In Cina e Asia – Pechino decide su Hong Kong

In by Gabriele Battaglia

I titoli della rassegna di oggi:

– Pechino decide sui parlamentari indipendentisti di Hong Kong
– Dalian Wanda si prende i Golden Globes
– La Cina favorisce gli investimenti nelle campagne
– Scandalo sciamana, Park si scusa
– Jakarta, governatore accusato di blasfemia
Pechino decide sui parlamentari indipendentisti di Hong Kong

Arriverà forse già lunedì la decisione dell’Assemblea nazionale del Popolo cinese sui giuramenti di due deputati indipendentisti di Hong Kong, invalidati perché si rifiutano di riconoscere l’ex colonia britannica parte indivisibile della Cina. A dare conferma della decisione è stata una componente del comitato sulla Basic Law, ossia della mini-costituzione in vigore a Hong Kong dal ritorno sotto la sovranità di Pechino.

Secondo quanto spiegato da Maria Tam, il presidente dell’Anp, Zhang Dejiang ha scritto per chiarire che sarò data un’interpretazione dell’articolo 104 e che Pechino attende i parire del comitato.

Di fatto si potrebbe arrivare all’esclusione di “Baggio” Leung e Yau Wai-ching, , che due giovani neo deputati eletti nelle fila di Youngspiration che durante la prima riunione della nuova Assemblea legislativa, lo scorso 12 ottobre, esibirono lo striscione «Hong Kong non è Cina», invalidando il loro giuramento e tra le proteste dei colleghi filo-cinesi.

Dalian Wanda si prende i Golden Globes

I Golden Globes parleranno cinese. Il colosso dell’immobiliare e dell’intrattenimento Dalian Wanda pagherà 1 miliardo di dollari per la Dick Clark Production, sotto la cui ala ricade l’organizzazione di uno dei più prestigiosi premi televisivi e cinematografici, nonché di Miss America e dei Billboard Music Awards.

Continua in questo modo l’espansione del magnate Wang Jianlin nel campo dell’intrattenimento statunitense. L’interesse per Dick Clark segue infatti le acquisizioni della catena di cinema Amc e di Legendary Entertainment, co-produttore di colossal quali Godzilla e il Cavaliere Oscuro. Un attivismo mal visto da parte della politica Usa per i timori di una eccessiva influenza cinese su Hollywood e sull’industria culturale statunitense.

La Cina favorisce gli investimenti nelle campagne

Pechino riforma i diritti sulla terra per favorire l’agricoltura su larga scala, assecondando il trasferimento di grandi masse di contadini nelle città. La proposta presentata dal ministero dell’agricoltura prevede vari diritti sui terreni rurali, così da sostenere la circolazione delle terre : ci saranno diritti di proprietà, diritti operativi e contratti. In questo modo si potrà aggirare con maggiore facilità la proprietà collettiva della terra che dà ai contadini il diritto a sfruttare la terra, permettendo di darla più facilmente in affitto.

Scandalo sciamana, Park si scusa

La presidente sudcoreana Park Geun-hye si assume la responsabilità per lo scandalo legato alla sua consigliera ombra, che sta travolgendo la sua amministrazione, ed è pronta a un’indagine nei suoi confronti. Il capo di Stato ha ammesso le proprie responsabilità in un discorso alla nazione Park è accusata di aver permesso alla misteriosa «santona» Choi Soon-sil di influenzare da dietro le quinte l’azione del governo. La presidentessa ha però negato di essere parte di una setta. Nei confronti di Choi è stato spiccato un mandato d’arresto. E ieri è stato fermato un ex assistente di Park, Ahn Jong-beom, accusato di essere coinvolto in versamenti per 70 milioni di dollari da parte di diversi colossi dell’industria.

Jakarta, governatore accusato di blasfemia

Decine di migliaia di manifestanti islamisti hanno protestato a Jakarta contro il governatore, cinese e cristiano, Basuki Tjahja Purnama, accusato di blasfemia. Il timore è che la protesta riaccenda tensioni contro la comunità cinese (circa l’1 per cento della popolazione indonesiana), come accadde nel 1998. Purnama, noto anche come Ahok, è vicino al presidente Joko Widodo. Il governatore punta a un secondo mandato nel 2017. Ma gli oppositori si sono schierati contro di lui citando un verso del Corano, che vieterebbe ai musulmani di vivere sotto un governo di un non musulmano. Posizione che Ahok ha bollato come una bugia, scatenando le ire degli islamisti.