La nostra rassegna quotidiana
Tutti gli uomini del presidente
Mentre è stata svelata la nuova composizione del partito comunista, bisognerà attendere che l’Assemblea nazionale del popolo si riunisca a marzo per sapere la ripartizione dei vari incarichi statali. Secondo i pronostici, tuttavia, Li Zhanshu (capo dello staff) diventerà presidente dell’Anp, Wang Yang (ex vicepremier), verrà posto a capo della conferenza politica consultiva, l’ideologo Wang Huning potrebbe guidare il segretariato del partito, e l’ex segretario generale di Shanghai diventare vicepremier. Se la tradizione verrà rispettata Li Zhanshu e Wang Yang saranno incaricati, tra le altre cose, di gestire i rapporti con Hong Kong.
Nessuno di loro parrebbe avere i requisiti per poter assumere la guida del partito scaduto il secondo mandato di Xi, né è ben chiaro quanti di loro siano “alleati” del leader che è anche capo della Commissione militare centrale. In un’ulteriore mossa accentratrice Xi ha nominato come suoi vice alla guida dell’esercito due generali con cui condivide stretti legami famigliari (Zhang Youxia e Xu Qiliang), mentre il numero complessivo dei membri della commissione è stato ridotto da otto a quattro. Anche la Commissione per la supervisione della disciplina risulta potenziata, nonostante la dipartita dell’influente zar Wang Qishan: sia il suo nuovo direttore Zhao Leji sia il suo braccio destro Yang Xiaodu risultano contemporaneamente membri del Politburo. E’ la prima volta che il vicepresidente della CCDI siede nell’autorevole organo.
Rimane inspiegata invece l’esclusione del vicepresidente Li Yuanchao, del capo della propaganda Liu Qibao e dell’ex segretario del Xinjiang Zhang Chunxian. I tre non sono stati riconfermati nel Politburo nonostante non abbiano raggiunto l’età massima del “pensionamento”: 68 anni.
Trump si congratula con Xi a pochi giorni dalla sua visita in Cina
Durante la sua visita in Cina (8–10 novembre), Donald Trump cercherà di concludere un accordi commerciali “tangibili” con Pechino, come quelli raggiunti da GE e Boeing a maggio in Arabia Saudita. Ma questioni come l’accesso al mercato cinese, le tariffe commerciali e la tutela dei diritti la proprietà intellettuale richiedono più tempo per essere risolte. A dirlo è il segretario al Commercio Wilbur Ross, che ieri nel corso del Paley International Council Summit, a New York, ha paragonato il consolidamento del ruolo di Xi Jinping durante il Congresso del Pcc a quello di Mao. Nonostante le critiche riservate dal tycoon durante la sua campagna elettorale, una volta insediatosi alla Casa Bianca il presidente americano è riuscito — con alti e bassi — a instaurare un rapporto “speciale” con Xi, tanto da averlo chiamato per congratularsi della sua riconferma alla guida del partito per i prossimi cinque anni. Secondo la Xinhua, Xi avrebbe detto a The Donald di voler lavorare a “un progetto congiunto per lo sviluppo futuro dei rapporti tra Cina e Usa” . Da parte sua, in un’intervista a Fox News, Trump ha descritto l’ascesa del leader come “qualcosa virtualmente mai accaduta in Cina”: “ora qualcuno potrebbe chiamarlo il re della Cina”.
In una mossa che rischia di rovinare l’idillio, il ministro della difesa taiwanese Feng Shih-kuan ha rivelato che il prossimo mese funzionari militari di Taipei incontreranno la controparte americana per discutere l’acquisto di nuove armi, prima volta dall’insediamento di Tsai Ing-wen che l’isola sottopone all’attenzione di Washington la propria lista dei desiderata.
E’ ancora mistero sulle sorti del librario Gui Minhai
Sparito nel nulla. Da quando la scorsa settimana è stato rilasciato dopo due anni di detenzione, del dissidente naturalizzato svedese Gui Minhai si sono perse le tracce. Avvertito della scarcerazione dalle autorità cinesi, nemmeno il personale diplomatico è stato in grado di trovare l’uomo. “Senza accesso alla sua famiglia e all’avvocato di sua scelta, [Gui] è a rischio di tortura”, riferisce Amnesty International ad Afp, “se è veramente libero, chiediamo al governo cinese di permettere immediatamente alla sua famiglia di contattarlo”. Gui era finito sotto i riflettori delle autorità cinesi nel 2015 per una serie di libri scandalistici sulla leadership cinese pubblicati dalla casa editrice di Hong Kong Causeway Bay Books, di cui è azionista. Di lui si sono perse le tracce mentre si trovava in Thailandia fino a quando nel febbraio 2016 è riapparso in un’autocritica televisiva in cui ammetteva le sue responsabilità in un incidente automobilistico anni prima. Più tardi in un altro intervento pubblico, Gui ha riconosciuto il proprio ruolo nel contrabbando di libri proibiti nella Cina continentale. Secondo il collega Lam Wing-kee, autore di un coraggioso racconto sul periodo di detenzione, Gui e gli altri tre librai sarebbero tutt’altro che liberi e si troverebbero “sotto stretta sorveglianza”.
Thailandia: l’ultimo addio a Bhumibol
Sono ufficialmente in corso i funerali di Bhumibol Adulyadej, il re thailandese spirato nell’ottobre 2016. Le celebrazioni, cominciate ieri con riti buddhisti presso il palazzo reale, sono proseguite quest’oggi con la cremazione della salma sulla pira reale, operazione eseguita dal figlio nonché erede al trono Maha Vajiralongkorn. La cerimonia, che si protrarrà per un totale di cinque giorni, ha attratto 250mila visitatori da ogni parte del paese e dignitari da 40 nazioni. Costati 90 milioni di dollari, i preparativi per l’ultimo saluto al sovrano sono durati ben un anno e testimoniano il rispetto per una figura considerata semidivina. In Thailandia, la famiglia reale è protetta da una delle leggi più restrittive del mondo.
L’Indonesia protesta contro la nuova legge antiradicalizzazione
Martedì, migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro la decisione del parlamento indonesiano di rendere legge un decreto presidenziale che mette al bando le organizzazioni civili contrarie alla laicità dello stato. Nel mirino Hizb-ut Tahrir Indonesia (HTI) e l’Islamic Defenders Front (FPI), gruppi favorevoli all’introduzione della Sharia a livello nazionale, che lo scorso anno avevano guidato una sollevazione popolare per detronizzare il governatore di Jakarta — cristiano e di origini cinesi — arrestato mesi fa per blasfemia dopo aver perso le elezioni. Secondo la nuova legge, chiunque “abbracci, sviluppi o diffonda un’ ideologia che sia in conflitto con l’ideologia di Stato rischia tra i sei mesi di carcere e l’ergastolo”. La decisione del parlamento arriva in un momento in cui il paese musulmano più popoloso al mondo mostra segni evidenti di una progressiva radicalizzazione, sfociata in diversi attacchi terroristici.