Gli Stati Uniti si apprestano ad alzare le tariffe su 200 miliardi di merci cinesi dal 10% al 25% in risposta alla “lentezza” con cui procedono i colloqui commerciali con Pechino. E’ quanto annunciato in un tweet da Donald Trump, secondo il quale la misura verrà introdotta già a partire da venerdì mentre non è escluso che le sanzioni vengano estese a ulteriori 325 miliardi di dollari al momento esenti da tariffe. Da dieci mesi a questa parte, la Cina è soggetta a dazi del 25% su 50 miliardi di dollari di tecnologia avanzata e del 10% su 200 miliardi di dollari di altri prodotti. L’annuncio – che segna una brusca inversione rispetto ai segni incoraggianti delle ultime settimane – avrebbe già innescato la risposta stizzita di Pechino. Secondo fonti di WSJ e Bloomberg – parzialmente confermate da un tweet del caporedattore del Global Times – il governo cinese avrebbe annullato l’imminente visita del vice premier cinese Liu He a Washington. Liu era atteso mercoledì con al seguito un centinaio di funzionari per ultimare i dettagli di un accordo prima della firma finale di Trump e Xi Jinping. Mentre non è escluso che The Donald stia riproponendo la strategia della “massima pressione” già sfoggiata con la Corea del Nord, i dati incoraggianti dell’economia americana potrebbero aver reso la finalizzazione di un accordo meno impellente per il presidente in cerca di una riconferma elettorale. Tanto più che secondo Trump la guerra commerciale starebbe fruttando al Tesoro miliardi di dollari [fonte: WSJ, Bloomberg, Scmp]
Nel frattempo, a rimarcare la trasversalità delle frizioni tra le due parti, questa mattina i cacciatorpediniere statunitensi Preble e Chung Hoon si sono spinti entro le 12 miglia nautiche da Gaven e Johnson Reef, nell’arcipelago conteso delle Spratly, “per contestare pretese marittime eccessive e preservare l’accesso ai corsi d’acqua come stabilito dal diritto internazionale” [fonte: Reuters]
Usa, Russia e Cina insieme contro la proliferazione nucleare?
Trump e Putin stanno discutendo la possibilità di siglare un accordo per limitare lo sviluppo di armi nucleari. E la Cina potrebbe dare la propria adesione. E’ quanto suggerito dal presidente americano dopo una telefonata con il capo del Cremlino. Nel 2021 scadrà il nuovo trattato START del 2011, l’unico accordo che prevede un limite massimo al numero di armi e mezzi di cui Stati Uniti e Russia possono dotarsi, oltre a richiedere una notevole trasparenza con controlli da ambo le parti. Ma per Trump si tratta di un “bad deal” e l’occasione di coinvolgere Pechino – come nel caso del trattato Inf – è più che mai ghiotta. La controparte cinese avrebbe mostrato un certo interesse, ma gli analisti dubitano che il gigante asiatico sia disposto a rinunciare al proprio arsenale, già molto limitato rispetto a quello di Mosca e Washington [fonte: Reuters, Scmp]
Pechino guida la corsa al 5G
Con il 34% dei brevetti depositati a livello mondiale, la Cina si appresta a dominare il mercato 5G con un certo vantaggio sulle altre potenze tecnologiche mondiali. La Corea del Sud ha registrato un quarto dei principali brevetti 5G, mentre la quota delle società giapponesi e statunitensi rivela una flessione rispetto ai numeri del 4G. I “brevetti essenziali” (SEP) sono determinanti nel controllo dell’industria, dal momento che le aziende incaricate di costruire apparecchiature 5G sono tenute a pagare royalties ai titolari dei brevetti, che potranno così accrescere la propria competitività abbassando i costi dei propri prodotti. Contando per il 15% del totale, Huawei è la prima compagnia cinese per numero di SEP, seguita da ZTE e dalla China Academy of Telecommunications Technology, rispettivamente al quinto e al nono posto. Secondo il Nikkei Asian Review, l’ascesa della Cina segna un netto cambiamento rispetto all’era 3G e 4G, quando a il mercato era prevalentemente nelle mani di Stati Uniti ed Europa [fonte: Nikkei]
Incoronato il nuovo re thailandese
Questo pomeriggio alle 16,30 orario di Bangkok, il re tailandese Maha Vajiralongkorn e la regina Suthida appariranno sul balcone del Grande Palazzo Reale per salutare il pubblico a conclusione del rituale d’incoronazione durato tre giorni. La cerimonia, allestita a oltre due anni dalla morte del padre Bhumibol Adulyade, ha avuto un costo di circa 31 milioni di dollari ed è la prima incoronazione di un sovrano thailandese in quasi 70 anni. Lo sfarzo delle celebrazioni – culminate nell’apposizione di una corona in oro e diamanti del peso di 7,3 kg e antica oltre due secoli – rispecchia l’opulenza della famiglia reale dell’ex Siam. Secondo Business Insider, infatti, il patrimonio personale di Vajiralongkorn ammonterebbe ad oltre 30 miliardi di dollari, somma che lo rende il monarca più ricco al mondo, sebbene in termini di ricchezze famigliari la monarchia thailandese sia solo quinta a livello globale [fonte: DPA, Reuters]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.