Nel 2021 Pechino diventerà la prima città cinese ad assegnare un punteggio ad ogni cittadino e azienda sulla base della loro affidabilità. Lo rivela un piano annunciato ieri dai media statali nell’ambito del sistema dei famigerati “crediti sociali”. Il progetto, sebbene non è chiaro come funzienerà nel dettaglio, sembra sviluppare in maniera più specifica il programma annunciato su scala nazionale nel 2014 (che non prevedeva l’impiego di un punteggio in senso proprio) con l’intento di agevolare – oppure ostruire – l’accesso ai servizi pubblici e alle opportunità di business a seconda del comportamento. Stando a quanto riporta la Xinhua, un meccanismo analogo verrà impiegato per valutare l’operato di funzionari e dipartimenti governativi. Nonostante le sfumature orwelliane, il sistema sembra rispondere al calo di fiducia registrato dalla società cinese nell’era dell’internet selvaggio.
L’Ue prepara un filtro per gli investimenti cinesi
Dopo cinque mesi di consultazioni, quest’oggi Commissione e Parlamento europeo si riuniranno con i rappresentanti del 28 paesi membri dell’Ue per finalizzare i termini entro i quali dovrebbe operare un nuovo meccanismo di controllo sugli investimenti esteri nel Vecchio Continente, in particolare nel caso di tecnologia e infrastrutture critiche. La Cina è il target implicito del nuovo sistema, che si propone di oliare la comunicazione tra gli organi comunitari e i singoli stati creando una banca dati centralizzata sugli investimenti, lasciando tuttavia l’approvazione degli accordi ai governi direttamente coinvolti. Ad oggi i negoziati sono stati ritardati dalle divergenze tra la visione restrittiva del parlamento europeo e la necessità di attrarre capitali cinesi espressa da paesi come l’Italia.
Taiwan a rischio espulsione dalle Olimpiadi
Taiwan rischia l’espulsione dalle Olimpiadi se deciderà di portare avanti il referendum per cambiare il nome “Chinese Taipei” con cui dal 1981 partecipa agli eventi sportivi internazionali. Sabato prossimo la popolazione taiwanese sarà chiamata ad esprimere la propria opinione sull’iniziativa trainata dalle forze politiche indipendentiste di presentare la nazionale ai giochi di Tokyo 2020 come “Taiwan”, termine che rimarca l’autonomia dalla Cina continentale. L’International Olympic Committee (IOC) ha tuttavia rivendicato la propria giurisdizione su ogni cambio di nome, bollando l’iniziativa come “un’interferenza esterna” punibile con l’imposizione di “misure protettive”. Il referendum è l’ultimo sintomo della crescente polarizzazione della società taiwanese alla luce della maggiore assertività della mainland sul proscenio internazionale.
Pechino colpisce l’attivismo su Twitter
La sparizione dell’account Twitter di alcuni dissidenti cinesi mette in evidenza l’espansione delle capacità censorie di Pechino. Mentre sempre più attivisti cinesi abbandonano le piattaforme cinesi per smarcarsi dai controlli, le autorità di Pechino passano alle minacce dirette contro chi intrattiene contatti con la comunità occidentale attraverso VPN. Secondo diverse testimonianze raccolte da AFP, la polizia cinese sarebbe ormai in grado di avere accesso diretto agli account per rimuovere i tweet molesti, nella maggior parte dei casi semplicemente convocando e trattenendo fisicamente l’autore del post. Mentre il primo arresto ai danni dell’attivismo su Twitter si attesta già nel 2012, il nuovo modus operandi delle autorità segna un’ulteriore svolta repressiva. Solo negli ultimi giorni la Cyberspace Administration of China ha chiuso quasi 10mila piattaforme locali accusate di diffondere contenuti “politicamente dannosi”.