I titoli della rassegna di oggi:
– Sanzioni Usa contro compagnia cinese in combutta con Pyongyang
– La «Likonomics» cinese sta fallendo?
– In Cina c’è bisogno di maggiore educazione sessuale
– La ministra degli esteri indiana durissima contro il Pakistan alle Nazioni Unite
– Centinaia di omicidi illegali da parte della polizia pakistanaSanzioni Usa contro compagnia cinese in combutta con Pyongyang
A conferma delle numerose indiscrezioni emerse nelle scorse settimane, gli Stati Uniti hanno ufficialmente comminato sanzioni a una compagnia cinese accusata di attività commerciali per conto della Corea del Nord, al momento sotto sanzioni delle Nazioni Unite in seguito agli ultimi test nucleari condotti da Pyongyang.
La Dandong Hongxiang, società con sede nella città di Dandong (al confine con la Corea del Nord, nella foto), è accusata di aggiramento delle sanzioni internazionali e riciclaggio di denaro. La compagnia era sotto inchiesta anche da parte delle autorità cinesi, con Pechino e Washington ad agire in coordinamento nel contrastare le «intemperanze» di Pyongyang.
La «Likonomics» cinese sta fallendo?
Le linee guida promosse dal primo ministro cinese Li Keqiang per risanare l’economia del paese – diminuire il debito delle aziende, promuovere riforme strutturali e interrompere gli stimoli governativi – non sembra ancora dare i frutti sperati. Lo ha dichiarato al Scmp il professor Huang Yiping, economista della Peking University che per primo coniò il termine «Likonomics». Secondo Huang, le misure messe finora in campo da Pechino si sono rivelate inefficaci, col debito delle aziende che ha raggiunto lo scorso anno il 160 per cento del Pil cinese, evidenziando il problema dell’estrema facilità con la quale le aziende di stato hanno accesso al credito bancario, salvo poi non essere in grado di ripianare il debito contratto.
Una condizione che ha portato all’aumento del rischio di stagnazione e che, secondo gli analisti del Fondo monetario internazionale, potrebbe costringere Pechino ad «abbandonare» le aziende di stato non performanti, le cosiddette «aziende zombie», con conseguenze gravi per la tenuta generale per la tenuta economica generale del paese. Insomma, si tratta della famosa «bolla cinese» pronta a esplodere da anni e da anni «detonata» dall’esecutivo di Pechino.
In Cina c’è bisogno di maggiore educazione sessuale
Lo dice un rapporto della China Family Planning Association, redatto basandosi su un sondaggio esteso a 18mila studenti e studentesse liceali. Secondo il documento, il 60 per cento degli intervistati ha dichiarato di usare il preservativo nell’ultimo rapporto sessuale prima del sondaggio. Il preservativo è il metodo anticoncezionale preferito dall’83 per cento degli intervistati: percentuale in crescita parallelamente all’aumento del sesso prematrimoniale nel paese.
Le gravidanze indesiderate rimangono però un problema di rilievo: una ragazza su dieci ha dichiarato di essere rimasta incinta almeno una volta, mentre il 3,2 per cento ha avuto più di una gravidanza. Gli esperti contattati dal China Daily hanno spiegato che il governo cinese ha intenzione di aumentare la sensibilizzazione su metodi contraccettivi a lungo termine, come la spirale, con l’obiettivo di contenere il rischio di gravidanze indesiderate. Nel frattempo l’educazione sessuale arriva anche dal basso, attraverso ad esempio un’account WeChat ad hoc gestito da studenti del liceo.
La ministra degli esteri indiana durissima contro il Pakistan alle Nazioni Unite
Sushma Swaraj, ministra degli esteri indiani, durante l’assemblea generale dell’Onu in corso in questi giorni a New York ha pronunciato un discorso al vetriolo contro il Pakistan, accusato da New Delhi di incentivare e diffondere il terrorismo in Asia meridionale. Accuse ancora più decise in seguito all’attentato che una settimana fa ha colpito la base militare di Uri, nel Kashmir indiano, uccidendo 19 soldati, la cui responsabilità secondo New Delhi sarebbe del vicino Pakistan.
Swaraj, dando seguito alle dichiarazioni del primo ministro Modi, ha bollato il Pakistan come uno stato «terrorista», auspicandone l’isolamento internazionale, poiché «il terrorismo è la più grande violazione dei diritti umani». In precedenza, il primo ministro pakistano Nawaz Sharif aveva denunciato all’Onu le violenze e le violazioni dei diritti umani perpetrati dall’esercito indiano in Kashmir.
Il discorso di Swaraj, assieme a un comizio del premier indiano Narendra Modi tenutosi sabato scorso in India, segnano il cambio di atteggiamento di New Delhi nei confronti di Islamabad, in seguito al fallimento del dialogo intessuto fino alla scorsa settimana.
Centinaia di omicidi illegali da parte della polizia pakistana
Secondo un rapporto di Human Rights Watch, molti – «se non tutti» – degli oltre duemila morti durante operazioni di polizia nel 2015 sarebbero vittime dei cosiddetti fake encounters, omicidi extragiudiziali compiuti dalla polizia. Una pratica diffusa e apertamente ammessa anche dagli ufficiali di polizia intervistati durante il sondaggio.
Un funzionario dello stato del Punjab pakistano, ad esempio, ha dichiarato al The Guardian: «Molti giovani poliziotti considerano i fake encounters come il miglior metodo per sbarazzarsi dei criminali. Non ci vedono una grave violazione dei diritti umani ed è una pratica che non intacca la reputazione del poliziotto». La pratica, diffusissima anche in India, è giustificata dalle autorità di polizia come rimedio all’impossibilità di accumulare prove sufficienti per l’incarcerazione ed è la risposta alle pressioni subìte dai piccoli potentati locali (politici, proprietari terrieri…). Gli omicidi extragiudiziali godono inoltre di omertà interna, con i medesimi organi di polizia che si rifiutano di aprire indagini sui fake encounters anche a seguito di denunce di parenti della vittima.
Oltre ai fake encounters, il rapporto evidenza come la polizia pakistana ricorra sistematicamente alla tortura per estorcere informazione agli indagati.