In Cina e Asia – Singles’ Day patriottico: il 78% dei cinesi boicotterà il made in Usa

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Oltre la Grande Muraglia, toccare il nervo scoperto del nazionalismo può costare caro. Lo sanno bene D&G e le aziende americane che nell’ultimo anno hanno registrato un calo delle vendite dopo aver rinnegato il principio “una sola Cina” o simpatizzato per la causa tibetana e i manifestanti di Hong Kong. A ciò si aggiungono gli effetti indiretti delle tensioni politiche e commerciali che vedono i brand stranieri finire nel mezzo. A trarre giovamento dal patriottismo cinese sono chiaramente i marchi locali. Secondo l’indagine annuale di Retail Prophet, nel 2019 aziende cinesi come Huawei (colpita dalle sanzioni americane) e il produttore di droni SZ DJI Technology Co. hanno scavalcato colossi statunitensi come Apple e Nike nella top 10 dei brand più amati dai cinesi. Tra i primi 50 la metà è composta sempre da marche indigene rispetto alle appena 18 dello scorso anno. Quest’anno l’amor patrio dei consumatori è stato parzialmente ravvivato dalle celebrazioni per il 70° anniversario della Rpc, come confermato dall’impennata di acquisti di “made in China” riportato da Tmall. Stando al sito di e-commerce, 8 dei 10 prodotti di bellezza più venduti sono proprio cinesi, mentre prendendo in same tutte le categorie, sono ben tre quarti i marchi a presentare espressamente l’etichetta “Made in China” rispetto a meno della metà del 2017. Con il Singles’ Day alle porte, sono sempre di più (78%) i consumatori a dire di no ai prodotti statunitensi per motivi “ideologici”. [fonte: Bloomberg, SCMP]

Salta il vertice APEC, l’accordo Cina-Usa è di nuovo in dubbio

Un nuovo imprevisto rischia di ritardare la firma dell’accordo provvisorio tra Cina e Stati Uniti preannunciato al termine dell’ultimo round di colloqui. La cancellazione del vertice APEC di novembre a causa dei disordini in Cile priva Trump e Xi Jinping di una preziosa occasione per raggiungere personalmente una tregua. Da Washington fanno sapere che il cambio di programma non avrà alcun impatto sulla roadmap: “la fase uno” dell’accordo verrà completata nello stesso “time frame”. Secondo fonti Reuters, le due parti starebbero valutando mete alternative per un incontro. La scelta potrebbe ricadere tra Hawaii, Alaska e Macao. Ma non è escluso che per evitare complicazioni l’onere della firma spetterà al team dei negoziatori. Venerdì il vicepremier cinese Liu He si consulterà telefonicamente con il segretario al Tesoro Steven Mnuchin e il trade representative Robert Lighthizer. [fonte: Bloomberg]

Accuse di spionaggio per il direttore dell’Istituto Confucio di Bruxelles 

Il direttore dell’Istituto Confucio di Bruxelles Song Xinning è stato bandito per otto anni dall’area Schengen con l’accusa di spionaggio. Secondo il giornale locale De Morgen, l’università avrebbe ignorato gli avvertimenti dello State Security Service sulle attività dell’istituto e del suo responsabile. Nello specifico le autorità belghe avrebbero accusato Song di aver reclutato informatori tra gli studenti e la comunità d’affari cinese su richiesta di Pechino. Una versione a cui il professore ha risposto puntando il dito contro gli Stati Uniti. L’allontanamento sarebbe infatti avvenuto proprio dopo l’invito – rifiutato – a tradire la Cina per collaborare con le autorità americane. Da tempo gli Istituti Confucio (quasi 500 a livello mondiale) sono oggetto di dibattito a causa della loro forte dipendenza dal governo cinese. Tre quelli ad aver già chiuso in Europa.[fonte: SCMP]

Il 5G arriva in Cina

Dal 31 ottobre China Mobile, China Unicom e China Telecom cominceranno a offrire i propri servizi 5G. La Cina non è il primo paese a sperimentare la rete di quinta generazione, ma ha i numeri per diventare il mercato più grande a livello mondiale. A metà ottobre risultavano già 10 milioni di preiscrizioni non vincolanti al servizio. Secondo la società di consulenza Ernst & Young nel 2025 la connessione 5G raggiungerà 576 milioni di cinesi. Oltre 43 miliardi di dollari è la cifra stanziata per il primo anno dai tre operatori per sviluppare infrastrutture e servizi, comprese 130 mila stazioni base. Secondo quanto annunciato ieri dai media statali, i pacchetti offerti partono dai 129 yuan al mese, meno di quanto pagano gli utenti sudcoreani. Come specifica il Global Times, “la commercializzazione accelerata del 5G in Cina contribuirà a guidare la crescita degli smartphone nel paese”. Facile immaginare chi ne beneficerà di più. Stando ai dati della società di ricerca Canalys, nel terzo trimestre dell’anno le vendite di Huawei in Cina hanno rappresentato il 42% del totale mentre la fetta di mercato di Apple – che non ha dispositivi 5G – è scesa dal 7 al 5%.[fonte: Bloomberg]

Crediti sociali e riconoscimento facciale sulla metro di Pechino

Riconoscimento facciale e crediti sociali troveranno un’applicazione congiunta nella metropolitana di Pechino. E’ quanto si apprende dal Beijing Youth Daily , secondo il quale le telecamere che monitorano i passeggeri saranno collegate a un database interno così da smistare la folla in base al comportamento registrato. Chi verrà inserito nella “white list” potrà usufruire di controlli più rapidi mentre chi verrà rilevato come “anomalo” sarà sottoposto a verifiche approfondite. Il piano ha l’obiettivo di velocizzare le operazioni di sicurezza per ridurre il consueto affollamento all’ingresso della metro. Non è chiaro quali comportamenti costeranno una riduzione dei punti, ma a maggio le autorità municipali avevano annunciato l’introduzione del sistema dei crediti per combattere il consumo di cibo nei vagoni. [fonte: AFP]

Il Ceo dell’Hong Kong Exchange ammette le falle del modello “un paese due sistemi”

L’amministratore delegato dell’Hong Kong Exchange, Charles Li, ha ammesso pubblicamente che il modello “un paese due sistemi” – con cui l’ex colonia britannica è tornata alla Cina nel ’97 – presenta “difetti di base”. Secondo Li, Pechino non ha mai creduto veramente che gli hongkonghesi avrebbero tenuto fede al principio “un paese”. “Questa mancanza di fiducia è una delle ragioni principali per cui la Cina è riluttante a offrire ai cittadini di Hong Kong. . . l’autodeterminazione – i ‘due sistemi’ “, ha spiegato il Ceo della società che amministra la borsa di Hong Kong. Solo un paio di mesi fa proprio Li aveva proposto una fusione con il London Stock Exchange, rifiutata dalle autorità britanniche in parte proprio a causa della forte ingerenza cinese nella nomina dei membri del board della piazza finanziaria asiatica. [fonte: FT]

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