La Cina starebbe valutando seriamente la soluzione militare per portare a termine la riunificazione di Taiwan. E’ quanto sostenuto da un alto funzionario taiwanese citato dal Financial Times, secondo il quale ormai valutazioni dei costi militari e politici di un’invasione armata vengono condotte su “base quotidiana”. Il sostegno americano a Taipei è il fattore che finora ha spinto Xi Jinping e compagni a rimandare l’invasione. Da quando lo scorso gennaio il presidente cinese ha proposto l’estensione del concetto “un paese due sistemi” a includere Tawian, le relazioni tra le due Cine sono state percorse da nuove ostilità. L’attivismo di Washington nella regione non ha fatto che complicare il quadro. Intanto, le proteste a Hong Kong ricordano quanto sia difficile mantenere la stabilità alle periferie dell’ex Celeste Impero. Solo pochi giorni fa la guarnigione dell’Esercito popolare di liberazione dislocata nell’ex colonia britannica ha effettuato nuove esercitazioni militari per riaffermare la sovranità cinese in tempi di disobbedienza civile [fonte: FT]
Riforme e apertura per vincere la guerra commerciale
In tempi di guerra commerciale, sarà solo una maggiore liberalizzazione del mercato interno a salvare la Cina. Incoraggiati dal messaggio “business-friendly” rilasciato da Xi Jinping durante il G20, negli ultimi giorni, accademici e consulenti del governo sono usciti allo scoperto per dire la loro. A parlare, tra gli altri, troviamo Cai Fang, vicedirettore dell’Accademia cinese delle scienze sociali, Wang Yizhou, docente di relazioni internazionali presso la Peking University e Yu Yongding, ex adviser della banca centrale cinese. I consigli rilasciati spaziano da una liberalizzazione dell’hukou, passando per una maggiore trasparenza del sistema politico – soprattutto per quanto concerne questioni di interesse internazionale come le detenzione nel Xinjiang – fino a una partecipazione cinese alla Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership, l’ex Ttp. Si tratta di aperture volte a trattenere i capitali stranieri (nonostante le tariffe americane) contro cui, tuttavia, oppongono resistenze le frange più nazionaliste e chi beneficia del controllo dello stato sull’economia [fonte: Scmp]
Dai centri di rieducazione ai campi per orfani
La detenzione di massa nello Xinjiang stanno lasciando migliaia di bambini senza famiglia. Secondo un’inchiesta della Bbc – condotta sulla base di riprese satellitari, documenti pubblici e testimonianze dirette – lo sviluppo dei “campi per la rieducazione” è stato accompagnato parallelamente dalla costruzione su larga scala di centri di accoglienza per chi è rimasto senza genitori. Campus scolastici già esistenti sono stati ampliati e nuovi dormitori sono stati costruiti con impianti di sorveglianza in alcuni casi anche più avanzati di quelli presenti nei campi di detenzione per adulti. Stando alle direttive del governo, le scuole devono “rafforzare la consulenza psicologica” e “rafforzare l’educazione dei pensieri degli studenti”. Linguaggio che, interpretato alla luce dei divieti sull’insegnamento della lingua uigura, rivela l’intenzione di sradicare la cultura autoctona all’interno di un più ampio processo di sinizzazione delle minoranze. Mentre non sono disponibili statistiche complete, il report sostiene che in una sola municipalità siano oltre 400 i bambini rimasti senza entrambi i genitori, mentre lo scorso aprile nel Xinjiang meridionale in 2000 sono stati spostati in una gigantesca scuola media nota come Yecheng County Number 4 [fonte: Bbc]
Pronto database per il riconoscimento dell’iride
La Cina ha sviluppato un database contenente le informazioni biometriche di 20 milioni di persone. Il progetto fa parte di un sistema di riconoscimento dell’iride promosso dall’Ufficio di pubblica sicurezza della municipalità di Pechino e dalla società IrisKing, che si avvale dell’appoggio dell’Istituto di Automazione dell’Accademia Cinese delle Scienze (CAS). Basta uno sguardo e in pochi secondi il sistema riesce una persona dall’iride. L’iride dell’occhio è una delle caratteristiche più distintive del corpo umano e non cambia durante la vita di una persona, così da risultare più affidabile delle impronte digitali o del riconoscimento facciale. La tecnologia, già ampiamente usata nel Xinjiang, è applicabile – oltre che nella guerra al crimine – nella ricerca delle persone scomparse. Secondo la CAS, mentre diversi paesi stanno sperimentando la raccolta di informazioni biometriche, nessun altro ha ancora creato un database su larga scala [fonte: Global Times]
Il Beijing bikini ha le ore contate
L’abitudine cinese di arrotolare la maglietta lasciando “respirare” l’ombelico, nelle torride giornate estive, è al centro di una nuova campagna di civilizzazione che intende vietarla. Partita da Jinan, nello Shandong, la
stretta promette di allargarsi al resto del paese [fonte: Radii]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.