Dopo mesi di proteste, Pechino ha sostituito il proprio rappresentante a Hong Kong. Nella giornata di sabato Luo Huining, ex segretario del partito dello Shanxi, ha preso il posto di Wang Zhimin, direttore dell’ufficio di collegamento attraverso cui il governo centrale esercita il proprio controllo sulla regione amministrativa speciale. Il ricambio, anticipato da un’inchiesta della Reuters, indica una scelta non scontata. Innanzitutto, perché – a differenza di tutti i suoi predecessori – Luo non ha fatto carriera nell’ex colonia britannica e la sua promozione giunge a pochi giorni dall’assegnazione di un nuovo incarico all’interno del parlamento cinese, una sorta di prepensionamento considerata l’età relativamente avanzata (65 anni). Ma l’esperienza maturata nel Qinghai e nello Shanxi, due province complicate (la prima per la massiccia presenza di tibetani, la seconda per la corruzione diffusa), potrebbero tornare utili nella risoluzione della crisi hongkonghese. Secondo gli esperti, la nomina di Luo si presta a diverse interpretazioni: mentre per fonti del Global Times indica la necessità di un cambio di rotta dopo la catastrofica gestione delle proteste, non è da escludere che il dato anagrafico possa suggerire l’assegnazione di un incarico transitorio in previsione di un ricambio più mirato. Ma una cosa è certa: il fatto che Luo sia il primo segretario di un partito locale a ricoprire la posizione rivela ancora una volta come la lealtà politica nella Cina di Xi Jinping venga spesso premiata più dell’esperienza. [fonte: NYT]
Morte Soleimani: Pechino condanna gli Stati uniti
Mentre non si placano le minacce incrociate tra Stati Uniti e Iran, la Cina ha messo in chiaro la sua posizione. Commentando l’uccisione del generale Soleimani, il ministro degli Esteri cinese ha condannato “la pericolosa operazione militare degli Stati Uniti” che “violando le norme di base delle relazioni internazionali aggraverà le tensioni e le turbolenze regionali”. Secondo il massimo rappresentante della diplomazia cinese, la a crisi internazionale verrà risolta solo quando il dialogo prevarrà sull’utilizzo della forza. Pechino ha notevoli interessi in Iran. Oltre a essere il primo acquirente di petrolio iraniano, il gigante asiatico vede nel paese un importante snodo per il progetto nuova via della seta, convogliando tanto il ramo marittimo tanto quello terrestre. Il governo cinese ha inoltre partecipato attivamente al raggiungimento dell’ormai defunto accordo sul nucleare. A difesa dei propri interessi, pochi giorni fa Pechino ha affiancato Mosca e Teheran nelle prime esercitazioni congiunte nell’Oceano indiano e nel Golfo di Oman. L’appoggio della Cina al “regime canaglia” rischia di complicare le relazioni con Washington in vista della firma dell’atteso accordo commerciale. D’altro canto, l’atteggiamento ondivago mantenuto dall’amministrazione Trump sul nucleare iraniano non pone le premesse per un’intesa a lungo termine. E sul web cinese c’è già chi paventa l’incursione di droni armati americani anche oltre la Muraglia. [fonte: Reuters, Global Times]
Luckin Coffee sorpassa Starbucks e diventa il nuovo gigante del caffè
La catena cinese Luckin Coffee è diventata la più grande catena di caffè del paese, sorpassando lo storico rivale Starbucks.Infatti, a soli due anni dalla sua fondazione a Pechino, Luckin ha ora ben 4.910 negozi in Cina, 600 in più del suo avversario americano, secondo la società di ricerca Thinknum Alternative Data.Per gli esperti, a favorire l’ascesa di Luckin è stata decisione del management di aprire nelle zone più remote della Cina, dove Starbucks invece manca tuttora di una presenza solida. Luckin, quotato da maggio scorso anche sulla borsa del Nasdaq, ha registrato ricavi per 1,5 miliardi di yuan ($ 214,3 milioni) nel terzo trimestre del 2019, un profitto sei volte maggiore rispetto a quello dell’anno passato.In concomitanza con la sua ascesa a leader del mercato cinese del caffè, Luckin ha annunciato inoltre il ritiro di una causa contro Starbucks, ponendo fine ad una battaglia legale lunga più di un anno causata dalla presunta violazione delle leggi antitrust cinesi da parte della società statunitense. [fonte: Caixin]
La Cina abolisce il lavoro forzato per le prostitute
Dopo un anno di dibattito, il 29 dicembre scorso la Cina ha definitivamente abolito il sistema che permetteva l’incarceramento fino a due anni delle prostitute ed i loro clienti. Per più di due decenni, le donne scoperte a prostituirsi sono state mandate nei cosiddetti “centri di istruzione”, dove venivano sottoposte a lavoro forzato. L’abolizione di questa norma è stata accolta positivamente dall’opinione pubblica cinese ma molti esperti sottolineano come questa rappresenti solo un piccolo passo verso la tutela dei diritti delle prostitute, in un paese che si concentra sulla repressione del lavoro sessuale, piuttosto che fornire un quadro per garantire la salute e la sicurezza del lavoro sessuale come professione. Inoltre, l’abrogazione del lavoro forzato per le prostitute ha riacceso i riflettori sul tema dei centri di rieducazione che, sebbene formalmente aboliti nel 2013, rimangono una realtà in alcune aree della Cina, come nel Xinjiang. Infine, l’abrogazione della legge non ha portato alla depenalizzazione della prostituzione, che in Cina rimane punibile con un massimo di 15 giorni di detenzione e multe fino a 5.000 yuan. [fonte: BBC]
Cina: una nuova legge per tutelare il personale medico
La massima legislatura cinese ha votato l’adozione di una legge per il miglioramento dell’assistenza medica e sanitaria di base, insistendo in particolare sulla protezione della sicurezza del personale medico. La nuova legge, che è entrerà in vigore il 1 ° giugno 2020, risponde al bisogno di un paese in cui la vita del personale medico è sempre più a rischio a causa del malcontento dei pazienti. Infatti, secondo un recente studio della Renmin University, nel 2019 in Cina sarebbero stati 295 i medici feriti da pazienti o da loro famigliari. L’ultimo caso è stato quello di un medico di Pechino, accoltellato a morte il 31 dicembre scorso dal parente di un paziente 95enne vittima di un infarto. La nuova normativa è la prima legislazione fondamentale e completa del paese sull’assistenza medica e sanitaria di base, afferma l’agenzia di stampa Xinhua. Il testo si basa sulla promozione della sicurezza del personale medico e sancisce l’inviolabilità della dignità del personale sanitario così come il divieto a qualsiasi organizzazione o individuo di minacciare o metterne in pericolo la sicurezza. [fonte: SCMP]
Cina: il fenomeno dei Pick-Up Artists miete nuove vittime
Il 9 dicembre scorso una ragazza cinese è finita in coma dopo aver tentato il suicidio a causa del suo ragazzo, che l’avrebbe convinta al folle gesto attraverso una serie di messaggi WeChat. La tragica storia di Bao Li ha sconvolto l’opinione pubblica cinese e riacceso il dibattito sui cosiddetti Pick-Up Artists (PUAs), uomini che tentano di sedurre le vittime attraverso tecniche di manipolazione psicologica. Nato negli Stati Uniti come un insieme di tecniche per uomini in cerca di successo con le donne, il movimento dei pick-up artists è arrivato in Cina intorno al 2007, importato dagli studenti cinesi all’estero grazie ad una copia tradotta del best-seller di Neil Strauss “The Game”, considerato il libro sacro dei PUAs. Già l’anno scorso la polizia nella provincia orientale del Jiangsu aveva effettuato il primo arresto di un autoproclamato istruttore di pick-up artist, poi detenuto per frode e accuse di oscenità. All’epoca dei fatti, il materiale trovato dalla polizia definiva le donne con termini denigratori quali “animali domestici” e “prede”. Nonostante gli sforzi delle autorità, l’ultimo decennio ha visto crescere il business dei PUAs in Cina: uno dei più grandi siti Web per pick-up artists, Paoxuewang, aveva infatti quasi due milioni di membri prima di essere chiuso nel 2018 e la più nota azienda PUA, Langji, nel 2017 impiegava uno staff di circa 400 dipendenti e aveva quasi 100.000 iscritti. [fonte: NYT]
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Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.