La nostra rassegna quotidiana
Tariffe: Pechino ammortizza il colpo
All’indomani dell’annuncio di nuove tariffe commerciali made in Usa, Pechino si appresta a intervenire su più fronti per attenuare gli effetti nefasti della guerra commerciale. Non si parla solo di dirottare le proprie attenzioni verso altri paesi concorrenti come Brasile, Russia e nazioni del Sudest asiatico. Il ministero del Commercio ha anche annunciato di voler utilizzare quanto ricavato dai dazi sull’import statunitense per mitigare i costi delle industrie cinesi più colpite, mentre saranno previsti rimborsi per le importazioni di soia destinate alle riserve statali gravate da dazi del 25%. Nel frattempo a livello locale vengono messe in campo misure anche più ingegnose. Nella provincia del Guangxi, al confine con il Vietnam, si parla già di istituire zone economiche speciali cross-border in cui le aziende cinesi saranno in grado di assemblare i loro prodotti destinati all’export rubricandoli come “made in Vietnam” e attingendo a manodopera a basso costo dall’altra parte del confine.
Ecco come la voce di Pechino raggiunge la diaspora cinese
Nei calcoli geopolitici di Pechino la diaspora cinese — che ammonta a 60 milioni di unità — costituisce un ruolo sempre più rilevante. E quale modo migliore di influenzare la comunità d’oltremare se non attraverso i media?! Secondo un’inchiesta del Financial Times, gli organi d’informazione comunisti hanno ormai stretto accordi con almeno 200 pubblicazioni indipendenti in giro per il mondo per la propagazione di contenuti “ufficiali”. Un’inversione a U rispetto al secolo scorso, quando la stampa d’oltreconfine era legata a doppio filo all’informazione libera di Hong Kong e Taiwan. L’estensione tentacolare della voce del Partito si fa sentire anche più in quei paesi di importanza strategica — come Australia, Nuova Zelanda e Canada — dove negli ultimi anni l’ingerenza cinese negli affari interni è diventata motivo di apprensione per la classe dirigente locale.
Le 12 nordcoreane erano state rapite
Un alto funzionario dell’Onu ha chiesto la riapertura del caso delle 12 nordcoreane fuggite nel 2016 da Ningbo, la città cinese presso cui lavoravano come cameriere in un ristorante. All’epoca il caso — considerato la diserzione volontaria più eclatante degli ultimi anni — fu pompato dal governo sudcoreano della conservatrice Park Geun-hye particolarmente ostile verso il regime del Nord. Ma per Pyongyang si tratterebbe di un rapimento ordito dai servizi segreti di Seul. Recenti deposizioni sembrerebbero confermare tale versione, avvalorata tanto dalla confessione del manager del ristorante tanto dalla testimonianza di alcune delle donne coinvolte. Secondo quanto affermato durante una conferenza stampa a Seul dal Tomás Ojea Quintana, relatore speciale delle Nazioni Unite, “alcune di loro sono state portate nella Repubblica di Corea senza sapere dove stavano andando”. Per Ojea Quintana ora il governo sudcoreano “ha il dovere e la responsabilità di indagare”. Dal 1990 a oggi 30mila nordcoreani sono fuggiti al Sud. Per Seul, tutti volontariamente.
Il sogno turistico di Kim
Pochi minuti dopo aver congedato Kim Jong-un, Trump ha intrattenuto la stampa internazionale confluita a Singapore magnificando le potenzialità economico della Corea del Nord, soprattutto delle sue coste e del suo mercato immobiliare. Il giovane leader sembrerebbe, tuttavia, non aver bisogno di suggerimento a riguardo. Secondo gli esperti, infatti, la rinascita economica del Regno Eremita — sanzioni permettendo — sarà guidata proprio dal turismo, un mezzo tutto sommato poco costoso in termini di apertura politica. Il settore ha subito una battuta d’arresto quando nel 2008 una visitatrice sudcoreana è stata accidentalmente uccisa dai militari del Nord mentre si trovava sul monte Geumgang. Ma sono tempi lontani. Da ormai un anno il governo di Pyongyang lavora alacremente allo sviluppo di un massiccio progetto vacanziero nella città costiera di Wonsan, 180 km dalla capitale. Da gennaio a oggi sono stati tirati su circa un centinaio di nuovi edifici. I lavori dovrebbero terminare entro il 15 aprile del prossimo anno. Secondo un prospetto del 2015, il regime prevede di investire 7,8 miliardi di dollari nel progetto entro il 2025 con l’obiettivo di attirare 1 milione di turisti stranieri, preziosa fonte di valuta forte.