I titoli della rassegna di oggi:
– Nelle Filippine vince «Il Giustiziere» Duterte
– Una marea umana in festa saluta la fine del congresso in Corea del Nord
– Hong Kong in coda nella classifica della «vita salutare» dell’Asia Orientale
– Il Pakistan censura articolo su sesso e donne musulmane
– In India l’opposizione attacca il premier per la sua laurea, forse falsa
Nelle Filippine vince «Il Giustiziere» Duterte
Questa mattina le Filippine hanno eletto il loro nuovo presidente accordando una vittoria più che netta – il doppio delle preferenze rispetto al secondo – a Rodrigo Duterte, 71 anni, già sindaco della città meridionale di Davao alla fine degli anni ’90. Soprannominato «Il Giustiziere», Duterte è noto nel paese per la determinazione nel contrasto alla criminalità. Spesso condotto, secondo le agenzie internazionali a difesa dei diritti umani, con metodi che esulano dalla legge.
Duterte ha condotto una campagna elettorale «incendiaria», proiettandosi come uomo solo al comando deciso ad ottenere il risultato di uno stato ripulito dal crimine liberandosi dei vincoli democratici che potrebbero ostacolarne l’attività. Oltre a minacciare di «schiacciare» criminali, spacciatori e oppositori, Duterte aveva annunciato che nel caso il parlamento non fosse d’accordo coi suoi metodi, una volta diventato presidente lo avrebbe sciolto. Le opposizioni e gli analisti, con la vittoria di Duterte, annunciano una stagione di autoritarismo nel paese.
Una marea umana in festa saluta la fine del congresso in Corea del Nord
A conclusione del congresso del Partito dei lavoratori – il primo degli ultimi 36 anni – centinaia di migliaia di persone si sono riversate nella piazza centrale di Pyongyang a salutare il dittatore Kim Jong Un. Secondo la stampa internazionale presente all’evento, la folla festante faticava a contenere l’entusiasmo per la nomina di Kim a presidente del partito. O almeno così hanno dichiarato.
Tra le novità del congresso, che ha varato un nuovo piano quinquennale ed espresso la volontà di non utilizzare armi nucleari «a meno che la sovranità non sia minacciata», la sorella di Kim Jong Un, Kim Yo Jong, è stata promossa a membro del comitato centrale del Partito.
Hong Kong in coda nella classifica della «vita salutare» dell’Asia Orientale
Secondo un sondaggio dell’Intuit Research commissionato dal gruppo assicurativo Aia, i cittadini di Hong Kong conducono la vita più insalubre tra i 15 paesi dell’Asia Orientale. Tra i dati presi in considerazione figurano le ore di sonno medie (6,5 per Hong Kong, contro 7,5 di media nell’area), le ore passate su internet «non per lavoro» (3,5 a Hong Kong) e la frequenza di controlli medici nell’ultimo anno (il 23 per cento degli intervistati ne ha fatto almeno uno, contro il 53 per cento di media dell’area).
Il presidente dell’istituto di ricerca, Thomas Isaac, ritiene che le ore extra online siano dovute a un uso ossessivo dei social network. Cina e Macao, nel medesimo sondaggio, si sono piazzate al primo e al secondo posto.
Il Pakistan censura articolo su sesso e donne musulmane
Sabato scorso il New York Times ha pubblicato un lungo articolo di Mona Eltahawy, giornalista e femminista egiziana, dedicato alla frustrazione di molte donne di fede musulmana costrette al nubilato pre matrimoniale, secondo la tradizione vigente in diversi paesi islamici. L’articolo, inizialmente ripubblicato nella versione online del quotidiano pakistano Express Tribune, nella versione cartacea non era disponibile, sostituito da una colonna bianca. In seguito, pur indicizzato nel sito, è stato tolto anche da lì.
Eltahawy ha denunciato l’oscuramento del proprio articolo in Pakistan, sintomo di una società che «ritiene pericolosa una donna che rivendica la proprietà del proprio corpo, e viene quindi silenziata». Dalla redazione dell’Express Tribune, in condizione di anonimato, hanno dichiarato ad Afp che «il giornale non può permettersi di pubblicare un articolo così critico nei confronti dell’Islam».
In India l’opposizione attacca il premier per la sua laurea, forse falsa
Da giorni il partito d’opposizione Aam Aadmi Party (Aap), guidato da Arvind Kejriwal – il «sindaco» di New Delhi – sta conducendo una campagna contro il premier Narendra Modi, accusandolo di aver mentito all’elettorato circa la sua laurea, secondo lo stesso Modi conseguita presso la Delhi University (Du) nel 1978. Il diploma, mostrato alle telecamere durante una conferenza stampa del Bharatiya Janata Party (Bjp, partito conservatore hindu al governo), secondo le indagini condotte da Aap presso gli uffici amministrativi della Du sarebbe un falso, non trovandosene traccia negli archivi dell’ateneo.
Se le accuse di Aap trovassero conferma definitiva, al di là dell’utilità o meno di una laurea per governare un paese, Narendra Modi incorrerebbe in un reato grave per la sua immagine di uomo retto e aderente alle leggi indiane, avendo elencato la propria laurea in tutti i documenti ufficiali necessari per entrare nelle liste delle elezioni nazionali, mentendo.