In Cina e Asia – Pattugliamenti congiunti Italia-Cina: funzioneranno?

In by Gabriele Battaglia

I titoli della nostra rassegna di oggi:

– Pattugliamenti polizia congiunti Italia-Cina: lo scetticismo del Global Times
– La Cina si «oppone fortemente» ai «cosiddetti esperti» ONU
– L’Università del presidente Xi tra le top 20 del mondo secondo Times Higher Education
– 27 milioni di processi: il sistema giudiziario indiano è bloccato
– Abe in Germania: paesi G7 spendano di più Pattugliamenti polizia congiunti Italia-Cina: lo scetticismo del Global Times

Questa settimana sono iniziati, in via sperimentale a Roma e Milano, pattugliamenti congiunti tra polizia italiana e polizia cinese. Due agenti della polizia cinese — in grado di parlare cinese e italiano — affiancheranno i colleghi italiani nel lavoro di sorveglianza delle zone più battute dal turismo proveniente da Oltre muraglia. È la prima volta in Europa. Il ministro della Giustizia italiano Angelino Alfano ha pubblicamente lodato l’iniziativa, dichiarando che i turisti cinesi in Italia — 4 milioni nel 2015, secondo dati di Roma — si sentiranno ancora più sicuri. Non la pensa così però il Global Times, spin off in lingua inglese del Quotidiano del Popolo, voce ufficiale del Partito comunista cinese. L’accordo è buon esempio di cooperazione tra forze di polizia, dice il giornale che però si interroga sulla sua efficacia nel proteggere i turisti cinesi.

Secondo gli esperti sentiti dal GT, i due poliziotti cinesi serviranno principalmente a fornire (o tradurre) informazioni. «Non credo sia possibile garantire più sicurezza ai turisti cinesi con solo due agenti per città. Ciò che conta nel senso di sicurezza in un paese straniero è la presenza di polizia locale».
I recenti attentati di Parigi e Bruxelles hanno inciso molto sul senso di sicurezza dei turisti cinesi in Europa. Trattative tra Cina e Francia per pattugliamenti congiunti erano state avviate nel 2014 ma sono poi naufragate.

La Cina si «oppone fortemente» ai «cosiddetti esperti» ONU

Un rapporto pieno di «pregiudizi e false accuse». Il ministero degli esteri di Pechino ha reagito con veemenza al documento degli inviati per i diritti umani delle Nazioni Unite sulla recente legge sul controllo delle Ong straniere in Cina. Per i relatori speciali dell’Onu la legge è «estremamente vasta» e si basa su «provvedimenti poco specifici» che possono essere usati a discrezione delle autorità sulle circa mille Ong che operano su suolo cinese. Per Pechino, invece la legge ha il solo scopo di proteggere i diritti e gli interessi delle Ong internazionali. Il portavoce Hong Lei in conferenza stampa ha ribadito che la Cina si oppone ai «cosiddetti» esperti dell’organismo internazionale, ritenendo il rapporto sulla legge un’«interferenza nella sovranità giudiziaria e negli affari interni della Cina».

L’Università del presidente Xi tra le top 20 università del mondo secondo Times Higher Education

Buone notizie per le università cinesi arrivano dal ranking di Times Higher Education. L’università Tsinghua di Pechino — alma mater, tra gli altri, del presidente Xi Jinping — si piazza 18esima, appena dietro la statunitense Cornell University, ma davanti alla Johns Hopkins e alla London School of Economics. Sale di oltre 8 posizioni rispetto all’anno scorso. Conseguenza, dice il quotidiano China Daily, del miglioramento generale della qualità dell’insegnamento e della ricerca in Cina, che attrae sempre più accademici da tutto il mondo. Si piazzano bene anche Università di Pechino (21esima), mentre entrano nella top 100 Zhejiang University, Fudan e Jiaotong di Shanghai.

«La Cina ha investito molto nelle università», spiega Phil Baty, tra i compilatori del prestigioso ranking accademico. Il miglioramento delle condizioni di ricerca e studio avrebbe contribuito anche ad un costante aumento degli studenti stranieri. Nel 2014, la Cina ha accolto 377mila studenti da oltre 203 paesi in circa 2500 atenei.

27 milioni di processi: il sistema giudiziario indiano è bloccato

Il sistema giudiziario è «imballato» da troppi processi e mancanza di giudici. Oltre 22 milioni di cause sono in corso nei tribunali indiani; 6 milioni di queste durano da oltre cinque anni; altre 4,5 milioni aspettano di essere giudicate in Alta corte e 60mila in Corte suprema. E la situazione peggiora di anno in anno. La scorsa settimana il Chief Justice — che presiede la Corte suprema — Tirath Singh Thakur ha chiesto direttamente al primo ministro Narendra Modi di risolvere la situazione. Thakur ha puntato il dito proprio contro la politica colpevole di non aver fatto nulla per risolvere i ritardi assumendo nuovi giudici. Nel budget del governo per il 2016 appena lo 0,2 per cento della spesa è stato concesso al Ministero della Giustizia, un dato che relega l’India tra gli ultimi paesi al mondo per la spesa nel settore.

Abe in Germania: paesi G7 spendano di più

Il piano del primo ministro Shinzo Abe per convincere i paesi del G7 ad aumentare gli stimoli fiscali per rilanciare la crescita non sembra aver convinto la cancelliera tedesca Angela Merkel. Abe è impegnato in questi giorni in un tour europeo a pochi giorni dall’inizio del vertice del G7 a Ise shima in Giappone. Il primo obiettivo è accelerare i negoziati per un accordo di libero scambio tra Eurozona e Giappone. Inoltre, cerca di rilanciare, almeno sul piano dell’immagine la sua abenomics, politica economica aggressiva fatta di stimoli pubblici all’economia.

Abe, in visita ieri a Berlino, ha sostenuto la necessità per gli stati di investire «in modo flessibile» e procedere a riforme strutturali. Per ora però la retorica di Abe, almeno in Germania, non sembra avere attecchito. La sua omologa Merkel, campionessa del rigore fiscale, ha infatti difeso gli investimenti congiunti tra settore pubblico e privato. Discussione rimandata al vertice G7.

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