La nostra rassegna asiatica
Il web cinese dichiara guerra all’Isis
La morte dei due giovani cinesi per mano dell’Isis non è ancora stata confermata né da Pechino né dalle autorità pakistane, ma per il web cinese il rapimento dei ventenni Lee Zing Yang e Meng Li Si è un campanello d’allarme sufficiente a motivare un’intervento del gigante asiatico contro lo Stato islamico. Mentre secondo Islamabad i due — finiti nelle mani dei terroristi mentre si trovavano nella città di Quetta — sarebbero “probabilmente morti”, Pechino è stato molto cauto nel dare giudizi, da una parte per non guastare le relazioni con un paese amico, dall’altra per non mettere a repentaglio l’immagine del progetto nuova via della seta che in Pakistan ha uno dei suoi hub principali. Ma se la stampa di stato — fatta eccezione per il pungente Global Times — è stata piuttosto silente sul caso, lo stesso non si può dire del popolo della rete. Su Weibo diversi utenti hanno invitato Pechino a dichiarare guerra all’Isis e a mandare soldati in Pakistan — un’eventualità molto improbabile considerato il principio di non intervento negli affari degli altri paesi tradizionalmente osservato dal gigante asiatico. Ciò nondimeno molti dei commenti più bellicosi sono stranamente sopravvissuti alla censura. Molti non sembrano credere alla versione che i due “insegnanti” sarebbero stati in realtà dei missionari cristiani legati a un’agenzia sudcoreana. Proprio ieri il quotidiano pakistano Dawn ha rilasciato nuovi particolari sulle vittime cinesi e Juan Won Seo, il misterioso sudcoreano sospettato di portare avanti attività missionarie sotto copertura e in violazione alle norme locali sui visti.
Pechino ingabbia i prestiti online agli studenti
Solo poche banche saranno autorizzate a concedere prestiti agli universitari cinesi. E’ quanto dichiarato in un comunicato congiunto di China Banking Regulatory Commission, ministero dell’Istruzione e delle Risorse umane e della Sicurezza sociale. La misura è mirata a ridurre la concessione del credito attraverso piattaforme digitali, diventate la principale risorsa per i giovani studenti, che sempre più spesso finanziano i loro desiderata (sopratutto smartphone e vestiti di marca) attraverso le piattaforme di P2P. Nei casi più controversi, i creditori hanno richiesto come collaterale foto discinte da distribuire online nell’eventualità di un inadempimento del debitore. Nonostante i tentativi di controllare il sistema, a febbraio erano ancora 74 i siti coinvolti in questo tipo di attività. La direttiva richiede ora che tutti i finanziatori P2P sospendano le operazioni mirate ad attrarre studenti universitari. I trasgressori non solo saranno costretti a smantellare completamente i propri servizi, ma rischiano anche di essere perseguiti per frode, l’uso di intimidazioni fisiche per raccogliere prestiti e la diffusione di materiali osceni.
400 “ratti” nelle fondamenta della “Pechino bene”
Un rifugio antiaereo nel cuore di Pechino riconvertito illegalmente a uso abitativo. Secondo la stampa locale, circa 400 persone avrebbero fino a oggi vissuto nelle fondamenta nel Julong Gardens, un signorile complesso di appartamenti e uffici nei pressi dello Stadio dei Lavoratori. Nessuno dei residenti apparentemente era a conoscenza di questo “mondo sotterraneo”, in cui stanze minuscole senza finestre risultano coabitate da una trentina di persone. Il vantaggio, si capisce, sta nei costi: 264 dollari al mese, un decimo di quanto pagano i condomini ai piani “alti”. Mentre non è ben chiaro chi abbia gestito tale business — il seminterrato fa ufficialmente capo all’ufficio della Difesa civile del distretto di Dongcheng — la storia sconvolge fino a un certo punto. Ormai da anni è cosa nota: sotto la capitale imperiale vive la cosiddetta “tribù dei ratti”, 200mila persone — quasi tutti migranti senza hukou, il permesso di residenza — che occupano scantinati e tunnel sotterranei.
Diramazioni hollywoodiane nel caso del 1Malaysia Development Berhad
Un quadro di Picasso dato in dono a Leonardo di Caprio, i diritti per due produzioni di Hollywood e una collana con un diamante da 22 carati appartenente alla moglie del premier malese. Sono alcuni dei beni su cui le autorità americane stanno investigando in un caso di riciclo di denaro sporco. In totale si tratta di 1,7 miliardi di dollari di asset acquisiti con capitali sottratti fraudolentemente da un fondo supervisionato dal primo ministro malese Najib Razak e fatti passare attraverso istituzioni finanziarie statunitensi. Dalla documentazione presentata dal dipartimento di Giustizia, alti funzionari malesi si sono appropriati illegalmente di miliardi di dollari destinati in realtà a migliorare le condizioni di vita della popolazione malese. Oltre 700 milioni sarebbero stati depositati sui conti correnti di Najib, identificato con il nome in codice di Malaysian Official 1. Una figura centrale nello scandalo è quella di Joh Law, perosnalità moto vicina al figliastro del premier Riza Aziz, cofondatore della società di produzione hollywoodiana Red Granite. Parte di quanto sottratto dal 1Malaysia Development Berhad (1MDB) sarebbe andato ad oliare le loro amicizie nella “Mecca del cinema”
Asia-Pacifico più ricca dell’Europa occidentale
Quest’anno l’Asia Pacifico supererà l’Europa occidentale divenendo il secondo mercato mondiale per ricchezza personale dopo il Nord America. Secondo proiezioni del Boston Consulting Group, entro la fine del 2017 la regione avrà 42,3 trilioni di dollari di asset contro i 41,9 del Vecchio Continente. A guidare la classifica sarà la Cina con 2,1 milioni di famiglie milionarie, dopo gli Usa (7,1 milioni), ma prima di Giappone, Regno Unito e Canada. Lo scorso anno la ricchezza finanziaria personale dell’Asia Pacifico è cresciuta del 9,5%, mancando per la prima volta in cinque anni la doppia cifra, riacquistabile a partire dal 2021, secondo il gruppo.