Omicidio Kim Jong Nam, parla il figlio
Il video di un giovane che dichiara di essere il figlio di Kim Jong Nam, il fratellastro del leader nordcoreano Kim Jong Un, ucciso all’aeroporto di Kuala Lumpur probabilmente da una dose di gas nervino VX, è apparso nelle ultime ore su Youtube. Nel bel mezzo di una crisi diplomatica tra Corea del Nord e Malaysia, la famiglia della vittima rompe il silenzio. Parlando in inglese, il ragazzo dichiara di chiamarsi Kim Han Sol e di essere in compagnia della madre e della sorella. I tre sarebbero sotto la protezione di un’organizzazione chiamata Cheollima Civil Defense, che dichiara sul suo sito internet registrato sabato scorso, di avere messo al sicuro membri vulnerabili della famiglia Kim con l’aiuto di governi stranieri. Lo stesso video con protagonista Han Sol è apparso su Youtube nel profilo dell’organizzazione. Ventunenne, laureato all’Istituto di Studi Politici (SciencePo) di Parigi, Han Sol sarebbe nel mirino dei sicari nordcoreani perché come il padre costituisce una minaccia all’attuale leader del «Regno eremita».
HK, esercitazioni e sicurezza aumentata in vista dell’arrivo di Xi Jinping
Hong Kong si prepara alla visita di Xi Jinping del prossimo luglio, in occasione del ventennale della restituzione dell’ex colonia britannica alla Cina, avviando una serie di esercitazioni di sicurezza che coinvolgerà 29mila agenti di polizia locali, della vicina Macau, e della provincia del Guangdong. L’operazione si chiamerà «Thunderbolt», fulmine, e durerà sei mesi a partire da maggio, la più lunga mai vista dal 2000. L’obiettivo principale sarà la lotta al crimine organizzato, ma fonti interne non escludono possibilità di violenze di segno separatista. Oltretutto, la visita di Xi giungerà al culmine di un anno di tensioni tra le due parti: nel corso del 2016 migliaia di hongkonghesi sono scesi in piazza per chiedere più democrazia e autonomia dalla Cina continentale. Anche per questo, le forze di sicurezza della città, che avranno anche nuove dotazioni antisommossa, vogliono infatti essere «pronte a ogni possibile scenario».
Non riesce a spiegare i problemi di inquinamento in tv, funzionario pubblico licenziato
Perde il lavoro perché non è in grado di impressionare il pubblico. Sembra un reality show, eppure è la realtà e dà un senso concreto di come stia cambiando l’attenzione del pubblico e delle autorità cinesi ai problemi dell’inquinamento. Li Xiaobing, funzionario per la protezione ambientale di una contea, della provincia dello Shaanxi, nel nordovest della Cina, ha perso il proprio lavoro dopo una apparizione in un programma della tv locale in cui le sue risposte vaghe su questioni ambientali hanno infastidito l’audience del programma e alcuni funzionari di più alto livello. Nemmeno tre giorni dopo Li, l suo vice e i responsabili del team disciplinare della contea. Qualcuno sostiene che il licenziamento di Li sia stato affrettato e ingiusto, ma come in molte altre situazioni in Cina, è una questione di mianzi, «salvare la faccia».
ZTE ammette di aver violato le sanzioni
Il colosso cinese delle telecomunicazioni ZTE ha ammesso di aver violato le sanzioni internazionali, continuando a vendere a Corea del Nord e Iran componentistica elettronica dual-use per decine di milioni di dollari. L’azienda si è detta pronta a pagare fino a 1,2 miliardi di dollari, la pena pecuniaria più esosa mai comminata dagli Usa a una società cinese. Il mea culpa arriva dopo un anno di trattative e tentativi di insabbiamento. Lo scorso marzo il dipartimento del Commercio aveva introdotto restrizioni volte a impedire ai fornitori statunitensi di trattare con ZTE. Dopo cinque anni di indagini e oltre un anno di negoziati, “con questa azione stiamo mettendo in guardia il mondo: i giochi sono finiti”, ha commentato il neosegretario al Commercio, Wilbur Ross, che avverte: “sotto la leadership del presidente Trump attueremo politiche commerciali forti con il doppio intento di proteggere la sicurezza nazionale e i lavoratori Usa”. La Cina è avvertita.
Donne in Parlamento, Giappone ultimo del G7
Il Giappone si conferma tra i paesi al mondo in cui le donne sono meno rappresentate in Parlamento. Nel rapporto pubblicato oggi, giornata internazionale delle donne, dalla Inter-Parliamentary Union (IPU) alle Nazioni Unite a Ginevra, si legge che il Giappone è ultimo tra i paesi del G7 per rappresentanza politica femminile nel parlamento nazionale. In generale il quadro a livello globale è moderatamente positivo: il numero di rappresentanti femminili è cresciuto negli ultimi 10 anni di oltre 5 punti percentuali anche se la crescita si è stabilizzata. Secondo l’IPU sono necessari nuovi sforzi per aumentare la partecipazione femminile nei processi legislativi. Riferendosi allo specifico caso giapponese, l’IPU mostra apprezzamento per alcuni episodi — come l’elezione di un leader donna a capo del principale partito d’opposizione e della prima sindaca donna di Tokyo — ma ha scrive nel rapporto che «le donne continuano a lottare con una società relativamente conservatrice dove i ruoli di genere sono radicati»