I titoli di oggi:
- Shanghai allenta le misure anti-Covid
- Cina: l’IA arriva nella videosorveglianza
- Pakistan: il parlamento pronto a nominare un nuovo premier
- Semiconduttori: Taiwan apre maxi-inchiesta sullo spionaggio economico cinese
- Il costo del conflitto ucraino per l’Asia e l’Africa
Dopo il caos degli scorsi giorni, Shanghai comincia ad allentare le restrizioni anti-Covid. Nella giornata di domenica, la megalopoli ha registrato un record di 24.943 nuove infezioni, per lo più asintomatiche, pari a oltre il 90% del totale nazionale. Numeri che hanno spinto le autorità a preparare decine di migliaia di nuovi posti letto in oltre 100 ospedali improvvisati e dato il via a quello che dovrebbe essere l’ultimo dei quattro round di test antigenici e PCR previsti per i cittadini.
Secondo l’esito dei test le aree residenziali saranno classificate in tre tipi – lockdown, controllo e precauzione – ognuna delle quali sarà soggetta a diversi livelli di restrizioni. Attenendosi alla politica Zero Covid, coloro che vivono in comunità con casi di Covid-19 negli ultimi sette giorni non potranno lasciare le loro case; quelli nelle comunità senza infezioni segnalate nell’ultima settimana non saranno più confinati nelle loro case, ma saranno controllati e non potranno lasciare le loro comunità; le persone nei complessi senza casi di Covid-19 rilevati negli ultimi 14 giorni potranno muoversi più liberamente, rispettando le regole di distanziamento sociale. Supermercati, magazzini di e-commerce e farmacie in lockdown e zone controllate potranno riprendere in parte le operazioni per gestire gli ordini online, secondo Gu Jun, funzionario del commercio di Shanghai. Venerdì solo nove magazzini di e-commerce e 17 supermercati in tutta Shanghai avevano ripristinato le attività venerdì, mentre restano chiusi tutti i centri di intrattenimento e le grandi fabbriche, tra cui la Gigafactory 3 di Tesla.
Il lockdown minaccia anche la catena di approvvigionamento cinese. I container carichi di cibo e prodotti chimici si stanno accumulando al porto di Shanghai, poiché le misure di blocco hanno portato a una carenza di camionisti per ritirare i prodotti ai moli. Intanto, a Guangzhou, altro grande hub logistico della Cina, tutti gli 11 distretti della città hanno annunciato l’intenzione di iniziare i test di massa per evitare un lockdown. La città ha riportato due casi confermati e uno asintomatico per venerdì.
Nonostante il parziale allentamento delle misure preventive, non si placano le polemiche sulla malagestione dell’epidemia. Polemiche rinvigorite dalla cerimonia tenuta venerdì dalle autorità di Pechino per celebrare l’organizzazione delle Olimpiadi invernali. Oltre ad assegnare medaglie ad alcune figure modello, Xi Jinping si è lanciato in uno sfortunato commento sui ravioli e i baozi tanto amati dalla sciatrice freestyle, Gu Ailing. Proprio mentre a Shanghai la popolazione è ridotta alla fame.
Cina: l’IA arriva nella videosorveglianza
“Una persona, un file”. Con questo slogan è conosciuta la campagna di videosorveglianza di massa basata sull’Intelligenza Artificiale lanciata dalla Cina. A rivelarlo sono più di 50 documenti pubblici analizzati da Reuters. Il nuovo sistema è un miglioramento del progetto di videosorveglianza attuale e ottimizza non solo l’accuratezza nella creazione dei file ma anche la quantità e qualità dei dati raccolti. Per dare un’idea delle possibilità offerte dall’IA, una gara d’appalto pubblicata a luglio scorso dal dipartimento di pubblica sicurezza dell’Henan afferma che “anche i volti parzialmente visibili, mascherati o con gli occhiali possono ora essere archiviati in modo più accurato”.
Pechino ha dichiarato che la videosorveglianza 2.0 è fondamentale per combattere la criminalità e combattere la diffusione del COVID-19, ma diverse ONG per i diritti umani come Human Rights Watch affermano che il Paese sta invece costruendo uno stato di sorveglianza prendendo di mira ingiustamente minoranze e violando la privacy dei cittadini.
L’inchiesta di Reuters mostra che le autorità locali in tutto il paese, compresi i distretti densamente popolati di Pechino e le province meno sviluppate come il Gansu, hanno aperto bandi per ottenere sistemi di videosorveglianza basati sull’IA. Nove dei bandi approvati indicano che il software sarebbe stato utilizzato per identificare se un passante fosse uiguro, collegandosi ai sistemi di allerta della polizia e creando archivi di volti uiguri. Uno di questi, che coinvolge le autorità pubbliche di Hainan, prevede la creazione di un database di persone tibetane e uigure per facilitare “il ritrovamento di informazioni sulle persone coinvolte nel terrorismo”. Altri usi prevedono l’estrazione delle informazioni dagli account dei social media dell’individuo e la compilazione di database contenenti dettagli personali come parenti, veicoli registrati, stato civile e abitudini di acquisto. Tra le aziende tecnologiche fornitrici di tecnologia AI per la sorveglianza, i documenti menzionano Sensetime, Huawei, Megvii, Cloudwalk, Dahua e la divisione cloud di Baidu.
Pakistan: il parlamento pronto a nominare un nuovo premier
Imran Khan è diventato il primo premier pakistano cui sia stato imposto il veto al suo incarico a seguito di una mozione di sfiducia. Khan è stato rimosso sabato sera con un voto che ha visto 174 deputati a favore della risoluzione sui 342 seggi che compongono il parlamento. La mozione di sfiducia era stata presentata per la prima volta lo scorso 8 marzo da diverse forze di opposizione. Il parlamento Pakistan è in queste ore riunito per nominare un successore. Salvo colpi di scena la scelta ricadrà su Shehbaz Sharif, leader dell’opposizione, nonché fratello dell’ex primo ministro Nawaz Sharif.
Ieri l’ex premier aveva invitato i suoi sostenitori a manifestare pacificamente contro il suo stesso governo, denunciando una “cospirazione finanziata dall’estero”: secondo Khan, il ministero degli Esteri avrebbe ricevuto il 7 marzo, il giorno precedente la presentazione della mozione di sfiducia da parte dell’opposizione, la trascrizione di una conversazione tra un diplomatico pachistano e uno di un altro Paese, con un avvertimento: al primo sarebbe stata trasmessa l’insoddisfazione dell’Occidente per la posizione del Pakistan sull’Ucraina e sarebbe stato detto che i futuri contatti bilaterali sarebbero stati determinati dall’esito della mozione.
Semiconduttori: Taiwan apre maxi-inchiesta sullo spionaggio economico cinese
La task force taiwanese per i semiconduttori, parte del ministero della Giustizia, ha lanciato una maxi inchiesta su 100 aziende cinesi accusate di aver assunto illegalmente da Taiwan ingegneri ed altri profili nel settore tecnologico. Sebbene non sia di per sé illegale per le aziende cinesi assumere ingegneri taiwanesi, la legge vieta gli investimenti cinesi in alcune parti della catena produttiva, inclusa la progettazione dei chip, e richiede revisioni per altre aree come l’imballaggio, rendendo molto difficile per le aziende cinesi di chip operare legalmente sull’isola.
Le tecniche utilizzate dalla Cina per “rubare” talenti e know-how sono molteplici: agli ingegneri, Pechino propone salari fino a tre volte maggiori di quelli taiwanesi, gestendo i contratti attraverso agenzie basate ad Hong Kong e spesso offrendo compensazioni in valute estere. Il caso della Tongfu Microelectronics, una società statale cinese, illustra questa tecnica: la società è stata accusata di avere un ufficio illegale sull’isola i cui dipendenti ricevevano stipendi in dollari USA in conti offshore, dirottati tramite una sussidiaria con sede a Hong Kong. Gli imputati sono stati giudicati colpevoli a gennaio dal tribunale di Taiwan.
Un altro caso al vaglio delle autorità riguarda un’azienda che pretende di essere una società di analisi dei dati taiwanese ma che si ritiene sia una sussidiaria di un’azienda di chip con sede a Shanghai. L’azienda starebbe tentando di ottenere dati qualitativi sui semiconduttori taiwanesi per poi trasferirli in Cina. Per contrastare il “bracconaggio” cinese, le autorità di Taiwan stanno lavorando per aumentare le sanzioni: le pene detentive massime saranno aumentate a tre anni e le multe massime da 5.200 a 520.525 dollari americani.
Il costo del conflitto ucraino per l’Asia e l’Africa
La guerra in Ucraina sta facendo aumentare i costi di carburante, olio da cucina e alimenti in tutto il mondo a causa delle sanzioni contro la Russia e dell’interruzione delle catene di approvvigionamento.
Il blocco commerciale scaturito dall’esclusione di sette grandi banche russe dal sistema Swift ha esacerbato la crisi delle riserve estere dello Sri Lanka, di cui la Russia è il primo importatore di tè. Secondo i dati ufficiali, l’anno scorso lo Sri Lanka ha esportato 287 milioni di chilogrammi di tè, per un valore di circa 1,3 miliardi di dollari, di cui oltre il 10% è andato in Russia.
La crisi alimentare è più acuta in Africa, dove almeno 14 paesi importano metà o più del loro grano dalla Russia e dall’Ucraina, secondo l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura. La persistente siccità si è combinata con il crollo delle catene di approvvigionamento: stando ai dati della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, ben 14 milioni di persone in Etiopia, Kenya e Somalia sono ora a rischio carestia. In Zimbabwe, l’inflazione fuori controllo ha obbligato la banca centrale ad alzare il suo tasso di prestito all’80%, il più alto al mondo.
Il persistente aumento dell’inflazione nell’ Asia Pacifico sta inoltre portando i costi del carburante alle stelle, con conseguente aumento dei prezzi dei biglietti aerei. Le destinazioni turistiche, che speravano in una rapida ripresa dopo le restrizioni pandemiche, hanno visto un crollo dei turisti russi e ucraini, che in Sri Lanka e Thailandia si classificano rispettivamente al primo e al terzo posto per numero di turisti.
A cura di Sharon De Cet; ha collaborato Alessandra Colarizi