I titoli della rassegna di oggi:
– Tokyo condanna esercitazioni cinesi sullo stretto di Miyako
– Cina: studi legali responsabili per il comportamento degli avvocati
– Cina: scoperchiata la frode dei tassisti zombie di Uber
– L’estinzione forzata degli ebrei di Kaifeng
– Disertrici nordcoreane, vendute come spose in Cina, vogliono riconosciuto il loro status
– Giappone: mezzo milione di giovani vive in reclusione volontaria
Tokyo condanna esercitazioni cinesi sullo stretto di Miyako
Il Giappone rimane in allerta all’indomani del passaggio di otto aerei cinesi nello spazio aereo internazionale, all’altezza dello stretto che separa l’isola giapponese di Okinawa da quella di Miyako. Si tratta della prima incursione da parte di caccia cinesi, sebbene aerei militari spia abbiano già sorvolato l’area in passato. Secondo i media di Pechino, l’esercitazione militare di domenica ha coinvolto una quarantina di velivoli, compresi caccia e bombardieri. Un numero senza precedenti per questo genere di operazioni nel Pacifico occidentale, commentano gli esperti. Durante l’esercitazione gli aerei cinesi non hanno mancato di pattugliare la zona di identificazione aerea stabilita nel 2013 in barba alle lamentele di Usa e vicini asiatici.
«Non vi è alcun cambiamento di (posizione da parte del governo), sul fatto che non possiamo assolutamente accettare la designazione dello spazio aereo sulle isole Senkaku, territorio intrinsecamente del Giappone, come se si trattasse dello spazio aereo cinese», ha dichiarato quest’oggi il capo di Gabinetto nipponico Yoshihide Suga.
Cina: studi legali responsabili per il comportamento degli avvocati
Continua la stretta di Pechino sulla società civile. Sulla scia di un recente emendamento, da novembre gli studi legali saranno responsabili dei «commenti fuorvianti», che "creano scontento nei confronti del partito», pronunciati dagli avvocati. Saranno ugualmente sanzionabili nei casi in cui i legali firmino lettere aperte o tengano incontri per «esercitare pressione sugli organi giudiziari" – pratiche che in passato hanno portato anche alla salvifica riapertura di casi precedentemente terminati con sentenze errate. Tra le pene previste compare la possibile revoca della licenza.
L’inasprimento dei regolamenti arriva a circa un mese dalla condanna tra tre e sette anni di quattro avvocati-attivisti reduci dal giro di vite del luglio 2015, che ha visto finire nel mirino lo studio Fengrui e i suoi collaboratori, sospettati di sovversione del potere dello stato in combutta con paesi stranieri.
Cina: scoperchiata la frode dei tassisti zombie di Uber
In diverse città della Cina, tra cui Tianjin, Qingdao, Chengdu, Xiamen, Beijing e Shanghai, si aggirano «tassisti fantasmi». Almeno questo è quanto sembrerebbe dalle inquietanti immagini profilo apparse sull’app di Uber Cina. Dopo i reclami di alcuni passeggeri, gli accertamenti hanno portato alla scoperta di una truffa inscenata da alcuni dipendenti della nota società di trasporti. In pratica i tassisti ritoccavano appositamente le loro foto in modo da apparire degli spaventosi zombie con volti pallidi e labbra livide. Lo scopo era quello di spingere i clienti a cancellare la prenotazione, un’operazione che prevede comunque il pagamento di una multa pari a pochi yuan di cui beneficiano gli autisti. Inoltre in alcuni casi, – raccontano i truffati- una volta accettata la richiesta sull’app la corsa risultava partita ancora prima dell’arrivo della macchina.
Non è la prima volta che in Cina Uber diventa veicolo di truffe, richiamando l’attenzione sulle modalità di selezione del personale. Secondo il Shenzhen Evening News, 40 degli autisti indagati dalle autorità locali erano già ricercati per reati, 2192 avevano alle spalle precedenti di droga e crimini gravi, 1479 erano in possesso di licenze «irregolari", mentre 6000 vetture non sarebbero risultate in linea con gli standard.
L’estinzione forzata degli ebrei di Kaifeng
Dopo i tibetani e i musulmani il regime di Xi Jinping ha preso di mira anche gli ebrei. Succede a Kaifeng, antica capitale imperiale situata nella Cina centrale, dove mercanti in arrivo dalla Persia gettarono i semi del giudaismo. Nell’ultimo anno le organizzazioni locali incaricate di promuovere la cultura ebraica sono state chiuse, mentre ai fedeli è stata negata la possibilità di organizzare raduni per celebrare le varie festività. Nella città sono circa 1000 le persone in grado di vantare antenati ebrei, solo 100-200 però quelle dedite alla religione ebraica. Un numero esiguo che tuttavia in un periodo di crescente sospetto verso le influenze straniere nel paese è bastato a innescare una campagna di annientamento culturale, che non sembra avere nulla a che fare con l’antisemitismo.
Disertrici nordcoreane, vendute come spose in Cina, vogliono riconosciuto il loro status
Tra l’8 e i 18 ottobre quattro fuggiasche nordcoreane si recheranno negli Stati Uniti per sollevare l’attenzione internazionale sulle loro storie e dare voce a tutte quelle donne che, dopo essere state vendute come mogli in Cina, sono scappate in Corea del Sud per tentare invano di rifarsi una vita. Quella della vendita di mogli nordcoreane a uomini cinesi è una pratica decollata negli anni ’90, quando una terribile carestia colpì il Regno eremita. Ma che ancora ben si adatta alla carenza di donne che affligge la società cinese. Inizialmente le nordcoreane venivano adescate dai contrabbandieri con promesse di cibo e lavoro, altre volte venivano persino rapite. Col tempo tuttavia è cresciuto il numero di donne disposte a vendersi con la speranza di trovare oltreconfine condizioni di vita migliori.
Negli ultimi anni il traffico di spose nordcoreane è diminuito ma si stima siano migliaia quelle ancora in Cina, di cui la maggior parte illegalmente. Alcune hanno invece preferito fuggire in Corea del Sud lasciando in Cina i figli per sfuggire agli abusi del marito e scongiurare un rimpatrio da parte di Pechino. Tuttavia, molte sono quelle tutt’oggi costrette a nascondersi a causa del loro passato disdicevoli.
Giappone: mezzo milione di giovani vive in reclusione volontaria
Secondo un sondaggio pubblicato dal governo giapponese, più di mezzo milione di giovani ha scelto di vivere in reclusione, senza uscire di casa o interagire con le altre persone per almeno sei mesi. Secondo il ministero della Sanità, del Lavoro e del Welfare, delle 541.000 persone tra i 15 anni ei 39 che rientrano in questa categoria, il 34% hanno trascorso minimo sette anni in auto-isolamento, mentre un altro 29% ha vissuto in stato di reclusione da tre a cinque anni. Il fenomeno noto in giapponese come hikikomori è emerso negli anni ’90 (al tempo stando alle autorità erano circa un milioni i ventenni rubricabili in tale categoria) e interessa soprattutto gli uomini, soggetti a maggiori pressioni sociali, specialmente da un punto di vista lavorativo. Sebbene le statistiche mostrino una riduzione del numero degli hikikomori, tuttavia si tratta di numeri probabilmente sottostimati considerato che le fascia d’età presa in esame è quella tra i 15 e i 30 anni, mentre gli esperti evidenziano in molti casi una piena maturazione del disturbo intorno ai 45.