I titoli di oggi:
- Xi al Boao Forum contro l’egemonismo
- Atteso incontro ai vertici militari Cina-Usa
- Zero-Covid: aumentano le richieste di lasciare la Cina
- Youtube sospende la comunicazione politica del futuro leader di Hong Kong
- Pechino punta sul settore dei data center
Xi al Boao Forum contro l’egemonismo
In un mondo globalizzato non c’è spazio per un decoupling. E’ il messaggio con cui Xi Jinping stamattina ha aperto il Boao Forum, la cosiddetta Davos asiatica. Il presidente cinese ha auspicato un maggiore coordinamento tra le principali economie mondiali per prevenire che le decisioni politiche abbiano ricadute “gravi e negativi” sulla crescita globale e la stabilità della supply chain. Implicito riferimento alle ripercussioni della guerra russo-ucraina e alle misure anti-Covid, che la Cina continua a difendere nonostante i disagi arrecati alle aziende straniere nel paese. Pechino si impegnerà a portare avanti le riforme economiche, ha aggiunto il leader presentando la crescita cinese – e più in generale il mercato asiatico – come un elemento di stabilità per la comunità internazionale. Senza citare direttamente gli Stati uniti, Xi si è poi scagliato contro la “mentalità da guerra fredda” e l’ egemonismo: “Sosteniamo qualsiasi sforzo per risolvere una crisi con mezzi pacifici, e ci opponiamo a doppi standard, sanzioni unilaterali e giurisdizione del braccio lungo”. Parole di sostegno anche per la strategia Zero Covid, fortemente criticata in patria e all’estero dopo i gravi disagi riscontrati a Shanghai. “La sicurezza e la salute sono i prerequisiti per lo sviluppo umano e il progresso” ha spiegato il presidente, “affinché l’umanità conquisti la vittoria finale contro la pandemia di Covid-19, sono necessari sforzi più duri”. Nonostante la panbdemia, quest’anno il forum ha visto la partecipazione di 600 delegati da 42 paesi. Tra gli ospiti il presidente filippino Rodrigo Duterte e l’omologo israeliano Isaac Herzog.
Incontro ai vertici militari Cina-Usa
Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha avuto il suo primo colloquio telefonico con il suo omologo cinese, il generale Wei Fenghe. Nel corso della telefonata, sono stati affrontati diversi temi, dalla posizione della Cina in merito alla guerra in Ucraina alla questione di Taiwan. I toni sono stati duri. La Cina ha sollecitato gli Stati Uniti a “non usare la questione ucraina per diffamare, incastrare o minacciare la Cina”, invitando a non sottovalutare “la determinazione e la capacità” di Pechino di difendere i propri interessi e la propria dignità nazionale. Wei ha invitato la sua controparte a considerare adeguatamente la questione di Taiwan, poiché un’inappropriata gestione del dossier da parte degli Usa potrebbe avere “un impatto rovinoso” sulle relazioni bilaterali. Il generale cinese ha sottolineato come i due eserciti “dovrebbero rafforzare la fiducia reciproca militare, consolidare il dialogo e gli scambi, gestire e controllare i rischi e le crisi, e svolgere una cooperazione pratica per garantire lo sviluppo normale e stabile delle relazioni tra militari”.
La telefonata, richiesta dal Pentagono, ha riaperto un canale di dialogo tra i vertici della Difesa delle due potenze che era interrotto da oltre un anno. Gli Usa si sono dovuti “accontentare” di parlare con il generale Wei perché da tempo cercavano un colloquio con il generale Xu Qiliang, l’ufficiale più alto in grado nella struttura militare del Partito comunista. Xu viene infatti ritenuto da Washington più influente di Wei poiché, in qualità di vice presidente della commissione militare centrale del partito, controlla l’esercito. Pechino ha sempre respinto le richieste di Washington, insistendo sulla necessità del rispetto del protocollo.
Poco dopo il colloquio, la Cina ha fatto conoscere al mondo un nuovo modello di missile ipersonico YJ-21, o Eagle Strike-21, in vista delle celebrazioni per celebrare il suo 73esimo anniversario della marina cinese. Si stima che il missile abbia una gittata compresa tra 1.000 e 1.500 km e si ritiene che sia in grado di colpire un intero gruppo d’attacco di portaerei. Il nuovo modello è stato lanciato da un Type 055, il più grande e avanzato cacciatorpediniere dell’Esercito popolare di liberazione. Secondo gli analisti, armare i Type 055 con missili YJ-21 ha lo scopo di dissuadere le navi straniere dal farsi coinvolgere in caso di attacco a Taiwan. Il messaggio è quindi indirizzato proprio agli Usa.
Zero-Covid: aumentano le richieste di lasciare la Cina
Il fascino di Shanghai, da anni meta principale di manager, imprenditori e finanzieri internazionali, sta per svanire. I consulenti cinesi per l’immigrazione stanno registrando un incremento delle richieste di persone facoltose che cercano di lasciare la Cina e la città portuale da quando è stato imposto il lockdown a Shanghai per frenare i contagi di Covid-19. Segno di una crescente frustrazione per la strategia zero-Covid adottata dal governo di Pechino. Il carico di richieste è così alto che i consulenti sono costretti a lavorare più di 12 ore al giorno per processare le domande. Ma le destinazioni a lungo favorite come Stati Uniti e Canada hanno perso un po’ di attrattiva per coloro che decidono di lasciare la Cina: a influenzare le loro scelte sono le relazioni che Pechino ha con i governi dei Paesi di destinazione. Le mete preferite, al momento, sono Singapore e l’Irlanda, nazioni con cui la Cina ha buoni rapporti.
Pechino punta sul settore dei data center
La nuova scommessa della Cina è il progetto Eastern Data and Western Computing, lanciato ufficialmente a febbraio dalla National Development and Reform Commission (NDRC). Il piano prevede di replicare il successo del West-East Electricity Transfer Project, che trasmette l’elettricità generata nelle centrali idroelettriche nella Cina occidentale alle regioni meridionali, centrali e settentrionali.
L’Eastern Data and Western Computing, invece, vuole potenziare i data center nelle regioni occidentali, economicamente più povere ma ricche di energia, attraverso un trasferimento del processo di elaborazione dei dati attualmente gestito da strutture nelle province orientali cinesi. Nel dettaglio, il progetto pone grande attenzione sull’esigenza di colmare il gap tra le due aree del Paese in termini sia di infrastruttura del data center che di domanda di elaborazione dati. Secondo il piano del governo, il processo di elaborazione dati verrà quindi spostato nei data center nell’ovest, mentre i data center nelle regioni orientali saranno utilizzati principalmente per servizi come lo streaming video e l’e-commerce.
Il progetto Eastern Data and Western Computing si concentra sulla costruzione di data center e architettura di rete informatica a livello nazionale. A tal fine, Pechino ha designato un totale di otto centri informatici nazionali. L’economia digitale cinese è concentrata nelle regioni orientali densamente popolate, comprese città come Pechino e Shanghai: la maggior parte dei data center costruiti fino ad oggi sono infatti presenti in queste zone. Ecco cinque cose da sapere sul progetto secondo Caixin.
Youtube sospende la comunicazione politica del futuro leader di Hong Kong
La piattaforma Youtube ha chiuso il canale di John Lee, ex Chief Secretary di Hong Kong e unico candidato alla carica di capo esecutivo, per conformarsi alle sanzioni statunitensi. Secondo Google, proprietario della piattaforma video, la decisione è stata presa in conformità con le sanzioni americane imposte dopo l’entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale del 2020. Le misure punitive vietano alle aziende e ai cittadini americani di fornire servizi agli alti funzionari inclusi nella lista di 12 alti funzionari di Hong Kong e Pechino sanzionati dal Tesoro degli Stati Uniti, che comprende anche l’attuale capo dell’esecutivo Carrie Lam, gli ex capi della polizia Chris Tang e Stephen Lon e il ministro della Giustizia Teresa Cheng.
L’ex numero due della città si è detto “deluso” dal provvedimento, ma non lo considera come un limite per la sua campagna elettorale, nonostante la chiusura imponga al candidato di non poter condividere video che raccontano i suoi incontri con gli esponenti dei vari settori della società di Hong Kong.
Nonostante la vittoria assicurata, l’ex ministro della Sicurezza sta portando avanti la sua campagna elettorale sui social media, in particolare attraverso un canale Youtube e una pagina Facebook. Tam Yiu-chung, unico rappresentante di Hong Kong presso la massima legislatura cinese e responsabile della campagna di Lee, ha confermato di aver ricevuto un messaggio da Youtube. “Hanno appena detto che stavamo infrangendo la loro politica”, ha spiegato e “lo troviamo completamente ingiustificato”.
Ma Lee tira dritto e già guarda all’8 maggio, giorno delle elezioni del Chief Executive. L’ex zar della sicurezza punta sulla questione abitativa per ottenere le (poche) simpatie degli hongkonghesi. E sa di non sbagliare. Alcuni magnati del settore immobiliare dell’ex colonia britannica sono entrati nel team di 58 consulenti per la sua campagna elettorale. Nel gruppo, figurano i nomi di Li Ka-shing e di Lee Shau-Kee, tra le persone più ricche di Hong Kong. Fanno parte del team anche Raymond Kwok di Sun Hung Kai Properties Ltd, Henry Cheng di New World Development Co, Robert Ng di Sino Land Co e David Li di Bank of East Asia Ltd. Il mercato immobiliare di Hong Kong, che è il meno abbordabile al mondo, è un tema divisivo per gli abitanti dell’ex colonia britannica. I big immobiliari della città portuale sono diventati sempre meno potenti e sempre più soggetti alle decisioni del governo di Pechino.
A cura di Serena Console; ha collaborato Alessandra Colarizi
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.