Non solo i giornalisti, ora anche gli studenti sono le pedine di una partita sempre più tesa tra Cina e Usa. Il Dipartimento per la sicurezza degli Stati Uniti ha annullato i visti di circa 1000 studenti e ricercatori cinesi iscritti alle università americane, con l’obiettivo di limitare le minacce di spionaggio e furto di materiale di ricerca sensibile, come quello relativo allo sviluppo di un vaccino per il coronavirus. Ieri, infatti, alcuni studenti cinesi sono stati informati dall’ambasciata degli Stati Uniti a Pechino o dai consolati americani in Cina sull’annullamento dei loro visti accademici. Quasi tutti gli studenti coinvolti nella disposizione di Washington sono laureati in materie scientifiche e avrebbero legami con l’Esercito popolare di liberazione. Secondo alcune indiscrezioni della Reuters, Washington sta lavorando già da maggio a una misura finalizzata ad annullare i visti di migliaia di studenti cinesi che avrebbero legami con l’esercito di Pechino. [fonte SCMP]
La Cina nel mirino degli attivisti
Il governo di Pechino è ostacolato su più fronti da numerosi gruppi di attivisti impegnati nella tutela dei diritti umani. Più di 160 organizzazioni di attivisti hanno consegnato una lettera congiunta ai vertici del Comitato olimpico internazionale per chiedere di riconsiderare l’assegnazione dei Giochi invernali 2022, che saranno ospitati dalla Cina, alla luce degli evidenti episodi di repressione dal governo centrale nello Xinjiang, a Hong Kong e in Tibet. Tra i firmatari della missiva ci sono infatti gruppi per i diritti di uiguri, tibetani, manifestanti di Hong Kong e mongoli con sede in Asia, Europa, Nord America, Africa e Australia. La mossa non è stata gradita dal Partito Comunista Cinese ed è subito arrivata la risposta del portavoce del ministro degli Esteri cinese, Zhao Lijian, che ha bollato il tentativo delle organizzazioni di politicizzare lo sport. Ma l’appello di diverse organizzazioni è stato lanciato anche alle Nazioni Unite, esortando la creazione di organismo internazionale incaricato di indagare sulle violazioni dei diritti umani dentro la Muraglia. In una lettera indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, all’Alto Commissario per i diritti umani, Michelle Bachelet, e agli Stati membri dell’Onu, diverse Ong, tra cui Human Rights Watch, Amnesty International e International Service for Human Rights, hanno chiesto misure decisive e immediate per fermare le violenze e repressioni portate avanti dal governo cinese. Nella lettera, inoltre, viene citata anche la censura delle informazioni nel contesto della pandemia di coronavirus, così come gli attacchi ad attivisti, giornalisti, avvocati e dissidenti in tutto il Paese. L’iniziativa fa seguito a una richiesta di esperti indipendenti che lavorano con le Nazioni Unite, nell’ambito di una sessione speciale del Consiglio dei diritti umani incentrata sulla tutela dei diritti umani in Cina. [fonte Reuters, AP]
Xi Jinping dimentica di onorare come eroe nazionale il medico Li Wenliang
In una sontuosa cerimonia presso la Grande Sala del Popolo di Pechino, il leader cinese Xi Jinping ha onorato e ringraziato un gruppo di cittadini e lavoratori per il loro contributo alla lotta contro il Covid-19 in Cina. Di fronte a centinaia di funzionari di partito, quadri e operatori sanitari, il presidente cinese ha consegnato una serie di pesanti medaglie d’oro all’epidemiologo Zhong Nanshan, a un esperto di medicina tradizionale cinese, al capo di un ospedale di Wuhan in prima linea nell’epidemia e a un esperto biomedico militare. Inoltre, sono stati onorati più di 40 operatori sanitari, funzionari locali e polizia che hanno perso la vita durante l’epidemia. Ma dalla lista degli eroi nazionali mancava chi è diventato per molti cinesi il vero volto del coronavirus: il medico 34enne Li Wenliang, oculista di un ospedale di Wuhan, che è stato ammonito dalle autorità locali per aver cercato di mettere in guardia i colleghi sulla presenza di un nuovo virus. La sua morte, dopo aver contratto il virus a gennaio, si è trasformata in un appello alla libertà di parola e in richieste di responsabilità del governo. I netizen cinesi non hanno perdonato al leader Xi l’omissione del sacrificio del dottore scomparso e molti hanno inondato la pagina social di Li con numerosi messaggi di riconoscimento. “Tu avresti dovuto ricevere su quel palco la medaglia”, si legge in uno dei commenti più recenti. [fonte Guardian]
Studente sospeso per aver mostrato lo slogan a favore di Hong Kong durante una lezione online
Uno studente della Heung To Middle School di Hong Kong è stata sospeso dal suo istituto per essersi registrato in una lezione online avendo, come foto profilo, una bandiera che recita lo slogan “Free Hong Kong, Revolution of Our Times”. Lo frase, relativa alle proteste che hanno imperversato nell’ex colonia britannica nel 2019, è considerata come un incitamento all’indipendenza di Hong Kong, ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale entrata in vigore lo scorso luglio. Il Dipartimento dell’Istruzione di Hong Kong, guidato da Kevin Yeung Yun-hung, ha contattato la scuola invitando a porre maggiore attenzione sugli atteggiamenti del ragazzo che potrebbe essere espulso se violerà nuovamente la legge sulla sicurezza nazionale. La decisione evidenzia come le autorità stiano imponendo controlli più severi sul sistema educativo hongkonghese, finito nel mirino del governo cinese per aver contribuito ad alimentare le proteste pro democratiche. Era già successo a luglio che il ministro dell’Istruzione avvertisse gli studenti di Hong Kong di non diffondere e cantare slogan o canzoni che contengono messaggi politici. La draconiana legge imposta da Pechino viene applicata con accuse molto labili che spiegano l’ondata di arresti di attivisti negli ultimi mesi. Domenica 6 settembre, quando si sarebbero dovute tenere le elezioni legislative, rinviate di un anno a causa del Covid, è stato arrestato il noto attivista, nonché vicepresidente del partito democratico People Power, Tam Tak-chi per aver pronunciato discorsi sediziosi sui social network e in 29 comizi, ai sensi dell’articolo 10 del codice penale. [fonte FT]
Missione diplomatica cinese nel Sudest asiatico
Doppo il tanto discusso tour europeo del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, iniziato proprio dall’Italia, la Cina si concentra sui vicini di casa, in particolare sul Sud-est asiatico. Il ministro della Difesa Wei Fenghe ha dato il via a una serie di incontri bilaterali con gli omologhi dei paesi Asean. A partire dalla Malaysia, dove è stato ricevuto sia dal primo ministro Muhyiddin Yassin sia dal ministro Ismail Sabri Yaakob. Kuala Lumpur ha sempre tenuto una linea piuttosto moderata sul Mar Cinese Meridionale, nonostante le dispute con Pechino. E negli scorsi anni ha persino ospitato diversi sottomarini cinesi (oltre a mezzi navali statunitensi) impegnati a fare rifornimento nel porto di Sabah. Ed è proprio su Sabah che si concentra il principale nodo diplomatico della Malaysia, ma in questo caso con le Filippine. Wei è stato poi dall’indonesiano Prabowo Subianto (ex candidato alle elezioni presidenziali poi sconfitto da Widodo). Con Giacarta i problemi si concentrano intorno alle isole Natuna, e in particolare ad alcuni “incidenti” che comprendono l’ingresso di navi da pesca cinesi nelle acque dell’arcipelago controllato dall’Indonesia e dalla morte di alcuni marinai indonesiani a bordo di pescherecci del Dragone. Ma intanto la cooperazione bilaterale prosegue, anche per l’utilizzo della “diplomazia del vaccino” da parte cinese, con la promessa di un canale preferenziale per Giacarta, così come per Manila, altra meta del tour di Wei. Le Filippine hanno mantenuto un accordo militare che Duterte aveva promesso di cancellare con gli Usa, ma allo stesso tempo non sembrano per nulla intenzionate a seguire Trump nella sua serrata dei ranghi (ne avevamo parlato diffusamente qui) nell’area del Mar Cinese Meridionale. Wei andrà anche in Brunei, altro importante snodo diplomatico dell’area Asean nonostante le sue piccole dimensioni. Il tour arriva in un momento importante, solo pochi giorni prima di una serie di videoconferenze in programma tra il segretario di Stato Usa Mike Pompeo e le controparti del Sud-est, il cui obiettivo principale, come ben spiegato dal ministro degli Esteri indonesiano Retno Marsudi, non è tanto quello di costituire un fronte unito anti cinese, quanto quello di evitare di finire in mezzo alla trappola di uno scontro tra giganti che rischierebbe di balcanizzare la regione. [fonte SCMP]
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Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.