In Cina e Asia – Uno studio fa luce sui prestiti cinesi ai paesi emergenti

In Notizie Brevi by Sharon De Cet

Secondo un’analisi effettuata dagli esperti AidData del College of William & Mary negli Stati Uniti, insieme al Center for Global Development, al Kiel Institute for the World Economy e al Peterson Institute for International Economics, i prestatori cinesi hanno utilizzato contratti che garantiscono loro un vantaggio nascosto rispetto ad altri creditori nel quadro di prestiti a paesi a basso reddito. Tra le clausole di questi contratti insolitamente rigidi, molte danno priorità al rimborso dei prestiti cinesi, vietando a chi ha richiesto il finanziamento di saldare il debito con la Cina in coordinamento con altri creditori, afferma il rapporto pubblicato mercoledì scorso. Lo studio, che ha analizzato 100 contratti tra istituti di credito come la China Export-Import Bank e la China Development Bank e 24 paesi in via di sviluppo (tra cui Argentina, Ecuador e Venezuela e diversi paesi dell’Africa subsahariana), ha dimostrato che tutti i contratti firmati dal 2014 – 38 su 100 – contenevano clausole di riservatezza di vasta portata che rendono difficile per gli altri creditori accertare la reale posizione finanziaria del debitore. Diversi contratti avrebbero inoltre esercitato un’influenza sulle politiche interne ed estere dei paesi mutuatari attraverso clausole di cross default attivate da qualsiasi azione considerata contraria agli interessi di “un’entità della Repubblica Popolare Cinese” e altre che autorizzavano il prestatore ad un rimborso immediato qualora le relazioni diplomatiche del un paese debitore con la Cina fossero terminate. Infine, quasi tre quarti dei contratti contengono quelle che il rapporto definisce clausole “no Paris Club”, che obbligano espressamente il mutuatario ad escludere il debito dalle  clausole del Club di Parigi. La Cina non è un membro del Club di Parigi, tuttavia, lo scorso anno Pechino ha firmato due iniziative del gruppo G20 gestite congiuntamente dal Club di Parigi, dall’FMI e dalla Banca Mondiale, utilizzando le convenzioni del Club di Parigi, inclusa la parità di trattamento per tutti i creditori. La Cina è stata criticata per il suo ruolo nelle recenti ristrutturazioni sovrane come lo Zambia, dove alcuni obbligazionisti si sono opposti a una riduzione del pagamento degli interessi perché sospettavano che i risparmi sarebbero stati utilizzati per coprire i debiti cinesi del paese. [fonte FT]

Cina: riforma fiscale sugli expat, un terzo delle imprese americane pronte a lasciare Shanghai

Più di un terzo delle multinazionali di Shanghai starebbe valutando la possibilità di trasferire in tutto o in parte le proprie attività fuori dalla Cina o in un’altra città cinese quando le esenzioni fiscali sulle indennità per i dipendenti stranieri scadranno il prossimo anno. È quanto è emerso da un sondaggio della Camera di commercio americana (AmCham) di Shanghai, secondo la quale quasi il 70% delle 102 aziende intervistate ha affermato che la nuova legislazione renderebbe più difficile portare talenti stranieri altamente qualificati nella città, un hub per le multinazionali in Cina. In base alla riforma fiscale approvata da Pechino a fine 2018, le agevolazioni fiscali per le indennità per gli expat, comprese quelle disponibili per la formazione linguistica, l’alloggio e l’istruzione dei figli saranno eliminate dopo un periodo di transizione di tre anni, in modo da equiparare le condizioni lavorative tra lavoratori locali e stranieri. AmCham ha stimato che ciò costringerebbe una multinazionale di Shanghai a pagare ulteriori 785.000 yuan (119.000 dollari) di tasse per un dipendente straniero con due figli che riceveva un’indennità tipica di 960.000 yuan per alloggio e rette scolastiche all’anno. Il dipendente dovrebbe pagare una tassa supplementare di 432.000 yuan all’anno. Accanto a tasse più salate per le aziende ed i dipendenti stranieri, se Shanghai non attuerà misure per compensare questi costi fiscali significativi, alcuni quartieri tradizionalmente abitati da expat potrebbero svuotarsi, così come le scuole internazionali di Shanghai che, poiché impiegano un gran numero di personale straniero, dovrebbero aumentare il costo delle tasse scolastiche per poter continuare a proporre un’offerta formativa. Mentre la AmCham sta facendo pressioni per far slittare l’ implementazione delle norme fiscali di tre o cinque anni per consentire alle aziende di adeguarsi o ottenere sovvenzioni dal governo locale per far fronte a costi più elevati, le multinazionali più grandi stanno già pensando di trasferire tutti i loro talenti stranieri in regioni con politiche fiscali competitive a livello globale: tra le zone più gettonate vi sono la Greater Bay Area di Guangdong-Hong Kong-Macao e Singapore. [fonte SCMP]

Huawei si converte ai pagamenti digitali

Huawei Technologies Co.Ltd. ha ottenuto la tanto ambita licenza cinese per i pagamenti digitali non bancari, riuscendo così ad ottenere un punto d’appoggio nel settore fintech cinese, dominato dai colossi Tencent e Ant Group. Huawei ha ottenuto il permesso attraverso l’acquisizione della società di pagamenti di Shenzhen Xunlian Zhipay, già titolare di una licenza. Al momento non è chiaro come Huawei intenda utilizzare la licenza: secondo quanto dichiarato da un portavoce dell’azienda in un’intervista alla rivista Caixin, “Huawei ha realizzato questa acquisizione con l’obiettivo di offrire una gamma più ampia di servizi intelligenti sicuri e facili da usare”, ma nessun dettaglio è stato ancora svelato. Huawei è presente da anni nel campo dei pagamenti mobili, ma con la nuova licenza, Huawei potrebbe essere in grado di gestire negozi online con il proprio sistema finanziario, offrire servizi a pagamento attraverso la sua vasta gamma di apparecchiature senza pagare commissioni a società di pagamento di terze parti ed evitare una collaborazione con Alipay o WeChat in un momento in cui le autorità di regolamentazione cinesi hanno inasprito le normative che disciplinano il settore fintech. [fonte Caixin;GT]

Seoul e Pyongyang unite per ospitare le Olimpiadi del 2032

Il governo metropolitano di Seoul ha dichiarato giovedì scorso di aver notificato al Comitato Olimpico Internazionale (CIO) la sua offerta di co-ospitare le Olimpiadi estive 2032 in collaborazione con Pyongyang, la capitale della Corea del Nord. Il CIO ha per il momento scelto Brisbane, in Australia, per le Olimpiadi estive del 2032 in un annuncio a sorpresa il 25 febbraio, ma il governo sudcoreano e la città di Seoul hanno immediatamente espresso rammarico per la decisione e tenuto consultazioni con il CIO che hanno portato alla presentazione della proposta di co-hosting. Il presidente Moon Jae-in e il leader nordcoreano Kim Jong-un hanno deciso di cooperare per ospitare insieme le Olimpiadi del 2032 in base alla dichiarazione congiunta di Pyongyang, adottata nel settembre 2018: per la proposta di co-hosting, i due paesi hanno puntato su una visione denominata “Oltre la linea, verso il futuro” e cinque concetti principali, tra cui riduzione dei costi, minimo impatto ambientale, connessione e pace inter-coreana. [fonte Yonhap]