbe quindi prevedere un nuovo periodo di incertezza e instabilità su un tema delicato come la gestione delle periferie in fiamme e i conflitti armati con le minoranze che abitano i confini del Paese dei Pavoni