In Cina e Asia – Sicurezza alimentare: e l’Italia?

In by Gabriele Battaglia

Xi Jinping rilancia il tema della sicurezza alimentare in Cina, problema molto sentito dalla popolazione che, sul tema, diffida del Partito. E nelle stesse ore, la ministra della salute Lorenzin è in visita a Pechino a «vendere» cibo, sistema e stile di vita «Made in Italy». Nuove direttive all’interno della riforma dell’hukou in Cina, che andranno a vantaggio di quattro categorie di «migranti». Il parlamento del Myanmar si riunirà lunedì per la prima volta dalla vittoria elettorale della Lega Nazionale per la Democrazia: attesa per la formazione «multietnica» delle istituzioni annunciata da Aung San Suu Kyi. In Indonesia il principale provider nazionale blocca Netflix: «Non rispettano le regole». La nostra rassegna del mattino.Sicurezza alimentare in Cina: e l’Italia?

Il presidente cinese Xi Jinping ha sottolineato la necessità di attuare misure «più severe» per garantire la sicurezza alimentare. Alla base, la constatazione che quando si parla di quello che ci si mette in pancia, la fiducia dei cinesi verso il governo vacilla paurosamente. Xi ha invitato tutte le autorità da darsi da fare, sottolineando che la reputazione della sicurezza alimentare in Cina è pessima: c’è bisogno di un più unificato, efficiente, sistema di supervisione e di norme chiare e limpide, ha detto.

Proprio in contemporanea con il discorso di Xi, la ministra della salute italiana, Beatrice Lorenzin, è in visita a Pechino, dove ha parlato con le controparti cinesi non solo del sistema sanitario (altro gigantesco tema), ma anche di salute alimentare, cercando di «vendere» non solo i nostri prodotti, ma anche un sistema e uno stile di vita.

Nuove linee guida sull’hukou

Il ministero della Pubblica Sicurezza cinese (Mps) ha annunciato che varerà politiche più rilassate per quanto riguarda la registrazione delle famiglie – o «hukou» – con speciale riguardo ai migranti. Il problema dell’hukou ha a che fare con il diritto dei cinesi che migrano di avere diritti uguali anche nei luoghi di destinazione; ma c’è d’altra parte un’esigenza di controllo dei grandi flussi umani.

Così, l’Mps ha comunicato che nella concessione dell’hukou avranno priorità quattro gruppi di persone: i residenti rurali che si dirigono in città per ottenere un’istruzione superiore o arruolarsi nell’esercito; coloro che hanno lavorato e vissuto in un dato comune per oltre cinque anni; coloro che si sono trasferiti in città con le loro famiglie.

Tirata d’orecchi del Partito allo spin-off del Quotidiano del Popolo

Hu Xijin, il capo redattore del Global Times è stato rimproverato per aver violato le regole del Partito comunista, in quanto ha utilizzato fondi del giornale per viaggi personali. Hu e il suo vice sono stati obbligati a pagare 6.417.90 yuan (quasi mille euro) di rimborso e a scrivere un’autocritica diretta alla commissione disciplinare del Quotidiano del Popolo, di cui il Global Times è uno spin-off.

Giornale ultranazionalista ma spesso originale nelle proprie prese di posizioni «fuori dagli schemi», il Gt fu al centro della campagna contro Ursula Gauthier, la giornalista francese espulsa a dicembre. Ci si chiede se questa misura sia un avvertimento a una redazione un po’ troppo «esuberante» (secondo caratteristiche cinesi).

Istituzioni «multietniche» per il Myanmar di Aung San Suu Kyi

Il partito di Aung San Suu Kyi propone una squadra etnicamente composita per guidare il parlamento del Myanmar, che si riunisce lunedì per la prima volta dopo la vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia (Nld). Una soluzione «alla libanese».
Uno dei leader del partito, Win Thein, ha detto ai giornalisti un esponente della maggioranza etnica birmana diventerà presidente della Camera, mentre un Kachin sarà il suo vice.
Si proporrà una Karen come speaker della Camera Alta, e un Arakanese come suo vice. Nel permanente conflitto etnico birmano, ci si chiede se questo piccolo passo determini una vera svolta.

Provider indonesiano blocca Netflix: «Non rispettano le regole»

Telkom, il più grande internet service provider dell’Indonesia – di proprietà statale – ha bloccato il servizio di video-streaming Netflix da tutte le sue piattaforme, a partire dalla mezzanotte di mercoledì scorso.
«La questione è quella dei permessi. [Quelli di Netflix] non seguono le regole. Mostrano anche scene di violenza e contenuti per adulti», ha detto il direttore del reparto consumatori di Telkom, Dian Rachmawan. A questo punto, il maggior rivale di Telkom, MyRepublic, che è privato, si è affrettato a comunicare che sarà lui a ospitare Netflix. È l’ennesima tappa del conflitto Stato-mercato che ha già diversi esempi in Asia.

[Foto credit: nydailynews]