biden

In Cina e Asia – Pallone-spia: Biden pronto a parlare con Xi

In Notizie Brevi by Redazione

  • Pallone-spia: Biden pronto a parlare con Xi
  • Residenti urbani in Cina: crescita più lenta degli ultimi 42 anni
  • Pallone-spia: la propaganda cinese al contrattacco
  • La leadership cinese celebra la vittoria contro il Covid
  • Cina: i prezzi delle case tornano a crescere 
  • Capo dell’OMS: “moralmente corretto” proseguire le indagini sull’origine del Covid
  • Quanto carbone sta usando la Cina?
  • Corea del Sud: due cittadini russi ottengono lo status di rifugiato

L’abbattimento del presunto pallone-spia cinese è stata ordinata “per eccesso di prudenza”. Lo ha dichiarato ieri Joe Biden in un discorso alla nazione, aggiungendo che anche gli altri tre oggetti non identificati sono stati rimossi “a fronte di possibili rischi per il traffico aereo commerciale, e perché non potevamo escludere rischi per le strutture sensibili che gli oggetti hanno sorvolato”. Secondo il presidente americano, le autorità statunitensi non sono ancora in grado di confermare la natura degli aeromobili: ma “per il momento non ci sono prove che dimostrino un loro legame con il programma del governo cinese per l’invio di palloni spia a livello globale, né con programmi di sorveglianza di altri paesi”. L’intelligence non esclude “potrebbero essere anche associati a compagnie private o enti di ricerca scientifica”. Biden ha poi sottolineato la necessità di mantenere aperta la comunicazione con la Cina, alludendo inoltre a un possibile colloquio con Xi Jinping. Meno cauta la vicesegretaria di Stato Usa, Wendy Sherman, che ieri ha menzionato il recente caso del pallone spia cinese come esempio dei tentativi di Pechino di “mutare l’attuale ordine internazionale basato sulle regole”.

Intanto, tenendo fede alle minacce, le autorità cinesi hanno posto le due principali aziende della difesa americana, Lockheed Martin e Raytheon, nella “unreliable entities list” introdotta nel marzo del 2019 ma ancora mai utilizzata. La decisione è ufficialmente collegata alla fornitura di armi a Taiwan, ma non è un caso segua l’imposizione di sanzioni contro sei aziende cinesi accusate da Washington di sostenere la campagna di spionaggio cinese. Secondo il Global Times, mentre la mossa è perlopiù simbolica, non è escluso sarà seguita da provvedimenti più concreti come il divieto di esportazioni di terre rare alle due società colpite.

La leadership cinese celebra la vittoria contro il Covid

Un “miracolo”. Così ieri il comitato permanente del Politburo ha definito la gestione del Covid-19 dopo la rimozione delle politiche sanitarie a inizio dicembre. La decisione, fortemente criticata all’estero, in realtà si è tradotta in una “grande vittoria decisiva” ed è stata “completamente corretta”, sostiene il gotha del Pcc. “In un periodo di tempo relativamente breve, abbiamo raggiunto una transizione graduale nella prevenzione e nel controllo dell’epidemia”, spiega il comunicato diramato dai media statali. Secondo la versione ufficiale, oltre 200 milioni di persone sono state curate, inclusi 800.000 pazienti in condizioni critiche. I numeri reali restano però ancora un mistero. Secondo un’analisi del New York Times – effettuata sulla base di quattro report indipendenti – da dicembre i morti in Cina sarebbero stati almeno un milione.

Pallone-spia: la propaganda cinese al contrattacco

Il caso dei palloni-sonda è un astuto diversivo per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica americana. A sostenerlo è la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, secondo la quale le accuse di spionaggio montate da Washington hanno in realtà lo scopo di insabbiare i gravi problemi di sicurezza interna evidenziati dall’incidente ferroviario dello Ohio. Negli ultimi giorni i media statali non hanno paragonato il deragliamento del treno – che trasportava sostanze chimiche pericolose – alla tragedia di Cernobyl, accusando il governo statunitense di aver volutamente minimizzato l’accaduto. Un reporter della tv di stato CCTV è stato ripreso sul luogo dell’incidente con tanto di maschera antigas. La strategia comunicativa è più o meno la stessa utilizzata all’inizio della pandemia quando per respingere le illazioni sulla presunta fuga del virus dal laboratorio di Wuhan, le autorità cinesi – in tandem con i media russi – richiamarono l’attenzione sulla scarsa sicurezza dei laboratori americani.

Sempre ieri la Cina ha chiesto “un’indagine obiettiva, imparziale e professionale sulle esplosioni del gasdotto Nord Stream“. Spalleggiando Mosca, da giorni i mezzi di informazione cinesi stanno rilanciando l’inchiesta pubblicata la scorsa settimana dal giornalista investigativo statunitense e premio Pulitzer Seymur Hersh, secondo il quale le esplosioni sarebbero state ordinate dalla Casa Bianca e organizzate dalla Cia con la collaborazione della Norvegia.

Cina: i prezzi delle case tornano a crescere

L’immobiliare cinese torna a respirare. Nel mese di gennaio i prezzi delle nuove case in Cina hanno registrato un lieve aumento per la prima volta in un anno. Complice la revoca della Zero Covid e l’adozione di politiche favorevoli al settore che hanno stabilizzato la domanda. Stando ai dati dell’Ufficio nazionale di statistica, incrementi sul costo dei nuovi alloggi sono stati registrati in 36 su 70 municipalità di grandi e medie dimensioni, 15 in più rispetto a dicembre. In particolare, i prezzi delle case a Pechino, Shanghai, Shenzhen e Guangzhou sono aumentati dello 0,2% su base mensile. Nello stesso periodo, i prezzi dei nuovi alloggi in 31 città di secondo livello sono aumentati dello 0,1%, invertendo il calo dello 0,3% registrato a dicembre. 35 città di terzo livello hanno invece assistito ad un calo mensile di 0,1 punti percentuali. Ma il miglioramento potrebbe essere passeggero. Secondo Moody’s, il settore immobiliare cinese resterà “debole” per tutto il 2023.

Residenti urbani in Cina: crescita più lenta degli ultimi 42 anni

Nel decennio che ha avuto inizio nel 2010 la Cina ha registrato un incremento senza precedenti della popolazione urbana, che è aumentata in media di 20 milioni all’anno. I dati di fine 2022 parlano di un totale di 920,7 milioni di abitanti, pari a oltre il 65% del totale della nazione. Malgrado numeri così alti, lo scorso anno si è registrata la crescita della popolazione di città più bassa degli ultimi 42 anni. Nel 2022 i nuovi residenti urbani sono stati solo 6,5 milioni, scendendo per la prima volta in 28 anni sotto i 10 milioni all’anno. Questo perché durante la crisi pandemica molti lavoratori migranti hanno scelto di tornare nelle propri villaggi di origine. Secondo quanto detto a Yicai Global da Peng Peng, presidente della Guangdong Institutional Reform Research Association, con l’abolizione della Zero covid si prevede una ripresa degli afflussi per i mesi a venire. Ma il calo del potere attrattivo delle città avrà delle ripercussioni serie, per esempio sul settore immobiliare.

Quanto carbone sta usando la Cina?

La Cina ha aumentato le emissioni di carbonio? I dati sono contrastanti. Dalle statistiche ufficiali sembrerebbe di sì (citano, infatti, un aumento del 3,3%), ma i dati industriali mostrano una produzione debole in tutti i principali settori che utilizzano carbone. Secondo gli analisti del Centre for Research on Energy and Clean Air le emissioni potrebbero essere cresciute dell’1,3% o diminuite dell’1% . Quel che è certo è che un aumento renderebbe difficile per Pechino raggiungere l’obiettivo che ha fissato per il 2025, in cui si è promessa di “limitare rigorosamente l’aumento del consumo di carbone”. La discrepanza si potrebbe spiegare con il fatto che all’impennata dei prezzi del gas naturale dello scorso anno centrali elettriche e fabbriche hanno risposto acquistando carbone più economico. Ed è necessario un volume maggiore di prodotto per generare la stessa quantità di energia.

Capo dell’OMS: “moralmente corretto” proseguire le indagini sull’origine del Covid

Mercoledì scorso un rapporto della rivista Nature ha riferito che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) avrebbe accantonato la seconda fase della sua indagine scientifica sulle origini della pandemia per le difficoltà emerse nel condurre studi così cruciali in Cina. In poche ore sono giunte due smentite. Quella del ministero degli Esteri della Repubblica popolare, che ha detto che il paese ha “sempre mantenuto un atteggiamento aperto, trasparente e responsabile” sulla questione. E che non si è mai sottratto alla condivisione dei risultati delle ricerche con il Gruppo di consulenza scientifica sulle origini dei nuovi patogeni (SAGO), comitato di esperti istituito dall’OMS nel 2021. E quella di Tedros Adhanom Ghebreyesus, a capo dell’OMS, che ha assicurato che l’agenzia “continuerà a spingere” per nuove ricerche. Durante un briefing con i media ha affermato che è “scientificamente e moralmente corretto perseguire e comprendere le origini e le modalità di insorgenza di questa pandemia”. L’OMS, secondo quando affermato da Tedros, avrebbe chiesto formalmente a un “alto funzionario in Cina” di collaborare nella nuova fase dello studio.

In sostanza si ritorna a parlare della “teoria del laboratorio”. Un team di esperti dell’OMS era atterrato a Wuhan a febbraio del 2020, per poi tornare a gennaio 2021. Il rapporto che ne è emerso ha bollato come “estremamente improbabile” l’eventualità che il virus abbia avuto origine in laboratorio. Ma gli esperti del SAGO e lo stesso Tedros hanno ritenuto non “sufficientemente ampia” la valutazione su questo aspetto, chiedendo “ulteriori indagini”.

Corea del Sud: due cittadini russi ottengono lo status di rifugiato

La Corea del Sud ha ammesso nel paese due dei cinque cittadini russi scappati dalla coscrizione militare. Scappati attraverso la Mongolia e poi le Filippine, i fuggiaschi erano rimasti bloccati per più di quattro mesi nell’aeroporto internazionale di Seul-Incheon. Le autorità locali hanno concesso ai due lo status di rifugiato, che è invece stato negato a un terzo compagno del gruppo. Gli ultimi due sono in attesa di una decisione. Pur essendo stata la prima nazione asiatica a dotarsi di una legge ad hoc, la Corea del Sud ha uno dei tassi di riconoscimento dei rifugiati più bassi tra i paesi sviluppati, e – secondo il ministero della Giustizia – ha concesso lo status a solo l’1,5% di tutti i richiedenti tra il 1994 e il 2020.

A cura di Vittoria Mazzieri e Alessandra Colarizi