Pechino ha ufficialmente annunciato la sua adesione a COVAX, l’iniziativa lanciata dall’Oms per rendere i vaccini anti-Covid accessibili a livello internazionale. “Stiamo compiendo questo passo concreto per garantire un’equa distribuzione dei vaccini, in particolare nei paesi in via di sviluppo, e speriamo che anche i paesi con maggiori capacità si uniranno e sosterranno COVAX”, ha riferito stamattina la portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying, aggiungendo che “alcuni produttori cinesi hanno espresso interesse e stanno discutendo di ricerca e sviluppo, autenticazione e supervisione del vaccino.” La Cina diventa così la prima potenza economica dei 168 paesi partecipanti, grazie all’assenza di Stati Uniti e Russia. Non è chiaro a quanto ammonti il contributo cinese, sebbene a maggio Xi Jinping abbia preannunciato di voler destinare alla guerra contro il virus 2 miliardi di dollari nei prossimi due anni. Intanto non si placano le polemiche sulla presunta sudditanza dell’Oms nei confronti del gigante asiatico. A rinfuocare la diatriba è stata una dichiarazione di Mike Ryan, direttore esecutivo del Programma per le emergenze sanitarie dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo il quale le indagini sull’origine del virus sono in standby nell’attesa che Pechino sciolga le riserve sulla composizione del team internazionale incaricato di condurre le ricerche oltre la Grande Muraglia. [fonte Reuters, SCMP]
Riforma dello hukou: 100 milioni di cinesi hanno lasciato le campagne
Manca meno di un anno dal centesimo compleanno del partito comunista cinese (23 luglio 2021). Entro quella data, secondo i piani della leadership, la Cina dovrà aver raggiunto una “moderata prosperità”, concetto evanescente di origine confuciana reso concreto da un obiettivo economico ben preciso: raddoppiare il Pil pro capite rispetto ai livelli del 2010. Come procede l’impresa? Nonostante Covid, Xi Jinping & Co. hanno sfoggiato una sicurezza granitica davanti alle perplessità degli esperti. Dopo aver decantato i successi della lotta alla povertà, nella giornata di ieri le autorità hanno annunciato un nuovo traguardo. Secondo il ministero della Sicurezza pubblica, dal 2014, 100 milioni di persone provenienti dalle campagne sono state ricollocate nelle città portando il tasso di urbanizzazione nazionale dal 35,9% del 2013 al 44% del 2019. L’emittente statale CCTV aggiunge che “nel frattempo è stato abolito il sistema duale dello “hukou”, vecchio più di mezzo secolo, che divideva la popolazione rurale da quella non rurale”. La notizia è stata ampiamente diffusa dai media cinesi su Weibo ma la risposta dei netizen non sembra dare credito al successo. Sotto un post del People’s Daily, migliaia di internauti hanno deriso la propaganda governativa dando sfogo al proprio disappunto. “Che senso ha vivere in città se il mio reddito non aumenta e la mia vita non migliora? Preferirei essere un ricco agricoltore in un piccolo villaggio piuttosto che un povero lavoratore migrante di ‘seconda classe’ in una grande città “. Questo è il punto: mentre la lotta alla povertà di Xi continua ad emancipare le campagne, nei centri urbani le crescenti disuguaglianze continuano a minacciare la stabilità sociale. [fonte CCTV]
Golden Week: cresce il turismo giovane, vola il box office
I nati tra il 1995 e il 2000 sono il segmento della popolazione ad aver trainato il turismo cinese durante la “golden week”, la festa nazionale terminata ieri. Secondo i media statali, i giovanissimi hanno rappresentato il 30% dei viaggiatori negli scorsi otto giorni. Altro dato rilevante: la provenienza geografica. Ben il 60% di chi si è mosso lo ha fatto partendo dalle città di terzo livello. E, mentre i consumi hanno complessivamente registrato una flessione (attestandosi al 69% del 2019), le statistiche mostrano come i residenti nelle città di terza fascia abbiano invece speso oltre il 50% in più rispetto allo scorso anno. Una piacevole sorpresa arriva dal box office. Dopo la riapertura di luglio, la “settimana d’oro” ha confermato la fiducia dei cittadini cinesi nei confronti degli sforzi messi in atto dalle autorità per contenere la diffusione del virus. Secondo il National Film Special Fund Office, l’industria cinematografica cinese è quasi tornata ai livelli pre-epidemici. Tra l’1 e l’8 ottobre, gli incassi al botteghino hanno raggiunto i 3,69 miliardi di yuan (544 milioni di dollari), somma che si colloca al secondo posto per valore registrato durante la festa nazionale in tutta la storia de cinema cinese. Gli addetti ai lavori prevedono che l’importo rappresenterà circa il 20% del botteghino dell’intero anno. Quali sono stati i film più visti? Con 1,85 miliardi di yuan di biglietti venduti, in testa alla classifica troviamo My People, My Homeland, apologia della lotta alla povertà nonché sequel del già campione d’incassi My People, My Country. [fpnte GT, GT]
La neutralità carbonica costerà alla Cina 5 mila miliardi di dollari
Ben 5 mila miliardi di dollari. E’ quanto dovrà spendere il governo cinese per raggiungere l’obiettivo “emissioni zero” entro il 2060. Secondo Wood Mackenzie, la neutralità carbonica promessa da Xi jinping durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha un costo salato. La società di consulenza con base a Edinburgo ha calcolato che la capacità solare, eolica e di stoccaggio dovrà aumentare di 11 volte fino a 5.040 gigawatt entro il 2050, mentre la capacità di produzione elettrica da carbone dovrà essere dimezzata, mantenendo l’impiego di gas ai livelli attuali. Secondo Prakash Sharma, responsabile per l’Asia del Pacifico di Woodmac, “la parte più impegnativa del cambiamento non è l’investimento o l’entità della capacità rinnovabile, bensì la transizione sociale che ne deriva”. Ergo le ricadute che un disimpegno dai combustibili fossili rischia di avere sul mercato del lavoro e sulla stabilità di molte province dipendenti economicamente dalle attività minerarie. La strada è lunga ma Pechino sembra fare sul serio. Dopo quattro mesi di lavori, è stata inaugurato il secondo parco solare più grande del mondo nonché il più grande di Cina. Situato nel Qinghai, l’impianto ha una capacità di 2,2 GW. [fonte Reuters, Supchina]
Il cerchio si stringe intorno a Wang Qishan
Alcuni giorni fa, un comunicato stringato della Commissione disciplinare del Pcc ha interrotto la calma piatta della “golden week”. Dong Hong, ispettore di livello viceministeriale, è stato indagato per “gravi violazioni della disciplina”, eufemismo con cui il partito allude solitamente a casi di corruzione. La notizia non è passata inosservata e non solo perché il provvedimento colpisce un insider. Dong viene considerato un alleato strettissimo di Wang Qishan, ex membro del comitato permanente del Politburo che dopo aver ricoperto per cinque anni il ruolo di zar dell’anticorruzione, una volta pensionato, è stato ricompensato con la carica cerimoniale di vicepresidente in virtù dell’amicizia di vecchia data che lo lega a Xi Jinping fin dai tempi della Rivoluzione Culturale. Dong e Wang si sono conosciuti alla fine degli anni ’90 nella provincia del Guangdong e da quel momento la loro carriera politica è rimasta indissolubilmente legata. L’ex ispettore è il secondo uomo di Wang a finire nei guai dopo la condanna 18 anni del magnate Ren Zhiqiang, perseguito ufficialmente per corruzione ma notoriamente inviso alla leadership per le sue invettive velenose nei confronti di Xi Jinping. Non tutti gli analisti concordano nel ritenere che la vera preda da catturare sia il vicepresidente. Ma se così fosse, gli ultimi sviluppi parrebbero confermare ancora una volta la caduta in disgrazia dell’ “aristocrazia rossa”, rimpiazzata dalla cosiddetta “cricca del Zhejiang”, la provincia dove Xi è stato governatore nei primi anni 2000. [fonte NIKKEI]
L’Ue stanzia 9 miliardi di euro per contrastare l’avanzata cinese nei Balcani
E’ braccio di ferro tra Pechino e Bruxelles nell’Europa Orientale. A pochi giorni dall’annuncio di un fondo di 9 miliardi di euro per potenziare le infrastrutture nella pensiola balcanica, Jonathan Hatwell, responsabile per la Cina del European External Action Service, ha spiegato senza mezze parole che i finanziamenti serviranno a contrastare “la narrativa della Cina”. Hatwell spiega anche perché: l”‘interazione tra gli investimenti cinesi sostanziali e non sempre trasparenti e il quadro istituzionale al momento relativamente debole [nella regione]” preoccupa non poco le istituzioni comunitarie. I sei paesi dei Balcani occidentali – Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Kosovo, Montenegro e Serbia – sono da tempo nei radar di Bruxelles nell’ottica di un futuro accesso al blocco dei 27. Ma la Cina, già attiva nella regione con la Belt and Road, sembra aver guadagnato nuovo terreno nei mesi segnati da Covid-19 grazie alla fornitura di aiuti e materiale medico. Hatwell sostiene che una collaborazione con Pechino sia possibile, purché il gigante asiatico si converta a una maggiore trasparenza e accetti gli standard ambientali europei. [fonte SCMP]
Indonesia: proteste in difesa dei diritti dei lavoratori
Tra gas lacrimogeni e cannoni d’acqua, giovedì l’Indonesia ha concluso il terzo giorno di protesta. Oltre 60 le località scosse da scioperi e manifestazioni di dissenso nei confronti della Legge Omnibus, accusata di erodere i diritti dei lavoratori, tra i quali il congedo obbligatorio e la liquidazione. Secondo i sindacati – forza trainante della sollevazione popolare insieme agli studenti – le nuove disposizioni incoraggeranno le assunzioni a contratto e part-time, ai danni di quelle a tempo pieno. Lo scopo conclamato è quello di attrarre investimenti, abbattendo regolamenti e adempimenti burocratici, accelerando il ritmo delle riforme economiche e favorendo l’arrivo di investimenti. Perlopiù pacifiche, le proteste sono in alcuni casi sfociate in scontri con le forze dell’ordine. Circa 1000 persone sono finite agli arresti, molte delle quali in seguito rilasciate. Secondo gli organizzatori, al momento non sono previste nuove marce, mentre le autorità locali si sono offerte di “trasmettere il messaggio” del popolo al presidente Joko Widodo. Il coronavirus non aiuta a sedare gli animi. Secondo dati previsionali, quest’anno l’Indonesia registrerà la prima contrazione economica dalla fine della dittatura di Suharto. [fonte NYT, Reuters]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.