I titoli della rassegna di oggi:
-Un imprenditore sparisce, un imprenditore riappare
-Il nuovo capo del Pentagono debutta in Asia Orientale
-Corea del Sud: Ban Ki-moon non si candiderà
-Il ministero dell’Educazione sudcoreano celebra il dittatore Park con nuovi manuali di storia
-Trump chiude le porte ai paesi arabi, l’Asean le apre
Un imprenditore sparisce, un imprenditore riappare
Xiao Jianhua è stato rapito dalla polizia cinese. Anzi, era all’estero per delle cure e presto riapparirà a Hong Kong, dove risiede in maniera permanente da anni. Notizie discordanti sul miliardario fondatore di Tomorrow Group si rincorrono da quando nel weekend siti gestiti dalla diaspora cinese negli Usa ne avevano segnalato il fermo da parte delle autorità cinesi. Diverse fonti del Scmp – compresa la polizia di Hong Kong- ne avevano rilevato la partenza per Shenzhen venerdì scorso. La stessa famiglia di Xiao avrebbe prima richiesto l’aiuto degli agenti e poi ritirato la segnalazione avendo ricevuto rassicurazioni dall’uomo stesso. Due comunicati di Tomorrow Group, pubblicati su WeChat lunedì e martedì (e poi cancellati), smentiscono la versione della cattura da parte delle autorità della mainland e confermano il regolare andamento delle attività di business. Xiao che, secondo il portale Boxun, sarebbe riparato a Hong Kong nel 2014 per sfuggire a un’inchiesta lanciata da Xi Jinping, ha passaporto canadese e gode della «protezione diplomatica», come sottolineato dalla società finanziaria, che vanta contatti molto in alto nella gerarchia comunista. L’imprenditore risulta ambasciatore straordinario di Antigua e Barbuda dal 2015. La storia di Xiao ricorda per la sua opacità la storia dei cinque librai di Hong Kong prelevati dai servizi cinesi lo scorso anno, in un caso che ha messo ulteriormente in luce l’ingerenza di Pechino negli affari della regione amministrativa speciale.
Nelle stesse ore in cui le sorti dell’imprenditore rimangono incerte, un altro controverso tycoon riappare pubblicamente a 2 anni dalla sua scomparsa. E’ Guo Wengui, azionista di controllo di Beijing Zenith Holdings e Beijing Pangu Investment, accusato nel 2015 dalla stampa cinese di aver cospirato con alti funzionari, incluso l’ex capo dello spionaggio Ma Jian, indagato per corruzione quello stesso anno. Al tempo Guo aveva smentito che la sua partenza per gli Usa fosse in realtà una fuga dall’arresto, tuttavia non si sono più avute sue notizie da allora. L’uomo, comparso in una video intervista sul sito scandalistico Mingjing, ha accusato il suo rivale in affari, Li You, di aver riciclato denaro sporco per conto della leadership comunista. Li è stato condannato a 4 e mezzo di reclusione per insider trading e altri reati lo scorso novembre.
Il nuovo capo del Pentagono debutta in Asia Orientale
Comincia oggi la prima trasferta del capo del Pentagono James Mattis. Destinazione: Asia Orientale, non Medio oriente, come parevano suggerire i commenti di Trump sulla necessità di privilegiare la lotta al terrorismo, a discapito (si credeva) di un maggiore disimpegno dall’Asia-Pacifico. Il ritiro dalla Trans-Pacific Partnership indica certamente un ribilanciamento del Pivot to Asia, promosso da Obama. D’altra parte, appena assunto l’incarico Trump stesso ha provveduto a riaffermare le vecchie alleanze con Corea del Sud e Giappone (dove Washington tiene parcheggiati quasi 80mila soldati). Il premier nipponico Shinzo Abe tornerà a visitare gli States il 10 febbraio, dopo una prima visita ufficiosa avvenuta all’indomani della vittoria dell’imprenditore.
L’agenda di Mattis è dominata dalle nuove minacce missilistiche della Corea del Nord, in funzione delle quali Washington e Seul hanno convenuto di schierare in territorio sudcoreano il sistema antimissile Thaad, suscitando le ire di Pechino, già ai ferri corti con gli Usa per via dell’attivismo americano nel Mar cinese meridionale, dove il gigante asiatico e vicini rivieraschi si contendo la sovranità territoriale di alcune isole. In Giappone dall’1 al 2 febbraio, Mattis proseguirà per la Corea del Sud il 3 febbraio.
Corea del Sud: Ban Ki-moon non si candiderà
L’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon non si candiderà alle presidenziali, in agenda per il prossimo dicembre. Lo ha dichiarato quest’oggi dopo un incontro con i leader dei partiti conservatori. «Mi ritirerò dalla politica, mi dispiace di deludere molti», ha dichiarato alla stampa Ban, finora dato tra i favoriti. Gli altri due possibili candidati alla successione sono l’avvocato e attivista per i diritti civili Moon Jae-in del Partito democratico, sfidante di Park nel 2012, e il centrista Ah Cheol-soo. Entrambi sono più morbidi verso il regime nordcoreano e critici sul dispiegamento in Corea del Sud del sistema anti-missile statunitense Thaad.
Il ministero dell’Educazione sudcoreano celebra il dittatore Park con nuovi manuali di storia
Martedì, il ministero dell’Educazione sudcoreano ha reso nota la versione finale di nuovi libri di storia mirati a stimolare una visione positiva del passato nazionale e a correggere la prospettiva «troppo di sinistra» degli attuali. Destinati alle scuole medie e superiori, i nuovi libri, parrebbero tuttavia glorificare in maniera eccessiva i 18 anni di governo del dittatore Park Chung Hee, padre della presidente Park Geun Hye, accusata di impeachment e destituita a dicembre. Secondo molti, la versione aggiornata esalta sproporzionatamente il ruolo di Park senior nello sviluppo dell’industria coreana, ignorandone al contempo le sistematiche violazioni dei diritti umani. Anche se, date le numerose critiche, l’adozione dei nuovi testi sarebbe comunque lasciata alla discrezione delle singole scuole, l’opposizione parlamentare si sta battendo ferocemente per determinarne l’illegalità.
Trump chiude le porte ai paesi arabi, l’Asean le apre
I paesi dell’Asean sono pronti a capitalizzare gli inciampi diplomatici di Trump. E’ sopratutto il blocco sugli ingressi dai paesi arabi ad accrescere le aspettative di paesi asiatici con forti interessi in Medio Oriente. E’ il caso della Malaysia, paese a maggioranza musulmana che nel 2016 ha registrato 200mila arrivi da paesi quali Arabia Saudita, Iraq, Qatar e Emirati Arabi. A fare da traino è sopratutto il turismo medico e legato all’industria halal. Simili le aspettative della Thailandia che considera il Medio Oriente «un grande mercato» per il settore turistico. Allo stesso tempo, il clima ostile creato dalle politiche xenofobe del presidente americano ha già indotto molti in Asia a rimandare il proprio viaggio negli Stati Uniti (compresi i soggiorni studio), a cui verranno preferite mete alternative come Australia, Nuova Zelanda e Canada.
[Fotocredit: Financial Times]