I titoli della rassegna di oggi:
– Pechino risponde ai Panama Papers
– Agli Hong Kong film awards vince la pellicola anti-Pechino
– Scrittore cinese vince il premio internazionale per la letteratura dell’infanzia
– 46 poliziotti condannati all’ergastolo in India per l’omicidio di 10 sikh
– Il baba della destra hindu: «Potremmo decapitare chi non dice ‘bharat mata ki jai’»Pechino risponde ai Panama Papers
Dopo che la pubblicazione dell’inchiesta collettiva sui documenti riservati dello studio Mossack Fonseca ha fatto emergere almeno otto nomi legati a doppio filo con la dirigenza della Repubblica popolare, tra ieri ed oggi Pechino è passata al contrattacco mediatico: «Banama» (Panama in traslitterazione pinyin) è stato il secondo hashtag più censurato su Weibo, il Twitter cinese, mentre stamattina il Global Times ha denunciato la parzialità dell’inchiesta, ritenendola motivata politicamente da Washington e utilizzata per colpirne i nemici politici (compreso Putin).
Agli Hong Kong film awards vince la pellicola anti-Pechino
«Ten Years», film che racconta il futuro distopico di una Hong Kong assoggettata a Pechino nel 2025, ha vinto il premio come miglior film all’edizione annuale degli Hong Kong film awards. La cerimonia di premiazione era stata tolta dal palinsesto delle maggiori reti cinesi non appena la candidatura di «Ten Years» era stata ufficializzata.
Il film, formato da cinque segmenti diretti da altrettanti registi, è stato realizzato con un budget di 64mila dollari. Fino ad ora ha incassato al botteghino di Hong Kong oltre 770mila dollari.
Scrittore cinese vince il premio internazionale per la letteratura dell’infanzia
Nella giornata di ieri Cao Wenxuan ha vinto il premio Hans Christian Andersen 2016 dedicato alla letteratura per ragazzi. La premiazione si è svolta a Bologna, durante la Children’s Book Fair. La vittoria di Cao è storica, trattandosi del primo autore cinese candidato al premio letterario dedicato alla letteratura per ragazzi.
Tra i libri più noti dell’autore cinese figurano «Bronze and Sunflower», ambientato durante la rivoluzione culturale cinese, e la serie «Dingding Dangdang», l’avventura di due fratelli con la sindrome di Down fuggiti da un villaggio che cercano di riunirsi.
46 poliziotti condannati all’ergastolo in India per l’omicidio di 10 sikh
I fatti risalgono al 1991, quando un gruppo di pellegrini di religione sikh si stava recando in visita a località sacre dell’Uttar Pradesh. La polizia locale, per trarne «prestigio» descrivendola come un’azione antiterrorismo, fermò un autobus carico di pellegrini e divise i passeggeri tra maschi e femmine, conducendo i primi nella giungla per poi freddarli. La sentenza ha un valore simbolico molto alto, considerando che gli omicidi extragiudiziali – i cosiddetti «fake encounters» – sono una piaga che da anni affligge la condotta delle forze dell’ordine indiane, coperte nel paese da una fitta coltre di omertà.
Negli ultimi anni i «fake encounters» sono stati utilizzati sistematicamente per liberarsi di testimoni scomodi, per contrastare il cosiddetto «terrorismo rosso» dei naxaliti e creare un clima di terrore in territori considerati «sensibili» come il nord-est indiano e il Kashmir, attraversati da movimenti indipendendentisti (anche armati).
Il baba della destra hindu: «Potremmo decapitare chi non dice ‘bharat mata ki jai’»
Baba Ramdev, controverso santone hindu e maestro di yoga, durante un comizio tenutosi in Haryana qualche giorno fa ha messo in guardia le comunità che si rifiutano di recitare lo slogan ormai simbolo della destra nazionalista hindu. «Se non rispettassimo le leggi e la costituzione indiana – ha detto Ramdev – avremmo la possibilità e la capacità di decapitare centinaia di migliaia di persone». La dichiarazione si inserisce nella polemica sugli slogan nazionalisti e anti-nazionalisti che ha infiammato il paese nelle ultime settimane.