Domenica 10 ottobre si è celebrata la Festa nazionale a Taiwan, che ricorre il giorno dell’anniversario della Rivolta di Wuchang del 1911. I festeggiamenti sull’isola hanno avuto come protagonista una grande parata militare , accompagnata da un infiammato discorso della presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen. Nel suo discorso, Tsai ha affermato che Taiwan continuerà a rafforzare la difesa nazionale e “dimostrare la [sua] determinazione a difendersi”, per garantire che nessuno possa costringere l’isola a seguire la strada “che la Cina ha tracciato”. Tsai ha altresì riaffermato il diritto all’autodeterminazione per i 23 milioni di cittadini taiwanesi, elogiando la crescita economica di Taiwan e la sua indipendenza economica dalla Cina continentale. La parata aerea taiwanese sembrerebbe un atto di simbolica ribellione contro gli eventi dello scorso fine settimana, quando l’Esercito di liberazione del popolo (PLA) ha fatto volare circa 150 aerei nella zona di identificazione della difesa aerea di Taiwan , in quello che gli Stati Uniti hanno definito un atto di intimidazione “provocatorio”. Sabato scorso, Xi Jinping aveva inoltre dichiarato che la Cina perseguirà l’obiettivo di riunificazione pacifica con Taiwan, ma il discorso di Tsai non ha mancato di scatenare la risposta seccata di Pechino, che ha criticato la presidente taiwanese per incitare il popolo al “confronto” con la Cina, nonché per presentare “fatti distorti”. [fonte ST; TheGuardian]
USA – Cina: riparte il dialogo, ma la guardia resta alta
In un’intervista con l’emittente in lingua cinese Phoenix TV , l’ambasciatore cinese negli Stati Uniti, Qin Gang, ha risposto alle parole del direttore della CIA William Burns, che ha definito la Cina “la più importante minaccia geopolitica che affrontiamo nel 21° secolo”. Qin ha affermato che l’osservazione di Burns è testimone del fatto che gli USA stanno continuando ad usare un playbook risalente alla guerra fredda, “travestito da film di 007”, secondo una trascrizione dell’intervista pubblicata sabato sul sito web dell’ambasciata cinese. Secondo Qin, entrambi i paesi dovrebbero “evitare problemi di comunicazione, errori di calcolo e conflitti non intenzionali” per rimettere in carreggiata le relazioni bilaterali. I due paesi hanno cercato di allentare le tensioni nell’ultima settimana, con i massimi consiglieri diplomatici Yang Jiechi e Jake Sullivan che si sono incontrati in Svizzera mercoledì per trovare il modo di gestire le rivalità nazionali. Il vicepremier Liu He ha anche dialogato venerdì scorso con la rappresentante commerciale degli Stati Uniti Katherine Tai, per spingere gli Stati Uniti ad annullare i dazi.
La videochiamata è stata la seconda occasione per i leader di intrattenere una discussione su questioni economiche e commerciali dalla loro prima conversazione telefonica a fine maggio. Descrivendo la videochiamata come comprensiva di scambi “pragmatici, sinceri e costruttivi”, il ministero del Commercio cinese ha affermato che le due parti dovrebbero rafforzare gli scambi e la cooperazione bilaterale, economica e commerciale.
Sebbene i dialoghi marchino un leggero allentamento della tensione sino-americana, la Cina mantiene alta la guardia: punti critici rimangono le difficoltà vissute dalle aziende cinesi, che riescono con fatica ad investire negli Stati Uniti e quotarsi sui mercati azionari statunitensi in nome della sicurezza nazionale. Restrizioni anche per gli studenti cinesi in arrivo negli USA: venerdì scorso il consolato cinese a Los Angeles ha avvertito i propri studenti di prestare attenzione ai rischi che possono incontrare quando entrano o escono dal paese. Tra le domande poste agli studenti vi sono lo scopo del loro studio negli Stati Uniti, il loro rendimento scolastico passato, i loro precedenti datori di lavoro, i loro precedenti disciplinari l’eventuale presenza di ” dati di laboratorio plagiati”. La Cina è la più grande fonte di studenti internazionali per gli Stati Uniti, con 470.000 studenti nel paese nel 2019, secondo i dati ufficiali. Tuttavia, il numero è diminuito di quasi 92.000 l’anno scorso, poiché molti sono tornati a casa e le missioni statunitensi hanno sospeso i servizi di visto di routine a causa della pandemia. [fonte Caixin; SCMP; SCMP]
Afghanistan: uiguri dietro all’attacco terroristico di Kunduz?
Venerdì scorso un orribile bombardamento nella provincia settentrionale afgana di Kunduz ha ucciso decine di persone mentre pregavano in una moschea. È il peggior attacco nel Paese dal ritiro degli Stati Uniti ed è stato rivendicato dall’ISIS-K, lo Stato Islamico Khorasan, una branca dell’ISIS operante in Afghanistan. Oltre alla gravità dell’attacco, a sorprendere è anche il fatto che l’ISIS-K abbia dichiarato che uno dei terroristi responsabili era di etnia uigura. Sebbene l’affermazione dell’ Isis-K non sia stata verificata, è la prima volta che il gruppo collega un attentatore a un gruppo etnico in Cina, e non per caso: secondo Raffaello Pantucci, senior fellow della S. Rajaratnam School of International Studies di Singapore, ha affermato che la Cina è vista come un attore importante in Afghanistan e che, giocando sull’identità uigura dell’attentatore, Isis-K potrebbe cercare di espandere la sua influenza e attirare l’attenzione non solo dalla Cina ma anche dal mondo. Quindi, per i gruppi terroristici trasmettere un messaggio che attacca la Cina è un buon modo per attirare l’attenzione su di sé.
Da quando hanno preso il controllo di Kabul, i talebani hanno cercato di evitare che la Cina sostenesse il Movimento islamico del Turkestan orientale (ETIM), che Pechino sostiene essere una “mano nera” responsabile della violenza e il terrorismo in Xinjiang. Il portavoce dei talebani Suhail Shaheen ha dichiarato il mese scorso che molti membri dell’ETIM avevano lasciato l’Afghanistan perché i talebani avevano categoricamente proibito loro di usare l’Afghanistan contro altri paesi, compresi i suoi vicini, secondo quanto affermato dal tabloid cinese Global Times. L’ETIM è stato cancellato dalla lista dei gruppi terroristici dagli Stati Uniti lo scorso anno e il suo successore, il Partito Islamico del Turkestan, ha legami con al-Qaeda. Pechino stima che in Siria combattessero per l’Isis dai 4.000 ai 5.000 militanti uiguri. [fonte SCMP]
Cina: giornalista arrestato per aver criticato un blockbuster “patriottico”
Ancora polemica attorno al film “Battaglia al Lago Changjin”, che descrive la sconfitta americana contro l’esercito cinese durante la guerra di Corea. A far scalpore questa volta è l’arresto di un giornalista cinese, Luo Chanping, per aver criticato l’intervento della Cina quando le truppe della Corea del Nord erano sull’orlo della sconfitta dopo aver invaso il Sud.
Secondo la dichiarazione della polizia, Luo è stato accusato in base al un nuovo codice penale entrato in vigore quest’anno, che rende la diffamazione dei martiri politici un crimine punibile con una pena detentiva fino a tre anni. “Il cyberspazio non è un luogo senza legge”, afferma la dichiarazione, che conferma inoltre che l’account di Luo su Weibo è stato bloccato e il post offensivo cancellato. Luo Changping si è costruito una reputazione come giornalista scomodo in Cina, un luogo in cui pochi osano perseguire la vocazione, tanto da essere stato costretto a lasciare l’industria nel 2014. Il suo arresto è avvenuto giovedì scorso ed al momento non è stato possibile ottenere informazioni riguardo alla pena che gli spetta. [fonte NYT]
A cura di Sharon De Cet
Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.