In Cina e Asia – Accordo di libero scambio nel Pacifico

In by Gabriele Battaglia

Stati Uniti e 11 paesi raggiungono l’accordo sul Tpp, che diventerà la più grande area di libero scambio della storia. Il vice governatore della banca centrale cinese, Yi Gang, chiede alle autorità della Rpc di varare una Tobin Tax per evitare speculazioni sullo yuan. In India è polemica per il linciaggio di Mohammad Akhlaq, sospettato di aver mangiato e conservato carne bovina. L’uccisione di un operatore giapponese in Bangladesh e lo spauracchio Isis. Monaci in piazza in Myanmar contro il partito di Aung San Suu Kyi e le sue proposte di legge. STATI UNITI/ASIA – Accordo sul Tpp

Dopo cinque giorni di negoziati 24 ore su 24, gli Stati Uniti e altri 11 paesi affacciati sull’Oceano Pacifico — l’equivalente del 40 per cento dell’economia mondiale — hanno trovato l’accordo per il più grande trattato di libero scambio nella storia.
Il Trans-Pacific Partnership (Tpp) elimina oltre 18mila tariffe di importazioni e altre barriere al commercio internazionale poste dai paesi membri alle importazioni dagli Stati Uniti su prodotti agricoli, alimentari, automobili, informatica, dei beni di consumo, prodotti chimici e fertilizzanti. Il Tpp stabilisce inoltre standard comuni su lavoro, proprietà intellettuale, accessibilità di Internet e protezione ambientale.
L’accordo è tema sensibile in Giappone, dove con il Tpp cadono barriere che hanno protetto il mercato nazionale dalle importazioni in settori come l’automotive, e l’agroalimentare — in particolare per quanto riguarda riso e carne suina. L’accordo sul Tpp spingerà inoltre paesi come Vietnam e Malaysia a pesanti riforme interne, in particolare su liberalizzazioni e rispetto dei diritti dei lavoratori. I dettagli dell’accordo saranno disponibili nell’arco dei prossimi trenta giorni.
Anche se l’accordo dovrà essere sottoposto al voto del Congresso statunitense, l’accordo di oggi è uno dei più importanti obiettivi strategico-commerciali raggiunti dalla presidenza Obama. Con il Tpp infatti, scrive il New York Times, Washington riorienta il focus della propria strategia di politica estera verso l’Asia-Pacifico, costruendo un blocco commerciale contro la crescente influenza politico-economica cinese nell’area.

CINA – Ipotesi Tobin Tax

Secondo il vice governatore della banca centrale cinese, Yi Gang, le autorità devono varare una specie di Tobin Tax, a scopo punitivo, se vogliono dissuadere gli speculatori valutari che potrebbero attaccare lo yuan nel momento della sua internazionalizzazione.
Le misure potrebbero includere una tassa punitiva sui cambi in valuta estera e l’imposizione di tasse "di trattamento" per contrastare i flussi di capitali a breve termine. Yi ha espresso le proprie idee in un articolo sulla rivista China Finance, pubblicazione della People’s Bank. E’ di fatto un rispolvero dell’idea di una Tobin tax secondo caratteristiche cinesi, che Yi aveva già menzionato circa un anno fa.

INDIA – Linciato per il manzo, una polemica nazionale

Il linciaggio della scorsa settimana di Mohammad Akhlaq, ammazzato per il sospetto di aver mangiato e/o conservato carne di mucca, ha rilanciato il dibattito nazionale sulle "communal tension", le violenze intercomunitarie che da decenni vedono la minoranza musulmana vittima dell’estremismo hindu interno (e, più raramente, viceversa). Il partito di governo, nel silenzio di Narendra Modi, sta cercando di svincolarsi descrivendo l’episodio come un "incidente". Ma la folla, aizzata dalle parole dell’autorità religiosa hindu locale, secondo le indagini comprenderebbe diversi parenti di un politico locale del Bjp, il partito di governo guidato dal premier Modi, che nell’ultimo anno ha dato seguito a una serie di leggi restrittive nei confronti della macellazione bovina appoggiandosi sulla sacralità dell’animale per la religione hindu. Sacralità non condivisa dal resto da diverse minoranze eligiose ed etniche.

GIAPPONE – Agronomo ucciso in Bangladesh, torna lo spauracchio Isis

Un tecnico agrario giapponese è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nel nord del Bangladesh, a meno di una settimana dall’uccisione di un cittadino italiano.
L’attacco portato da tre uomini armati e mascherati è stato rivendicato dal gruppo islamista dello Stato islamico, che avrebbe una cellula in Bangladesh. Mentre arrivano Dakka smentisce la presenza di IS in Bangladesh, in Giappone ci si interroga sul perché un incidente del genere sia avvenuto in un paese "amico" del Giappone – che dispensa al Bangladesh aiuti allo sviluppo e investimenti esteri – e su chi sia il responsabile. L’uccisione dell’uomo arriva ad alcuni mesi di distanza dall’uccisione di due cittadini giapponesi in Siria (il giornalista Kenji Goto e il contractor Haruna Yukawa) e a pochi giorni dall’entrata in vigore di una nuova serie di leggi per la sicurezza nazionale che permetterebbero all’esercito giapponese di intervenire all’estero in soccorso di cittadini giapponesi in difficoltà.

MYANMAR – La marcia dei monaci

Non è stata una replica del 2007, quando la cosiddetta rivoluzione zafferano prese il nome dal colore delle tuniche dei manaci buddhisti in marcia per denunciare la dittatura militare birmana. Migliaia di monaci e loro sostenitori hanno manifestato nel weekend nel Paese dei pavoni, convocati dalle frange più fondamentaliste del clero buddhista, quando manca poco più di un mese alle elezioni politiche. I monaci si stanno dimostrando una forza cruciale in vista del voto di novembre, promotori di una legge sulla razza e sulla religione che colpisce donne e minoranza musulmana. Bersaglio delle loro critiche è in particolare la Lega nazionale per la democrazia guidata dalla premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, che ha sua volta non ha tuttavia saputo prendere una posizione netta a favore delle fasce più a rischio e discriminate della società birmana. 

[Foto credit: guardian.com]