In Cina e Asia – Scomparso ex diplomatico sino-australiano

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Il governo australiano ha aperto un’indagine per accertare la situazione di Yang Hengjun, l’ex diplomatico sino-australiano convertito alla scrittura e noto per aver scritto un romanzo di spionaggio. Secondo il Sydney Morning Herald, alcuni amici ne avrebbero segnalato la scomparsa dopo che l’uomo aveva preso un volo da New York a Guangzhou lo scorso sabato. Stando alla testimonianza di Feng Chongyi, accademico della University of Technology Sydney, Yang “è stato rapito dal ministero della Sicurezza dello Stato ed è attualmente detenuto a Pechino con sua moglie”. Il dicastero in questione si è già distinto per arresti eccellenti, come nel caso dei due cittadini canadesi ancora in detenzione sulla scia del caso Huawei. Non è la prima volta che l’ex diplomatico finisce nei guai. Assiduo commentatore politico, Yang era già sparito nel 2011 mentre in Cina imperversava la “rivoluzione dei gelsomini”, risposta “con caratteristiche cinesi” alla primavera araba.

Il Made in China 2025 si gioca a livello locale

Nonostante le rassicurazioni di Pechino, il controverso progetto Made in China 2025 è vivo più che mai. Secondo un rapporto di 142 pagine consegnato all’ufficio del Rappresentante degli Stati Uniti per il commercio dalla US Chamber of Commerce and the American Chamber of Commerce in China, i governi locali avrebbero introdotto più di 100 politiche in 24 province e città che “fissano obiettivi, creano regole o forniscono orientamenti normativi” al fine di “sviluppare innovazione ed entrare in possesso di proprietà intellettuale indigena”. Per Washington il piano – che si avvale, tra gli altri, di sussidi statali e sgravi fiscali – rientra nel pacchetto di riforme strutturali propedeutiche alla firma di un accordo (entro il 1 marzo) in grado di disinnescare la guerra commerciale tra le due sponde del Pacifico. Ma per Pechino il Made in China 2025 è la pietra angolare di un nuovo paradigma di crescita non più ancorato al binomio export-infrastrutture.

Hong Kong, insultare l’inno cinese diventerà reato

Hong Kong quest’oggi ha introdotto in parlamento un controverso disegno di legge che prevede una pena di tre anni di carcere e multe fino a 6,373 per chi manca di rispetto all’inno nazionale cinese. La misura, che verrà estesa a tutte le scuole – compresi gli istituti internazionali -, arriva dopo l’introduzione di provvedimenti simili a tutela della bandiera rossa a cinque stelle. Negli ultimi anni, fischiare la Marcia dei Volontari durante le partite di calcio è diventato un mezzo per esprimere il proprio disappunto nei confronti della crescente ingerenza cinese negli affari della regione amministrativa speciale.

La campagna contro l’evasione vale 1 miliardo di dollari 

Ammonta a 1,62 miliardi di dollari il bottino raccolto dalle autorità cinese nell’ambito della guerra contro l’evasione fiscale scatenata lo scorso anno contro le star cinesi. Secondo la Xinhua, la campagna governativa è terminata e alle aziende è stato intimato di aggiustare i propri registri fiscali. Tutto è cominciato con l’arresto temporaneo dell’attrice Fan Bingbing, sparita dalla circolazione per quattro mesi, salvo rientrare in scena con una confessione in tipico stile cinese. La donna è stata costretta a sborsare 129 milioni di dollari in tasse non pagate. Il giro di vite, tuttavia, è sfociato in una stagnazione dell’industria nazionale e in un rallentamento del secondo mercato cinematografico mondiale.

L’inquinamento rende tristi

E’ quanto emerge da uno studio realizzato da Siqi Zheng, professore associato del MIT e direttore del China Future City Lab, attraverso l’analisi di 200 milioni di post su Weibo grazie alll’utililizzo di algoritmi di apprendimento automatico. L’esperimento prevede una comparazione tra un “indice di felicità” basato su parole chiave e contesti e le fluttuazioni dei livelli di PM2.5. Dall’indagine è emersa una significativa “correlazione negativa” tra l’aumento dell’ inquinamento e la diminuzione della felicità”, con una maggiore sensibilità da parte delle donne.

Lo scandalo del latte in polvere dieci anni dopo

A distanza di oltre dieci anni dallo scandalo del latte in polvere contaminato, la diffidenza nei confronti dei produttori locali continua a caratterizzare un mercato che vale 27 miliardi di dollari ed è destinato a crescere. Con solo un quarto delle madri cinesi ad allattare, le proiezioni di Euromonitor prevedono un’espansione dell’industria del 21 per cento entro il 2023. E mentre Nestlé e Danone la fanno da padrone nelle città di fascia bassa, le aziende nazionali si sono trovate costrette a utilizzare latte importato dall’estero per riconquistare la fiducia dei consumatori. I prodotti confezionati oltremare, perlopiù in Nuova Zelanda e Australia, possono raggiungere un prezzo anche il doppio rispetto a quello del latte prodotto in Cina. Fattore che ha portato allo sviluppo di un lucroso mercato nero.

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