Per la prima volta l’intelligence americana ha confermato di ritenere che il coronavirus all’origine della pandemia non è stato creato o geneticamente modificato in laboratorio. Ma serviranno ulteriori indagini per appurare quale sia stato il fattore scatenante. “La (Comunità di intelligence) continuerà a esaminare rigorosamente tutte le informazioni per determinare se l’epidemia è iniziata attraverso il contatto con animali infetti o se è stato il risultato di un incidente in un laboratorio a Wuhan”, recita il comunicato dell’Office of the Director of National Intelligence. Ma, per Trump, prove evidenti permettono di sostenere con “un alto grado di certezza” che il virus provenga effettivamente dall’Istituto di Virologia di Wuhan. Secondo le ricostruzioni del NYT, le pressioni dell’amministrazione sui servizi americani si possono far risalire a gennaio, quando il consulente per la sicurezza nazionale Matthew Pottinger ha cominciato a chiedere espressamente ai servizi americani di rintracciare un collegamento diretto tra il Sars-cov-2 e uno dei due laboratori presenti a Wuhan. Intanto varie agenzie governative si starebbero coordinando per presentare a Pechino una richiesta di risarcimento. Il primo passo, suggeriscono gli esperti, sarà sottrarre alla Cina l’immunità sovrana. [fonte: WaPo, NYT SCMP, ]
Rapporto sulla disinformazione: Borrell conferma le pressioni cinesi
Pechino ha cercato di influenzare l’esito del rapporto sulla disinformazione redatto dal Servizio europeo per l’azione esterna. Durate un’audizione di fronte alla commissione Affari esteri dell’Europarlamento, il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha risposto alle accuse, secondo le quali l’Ue avrebbe ammorbidito l’ultima pubblicazione del report in seguito alle lamentele del governo cinese. Secondo Borrell, Pechino avrebbe “espresso preoccupazione attraverso canali diplomatici”, ma nessun cambiamento è stato introdotto nel testo – che cita chiaramente la Cina – per compiacere il governo comunista. E prosegue: esistono due diversi documenti, uno esclusivamente ad uso interno e l’altro elaborato per la pubblicazione. Nel primo confluiscono una serie di riflessioni che necessitano accurate verifiche prima di essere pubblicate, “proprio per evitare incidenti diplomatici. Posso garantire che nessuna modifica è stata apportata alla prima versione a causa delle preoccupazioni espresse dalla Cina”. [fonte: SCMP]
Covid costerà al box office cinese oltre 4 miliardi di dollari
Oltre 4,20 miliardi di dollari. A tanto ammontano le perdite a cui dovrà far fronte quest’anno l’industria cinematografica cinese a causa di covid, secondo calcoli della National Film Administration. L’imposizione del lockdwon ha coinciso con l’inizio del Capodanno lunare, periodo normalmente contraddistinto dal lancio di nuovi film e massima affluenza nelle sale. Un tentativo di riapertura dei cinema nel mese di marzo è fallito dopo pochi giorni a causa dell’emergere di nuove infezioni in varie parti del paese. Gli incassi tra gennaio e febbraio sono stati di 3,9 milioni di dollari contro gli 1,52 miliardi del 2019. La Cina perde così l’occasione di mettere a segno il tanto atteso sorpasso sul box office americano, pronosticato tre anni fa da Deloitte. Le autorità promettono misure di sostegno e una riforma del settore. [fonte: Reuters]
Huawei verso la guida autonoma
“Carovane” tengono viva la catena di distribuzione tra Europa e Asia
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.