Davanti allo spettro della disoccupazione, ogni soluzione è buona per tenere impegnata la popolazione in tempi di incertezze economiche. E’ così che il premier Li Keqiang ha riabilitato le care e vecchie “bancarelle”, messe al bando dalla municipalità di Pechino nel 2017 per fare ordine. Togliere di mezzo gli ingombranti banchetti – spesso con l’uso della forza – era poi diventato a livello nazionale uno dei requisiti richiesti per ottenere lo status di “città civile”. Ora la “ditan jingji”(地摊经济) – “l’economia delle bancarelle” – sembra essere tornata di moda. Lo scorso mese, visitando la provincia nordorientale dello Shandong, il primo ministro ha esaltato la città di Chengdu per aver creato “100.000 posti di lavoro, consentendo 36.000 bancarelle”. Per quanto apparentemente anacronistica, la piccola imprenditoria ambulante ha ricoperto un ruolo fondamentale nella Cina delle riforme di mercato, tanto che persino i fondatori di Lenovo e Wahaha Group hanno un passato da venditori di strada. Le parole di Li, seguite dall’allentamento delle restrizioni in diverse parti del paese, sono state accolte perfino con eccessivo entusiasmo. Sui social cinesi sono rimbalzate testimonianze di facili guadagni e immagini di città improvvisamente tappezzate di banchetti. Decisamente troppo per le autorità di Pechino, Shenzhen e Guangzhou che negli ultimi giorni hanno spiegato a mezzo stampa come “le bancarelle eserciteranno una pressione visibile sulla gestione urbana, l’ambiente, l’igiene e il traffico”. Il Beijing Daily ha aggiunto che la capitale “utilizzerà misure e metodi propri” per rilanciare l’occupazione. A confermare l’inversione a U, questa mattina l’hashtag #地摊经济 risultava censurato su Weibo.
Non è la prima volta che le affermazioni di Li fanno discutere. Solo pochi giorni prima il premier aveva rivelato che 600 milioni di cinesi vivono ancora con meno di 140 dollari al mese. Numeri – confermati dal China Institute for Income Distribution della Beijing Normal University. – che ridimensionano i successi della lotta contro la povertà di Xi Jinping. Proprio in queste ore il presidente si trova nella regione autonoma Hui del Ningxia per promuovere la campagna. “Nessuna etnia dovrà essere lasciata indietro”, ha dichiarato il leader cinese. [fonte: SCMP, GT, Caixin]
Hong Kong: a un anno dalle proteste, Pechino rompe il silenzio sul 2047
La legge sulla sicurezza nazionale è conforme a quanto previsto da Deng Xiaoping al tempo dell’handover. Lo ha dichiarato Zhang Xiaoming, vicedirettore dell’Ufficio per gli Affari di Hong Kong e Macao del Consiglio di Stato, durante un webinar per il 30° anniversario della Basic Law. Nel 1997, incontrando i delegati di Hong Kong, il Piccolo Timoniere affermò che il principio della non interferenza negli affari dell’ex colonia inglese decade nel caso in cui si verifichino situazioni di caos. Le proteste in corso da mesi sembrano quindi giustificare un intervento del governo centrale. L’evento ha inoltre fornito l’occasione per chiarire uno degli aspetti più controversi dell’accordo sino-britannico. Cosa accadrà veramente allo scadere dei fatidici 50 anni? Dopo il 2047 Hong Kong perderà definitivamente l’autonomia promessa? Secondo Zhang, il futuro della regione amministrativa speciale è tutt’altro che scontato e dipenderà dalla condotta dei suoi cittadini. Proprio oggi ricorre un anno esatto dall’inizio delle manifestazioni antiestradizione ma non sembrano esserci le premesse per nuove contestazioni di massa. [fonte: SCMP, Guardian]
Pechino sospende il debito di 77 paesi
Pechino sospenderà il pagamento del debito contratto da 77 paesi e regioni in via di sviluppo per allinearsi agli impegni presi con gli altri stati membri del G20. Lo ha annunciato domenica, il viceministro degli Esteri Ma Zhaoxu, aggiungendo che la Cina destinerà 2 miliardi di dollari in due anni per aiutare la comunità internazionale a contrastare l’impatto della pandemia. Il fondo – che comprende donazioni bilaterali e multilaterali – non coprirà solo forniture mediche, ma servirà anche a rilanciare l’economia e lo sviluppo delle nazioni più in difficoltà. La cifra include i 50 milioni di dollari stanziati per l’Organizzazione mondiale della sanità e i 20 milioni devoluti all’Alleanza globale per i vaccini e l’immunizzazione (GAVI). [fonte: Caixin]
Il padre della globalizzazione cinese dice basta alla Cina “fabbrica del mondo”
Il nuovo modello di sviluppo basato sul mercato interno ha ottenuto il placet del padre della globalizzazione cinese. In un’intervista esclusiva ai microfoni del SCMP, l’economista Wang Jian – che nel 1998 individuò nella manodopera basso costo il vero vantaggio competitivo del paese – ha ammesso che i tempi sono cambiati. Le incertezze esterne non consentano più di puntare sulle esportazioni. In futuro, la funzione dei mercati esteri continuerà ad essere fondamentale ma prevalentemente per la fornitura di materie prime anziché come sbocco per le merci cinesi. Perché la transizione avvenga efficacemente, però è necessario completare quel processo di urbanizzazione che al momento coinvolge appena il 60% della popolazione. Solo quando i contadini diventeranno consumatori la Cina potrà raggiungere una sua “autosussistenza”.[fonte: SCMP]
Pyongyang sospende la comunicazione con il Sud
Per la prima volta, a mezzogiorno di martedì, Pyongyang ha sospeso tutte le linee di comunicazione con il Sud. La mossa – che interessa l’ufficio di collegamento intercoreano aperto nel 2018 dopo il primo vertice tra Kim Jong-un e il presidente sudcoreano Moon Jae-in nonché le hotline tra le forze armate e gli uffici presidenziali – arriva dopo giorni di minacce. Ma non è chiaro se sia da considerarsi una misura permanente. La settimana scorsa il governo nordcoreano aveva intimato l’interruzione immediata delle attività di propaganda condotte dai disertori a Sud del confine. “Se un tale atto malvagio viene commesso davanti ai nostri occhi con il pretesto della ‘libertà di espressione’, presto le autorità sudcoreane dovranno affrontare la fase peggiore”, aveva avvertito la statale KCNA riportando le parole di Kim Yo Jong, la sorella di Kim che secondo gli esperti – forte del ruolo ricoperto in occasione delle Olimpiadi di PyeongChang – potrebbe presto assumere la gestione dei rapporti diplomatici con Seul. Se Pyongyang si atterrà a quanto preventivato, il prossimo passo potrebbe implicare la rottura degli accordi militari e il ritiro completo dal complesso industriale di Kaesong. [fonte : Yonhap, Reuters]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.