“È l’illegalità che nuocerà a Hong Kong, non gli emendamenti proposti alla legge sulle estradizioni”. All’indomani degli scontri tra la polizia e i manifestanti, la stampa cinese condanna “l’opposizione politica e i capi stranieri” per ostacolare il nuovo provvedimento “a scapito dello stato di diritto, della sicurezza pubblica e della giustizia”, sebbene in linea con le convenzioni internazionali. Per il Global Times, “elementi radicali dell’opposizione” stanno cercando di politicizzare gli emendamenti con il supporto di “forze occidentali”. L’invettiva caustica di Pechino arriva mentre le strade dell’ex colonia britannica tornano alla quiete dopo una giornata di guerriglia. Nella tarda serata di ieri il bilancio era di oltre 70 feriti, di cui due gravi. Parlando ai microfoni dell’emittente locale TVB, una Carrie Lam visibilmente provata ha definito le proteste di mercoledì “una sommossa organizzata”. La polizia ha risposto sparando proiettili di gomma contro i manifestanti per la prima volta in diversi decenni. Non è chiaro quando il Consiglio Legislativo riprenderà le consultazioni sulla nuova legge né se le votazioni procederanno – come inizialmente previsto – entro fine mese. La travolgente maggioranza del fronte filocinese in parlamento rende l’approvazione della norma scontata. Sempre che il governo di Hong Kong non accolga le richieste della popolazione, come già avvenuto nel 2003 con la legge sulla sicurezza nazionale. Secondo fonti (non verificabili) del quotidiano locale Apple Daily, il partito comunista cinese avrebbe dato il suo consenso a un ritiro della proposta di legge [fonte: Guardian]
Nuova campagna di rettifica, censurati anche WaPo e Guardian
La Cina ha lanciato una nuova campagna per ripulire Internet. Lo hanno annunciato i media di stato ieri specificando che la “rettifica”, partita a maggio, vede coinvolti la cyberspace administration, il ministero della Tecnologia dell’Informazione, l’ufficio di pubblica sicurezza e la State Administration for Market Regulation. La controffensiva -che proseguirà fino alla fine dell’anno- è diretta contro i siti web colpevoli di “azioni illegali e criminali”, “inadempienti all’obbligo” di adottare misure di sicurezza o responsabili del furto di informazioni personali. L’annuncio segue una serie di arresti e casi di censura ai danni di piattaforme straniere. Negli scorsi giorni Washington Post e Guardian sono entrati nella lunga lista di siti stranieri inaccessibili oltre Muraglia, mentre la rivista online di notizie finanziarie Wallstreetcn.com è entrata in modalità offline su richiesta delle autorità. Mentre misure del genere vengono adottate ciclicamente, pare che stavolta Tian’anmen e la guerra commerciale con gli Usa abbiano influito non poco. Secondo il FT, a finire sotto la scure sono stati anche diversi blog di carattere economico, a rimarcare come ormai le categorie offlimit trascendano la politica [fonte: Reuters]
Trovata nel Xinjiang la marijuana più antica del mondo
Residui chimici di marijuana, risalenti al 500 a. C., sono stati rinvenuti nella Cina occidentale all’interno di bruciatori per incenso apparentemente utilizzati durante i riti funebri. La scoperta, avvenuta nel sito funerario di Jirzankal, nella regione autonoma dello Xinjiang, sembrerebbe attestare il più antico caso di utilizzo della cannabis per le sue proprietà psicoattive. Mentre anticamente la cannabis veniva utilizzata nell’Asia orientale per i suoi semi oleosi e nella fabbricazione di tessuti e corde in canapa, la comunità scientifica è rimasta a lungo divisa sulla datazione dell’impiego come droga della sottospecie con più alto livello di tetraidrocannabinolo [fonte: Reuters]
Milioni di riesumazioni per far posto alle città cinesi
L’urbanizzazione a tappe forzate degli ultimi 20 anni non ha solo spostato milioni di persone verso le città ha anche portato alla riesumazione di 10 milioni di cadaveri per far posto ai nuovi centri rubani. E’ la conclusione a cui è giunge lo storico Tom Mullaney nello studio “The Chinese Deathscape: Grave Reform in Modern China”, secondo il quale il fenomeno ha interessato soprattutto le città di terza e quarta fascia ed è parzialmente attribuibile alla dipendenza economica dei governi locali dall’affitto delle terre. Stando a Mullaney, “molte altre città e paesi in tutto il mondo hanno spostato vecchie tombe in passato, ma l’entità di quanto accaduto in Cina negli ultimi due decenni non ha eguali” [fonte: Stenford]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.