I titoli di oggi:
- Russia e Cina in cima all’agenda del G7
- Cina: stabilità economica in cima all’agenda 2022
- #MeToo: impiegata di Alibaba licenziata dopo aver denunciato una violenza sessuale
- Giappone: Tokyo si prepara a riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso
Si è concluso ieri il summit G7 a Liverpool, in cui i ministri degli Esteri delle sette potenze hanno condannato le recenti escalation militari russe in prossimità dell’Ucraina e discusso del futuro delle relazioni con Pechino. Se le minacce di Putin sono state il tema strategico a breve termine, la Cina di Xi rappresenta la preoccupazione a lungo termine: tra i temi discussi vi sono stati la situazione a Hong Kong, nella regione dello Xinjiang, l’importanza della pace nello stretto di Taiwan, nonché le recenti tensioni tra Pechino e Vilnius. Particolare attenzione è stata data al tema della sicurezza e del commercio internazionale: a tal proposito, Josep Borrell ha dichiarato che la Cina rappresenta oggi “una sfida strategica e ideologica”, sottolineando la necessità di incrementare la cooperazione tra i paesi G7 “per garantire la libertà di navigazione nel Mar Cinese Meridionale, dove passa il 40% delle esportazioni dell’Unione europea”. Le tensioni nella regione del Mar cinese meridionale ed orientale sono state approfondite da USA e Giappone ai margini del summit. Antony Blinken e il ministro degli Esteri giapponese Yoshimasa Hayashi hanno concordato su una linea comune per contrastare la Cina nel suo tentativo di alterare lo status quo, sottolineando la necessità di collaborare con i paesi dell’Asean e con gli alleati “like-minded”. Funzionari provenienti da Australia, India e Corea del Sud hanno partecipato a sessioni estese sulla cooperazione per la sicurezza regionale e sul controllo della pandemia, ed alcuni diplomatici dei paesi dell’Asean, ad eccezione del Myanmar, sono stati invitati per la prima volta al raduno di Liverpool per discutere delle risposte da dare alla crescente assertività cinese nella regione. Sia Pechino che Washington si sono mostrate pronte a prendere una dura posizione di politica estera in vista del 2022, anno critico per la loro politica interna. In vista delle midterm elections, Washington cerca di attirare l’Unione Europea nella sua orbita, mentre la Cina – che l’anno prossimo ricambierà parte della propria leadership – cerca di tenere conto degli interessi dell’UE, in particolare delle sue esigenze di trovare un proprio spazio nella rivalità USA-Cina.
Cina: stabilità economica in cima all’agenda 2022
“Stabilità” sarà il principio guida della politica economica cinese nel prossimo anno. È quanto conclude il piano economico per il 2022 pubblicato venerdì scorso dal Partito Comunista cinese durante l’Annual Central Economic Work Conference. Tra le priorità del 2022 vi sarà l’arresto della speculazione sui mercati immobiliari, la ricerca della stabilità finanziaria e la creazione di nuove politiche di prevenzione dei rischi e nuovi modelli di sviluppo per l’industria. Durante la conferenza, Xi Jinping ha sottolineato l’importanza di consolidare le basi economiche del paese potenziando le capacità di innovazione scientifica e tecnologica e aderendo al multilateralismo. Ha inoltre esortato a compiere sforzi proattivi per allinearsi alle più rigorose norme economiche e commerciali internazionali e promuovere uno sviluppo di alta qualità. Per garantire che l’economia cresca in un intervallo ragionevole il prossimo anno, il governo adotterà inoltre misure per stimolare l’attività e la fiducia delle entità di stato, regolamentando la concorrenza nel mercato domestico con l’introduzione di normative anti-monopolio. Pechino ha poi accennato al fatto che alleggerirà il controllo sui giganti tecnologici per favorire la competitività cinese nel settore. Secondo il rapporto stilato in seguito al summit, la Cina sta affrontando una “triplice pressione” derivata dalla contrazione della domanda interna,dall’indebolimento delle aspettative di crescita, e da un ambiente internazionale sempre più complicato e incerto. Gli economisti prevedono infatti un rallentamento della crescita al 3,1% nel trimestre in corso, una forte decelerazione dal 7,9% del periodo aprile-giugno e dal 4,9% dell’ultimo trimestre. Il governo attuerà politiche per aumentare la domanda di beni come automobili ed elettrodomestici e accelerare la costruzione di infrastrutture di e-commerce e reti di consegna nelle aree rurali. Pechino amplierà anche gli investimenti in nuove infrastrutture, urbanizzazione, energia idroelettrica e trasporti. L’obiettivo per il PCC? Arrivare pronto al ventesimo Congresso del partito, che si terrà nella seconda metà del 2022 ed eleggerà la nuova elite politica cinese.
#MeToo: impiegata di Alibaba licenziata dopo aver denunciato una violenza sessuale
Il gigante cinese dell’e-commerce Alibaba Group Holding ha licenziato una dipendente che aveva accusato un ex collega di violenza sessuale all’inizio di quest’anno. È quanto riportato dal quotidiano Dahe Daily, che nella tarda serata di sabato scorso ha pubblicato la presunta lettera di licenziamento nella quale si legge che l’impiegata, che fa di cognome Zhou, avrebbe diffuso false informazioni sull’aggressione e sulla mancata gestione del caso da parte della società. L’accusa di aggressione sessuale è giunta lo scorso agosto, dopo che la dipendente ha raccontato sull’intranet di Alibaba di essere stata aggredita dal suo collega manager e da un cliente durante un viaggio di lavoro nello Shandong.
Il manager di Alibaba è stato licenziato, ma non è stato perseguito dalla magistratura di Jinan, che ha archiviato il caso. In seguito, due alti dirigenti si sono dimessi e Alibaba ha licenziato anche 10 altri colleghi della vittima per aver contribuito a spargere la notizia. Mentre Alibaba ed il legale della vittima non hanno ancora risposto a una richiesta di commento di Reuters e Bloomberg, Zhou ha dichiarato al Dahe Daily di aver ricevuto molti messaggi da donne aggredite sessualmente e costrette a bere sul posto di lavoro, di cui la maggior parte è rimasta in silenzio per evitare ripercussioni.
Giappone: Tokyo si prepara a riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso
La governatrice di Tokyo, Yuriko Koike, ha annunciato che la città approverà l’unione civile tra persone dello stesso sesso entro marzo 2023. Sebbene rappresenti un importante passo avanti per i diritti umani in Giappone, tale unione” non avrà lo stesso effetto giuridico del matrimonio”. L’annuncio di Tokyo arriva dopo che a marzo un tribunale giapponese ha stabilito per la prima volta che la mancanza di riconoscimento legale per il matrimonio tra persone dello stesso sesso viola la costituzione. Il paese guidato da Fumio Kishida è infatti l’unico paese G7 in cui la costituzione stipula ufficialmente che “il matrimonio si deve produrre con il consenso di ambo i sessi”. Mentre il cambiamento che si attuerà nella capitale aumenterà probabilmente la pressione sul governo nazionale per introdurre un sistema matrimoniale unificato, a livello socioeconomico la mancanza di piena uguaglianza matrimoniale è vista da diversi esperti come un ostacolo alla capacità giapponese di attrarre talenti dall’estero. I partner dello stesso sesso incontrano spesso difficoltà nell’ottenere i visti e nell’affittare un alloggio in Giappone, desistendo spesso dal trasferirsi. Kishida ha detto mercoledì al parlamento che è necessaria estrema cautela nel considerare la questione: in Asia il Giappone sarebbe soltanto il secondo paese dopo Taiwan a riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso.
Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.