In Cina e Asia – Rinnovamento per l’esercito cinese

In by Gabriele Battaglia

Il 24 novembre è iniziata la ristrutturazione e riorganizzazione dell’esercito cinese. Iscrizioni al partito comunista di qualità; la quantità passa in secondo piano. La lealtà di alcuni membri del partito comunista in Xinjiang è in discussione. Una scuola confuciana per migranti. In Indonesia libertà politica per alcuni prigionieri politici papuani. CINA – Parte il rinnovamento dell’esercito
Il 24 novembre è partita la tanto attesa ristrutturazione delle forze armate cinesi, con i sette comandi militari esistenti che devono essere riorganizzati in quattro zone strategiche. Lo dicono fonti vicine all’EPL. La ristrutturazione è stato formalmente annunciata in una sessione plenaria del gruppo di difesa nazionale e riforma militare, che dipende dalla Commissione Militare Centrale, il supremo organo di controllo delle forze armate, presieduto da Xi Jinping. Lo scopo della riforma è quello di rendere l’esercito più agile ed efficiente, ad alto tasso tecnologico. Secondo Pechino, lo richiede il nuovo ruolo della Cina nel mondo e i nuovi problemi che deve affrontare, come i recenti avvenimenti in Siria e Mali hanno dimostrato.

CINA – Qualità contro quantità per gli iscritti al Partito
E anche il Partito comunista cinese (Pcc) è entrato in una nuova fase, basata sull’assunto che la crescita numerica dei suoi membri vada contenuta, a vantaggio della qualità. Lo dice lo stesso governo cinese, affermando che i primi risultati già si vedono. Non bisogna diminuire gli iscritti, ma controllare di più. Nell’ultimo anno i membri del Pcc sono aumentati meno del solito proprio per questo filtro all’ingresso e Pechino ci tiene a sottolineare che la maggior parte dei nuovi iscritti proviene dalle classi lavoratrici. Recentemente, i quasi 90 milioni di membri del Pcc intravedevano sempre più nella tessera un’occasione di carriera basata sul guanxi, la rete relazionale, e Pechino vuole porre rimedio al generale decadimento morale che questo implica.

CINA – In Xinjiang c’è chi rema contro
Un alto funzionario dello Xinjiang ha affermato il 24 novembre che la lealtà di certi membri del Partito comunista nella regione è in discussione, accusandone alcuni di sostenere “atti terroristici”. La Cina si trova in un periodo di accresciuto pericolo terrorismo e di feroce lotta contro gli indipendentisti, ha detto Xu Hairong, segretario della Commissione di Ispezione Disciplinare dello Xinjiang, l’agenzia anticorruzione del Partito nella regione autonoma. I commenti costituiscono secondo gli osservatori una rara ammissione di dissenso tra i funzionari dello Xinjiang nei confronti delle politiche di Pechino.

CINA – Scuola confuciana per migranti
L’Associazione Confuciana Cinese (CFC) ha aperto la sua prima scuola per lavoratori migranti a Jinan, capitale dello Shandong, “per arricchire le loro vite e le vite dei loro figli con la saggezza tradizionale”, scrive Xinhua. “Il Maestro ha detto, ‘Non è piacevole imparare e praticare ciò che hai imparato?’”, hanno cantato in coro decine di lavoratori-scolari all’inaugurazione della scuola.
“Con i suo insegnamenti, la CFC spera di promuovere valori confuciani, che danno grande enfasi alla famiglia e all’armonia domestica”, ha detto il segretario generale dell’associazione, Wang Daqian. Per quasi tutto il Novecento, Confucio è stato sinonimo di vecchiume e arretratezza e cancellato dagli insegnamenti. Negli ultimi anni, il Partito l’ha riscoperto per riempire il vuoto morale lasciato dalla fine del maoismo. Ma esistono tanti Confucio e la leadership cinese privilegia senz’altro quello che sottolinea il rispetto delle gerarchie e l’armonia, cioè l’assenza di conflitto. Soprattutto nel caso dei migranti, moltitudine potenzialmente destabilizzante.

INDONESIA – Libertà per i prigionieri politici papuani
La scarcerazione dell’attivista papuano Filep Karma dopo 11 anni detenzione fa ben sperare per il destino degli altri prigionieri politici. Karma era stato condannato a 15 anni per aver sventolato la bandiera separatista papuana. Lo stesso presidente indonesiano Joko Widodo lo scorso maggio aveva annunciato clemenza per altri cinque detenuti. Al momento sono circa settanta i prigionieri politici, legati alla causa separatista di West Papua e delle Molucche rinchiusi nelle carceri indonesiane.Il governo e l’esercito giustificano la repressione con la lotta contro il Free Papua Movement.

[Foto credit: bloomberg.com]