In Cina e Asia – Myanmar, probabile vittoria per Suu Kyi

In by Gabriele Battaglia

Alte probabilità di vittoria per il partito di Aung San Suu Kyi alle elezioni in Myanmar. Nuovo status quo nelle relazioni Cina-Taiwan. Gli impegni della Cina per rispettare la libertà di navigazione e volo nel Mar cinese meridionale. Controllo delle nascite economico. Centinaia di chilometri di autostrade nuove in Cina. L’alleanza anti-Modi vince alle elezioni regionali in Bihar, uno degli stati più poveri dell’India. Afp apre un ufficio di corrispondenza a Pyongyang. MYANMAR – La vittoria di Aung San Suu Kyi è solo l’inizio

La Lega nazionale per la democrazia del Nobel per la pace Aung San Suu Kyi potrebbe aver riportato una vittoria schiacciante nelle prime elezioni libere tenutesi in Myanmar dal 1990. I primi risultati diffusi dalla commissione elettorale birmana danno in netto vantaggio la Lnd, tanto che il partito fino ad ora al governo, ufficialmente civile ma di fatto emanazione dell’esercito, ha ammesso pubblicamente la sconfitta. Ma come ha sottolineato la stessa Suu Kyi: "è troppo presto per festeggiare". Un eventuale trionfo ai seggi del partito che da sempre si oppone al potere dei generali, per quanto segni una rottura importante nella storia di un Paese che per oltre 50 anni è stato governato da una giunta di graduati a 5 stelle, rappresenta in realtà solo l’inizio di un lungo cammino in salita verso democrazia. Il Myanmar infatti resta profondamente arretrato, con una popolazione in larga parte povera e analfabeta, una frammentazione etnica estremamente problematica, sui cui si è innestato un crescente nazionalismo buddista violento e xenofobo, e una dipendenza dall’ingombrante vicino cinese che solo negli ultimi anni i militari hanno provoato a ridimensionare. Sfide enormi per la Lnd, che in ogni caso non vedrà cancellato con un colpo di spugna il potere che i generali detengono da decenni sul Paese e che in caso di effettiva vittoria sarà costretta a non pochi compromessi.

CINA – Xi-Ma: l’indomani

Dopo lo storico summit di sabato scorso, gli analisti sono più o meno concordi nel dire che Xi Jinping e Ma Ying-jeou hanno delimitato i confini di un nuovo “status quo” nelle relazioni tra Repubblica Popolare e Repubblica di Cina: riconferma del principio di “una sola Cina” e riconferma anche delle diverse interpretazioni che vi si dà, ma rilancio della cooperazione economica ed anche politica. Adesso l’eredità – e la patata bollente – è nelle mani del prossimo presidente dei Taiwan che, da gennaio 2016, non sarà probabilmente del Kuomintang, bensì dell’indipendentista Partito democratico progressivo. In una dichiarazione da piena campagna elettorale, la più probabile futura presidentessa, Tsai Ing-wen, ha commentato l’incontro di sabato scorso dicendo che non ha fatto nulla per far sentire il popolo di Taiwan più sicuro. Il tira e molla è destinato a durare almeno fino alle elezioni di gennaio.

CINA – Sul Mar Cinese Meridionale, garanzie e un messaggio trasversale

A Singapore, Xi Jinping ha parlato anche di Mar Cinese Meridionale. Il presidente cinese ha detto che la Cina si impegna a garantire la libertà di navigazione e di volo, ma che le dispute sulle acque contestate devono essere risolte solo dai paesi direttamente coinvolti. Un velato messaggio agli Usa che, secondo la Cina, non c’entrano niente con quell’area di mondo e devono starsene alla larga. Attraverso il Mar Cinese Meridionale passano alcune delle rotte strategiche più importanti dell’attuale scenario geopolitico.

CINA – Controllo delle nascite economico

Controllo delle nascite? Il più efficace è quello economico. Dopo che Pechino ha messo fine alla “politica del figlio unico”, una ricerca Bloomberg rivela che non c’è da aspettarsi nessun boom demografico cinese per un motivo molto semplice: nella nuova Cina del ceto medio, ogni figlio brucia più o meno il 40 per cento del reddito di una famiglia (negli Usa è il 18 per cento). Oltre ai costi fissi, c’è da tener conto di tutti gli investimenti – dalla scuola prestigiosa alle lezioni di piano – che mamma e papà intendono fare per proiettare il pargolo nella ipercompetitiva società cinese. E il sogno della leadership è proprio quello di far diventare “ceto medio” tutti i cinesi.

CINA – 120mila km di autostrade entro fine anno

Entro fine anno, la Cina avrà circa 123mila Km di autostrade e superstrade. 11Mila Km sono stati costruiti nel solo 2015. Il dato arriva da Hu Zucai, vice capo della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme (NDRC), l’organismo che sta ai vertici della pianificazione economica cinese. A metà ottobre è stato approvato l’ennesimo piano di costruzione infrastrutturale per i prossimi cinque anni da 68,6 miliardi di yuan (10,8 miliardi di dollari) che, secondo i proclami, dovrebbe accelerare la costruzione della rete autostradale “per facilitare l’urbanizzazione e la cooperazione economica internazionale”. La Cina, con le infrastrutture, prende due piccioni con una fava: crea reti di comunicazione e brucia il proprio eccesso di offerta.

INDIA – Vince l’alleanza anti-Modi in Bihar, prove di opposizione nazionale

Nella giornata di ieri la Grande Alleanza formata da Nitish Kumar (Jdu), Lalu Prasad (Rjd) e dal Congress ha strapazzato il Bjp di Narendra Modi alla tornata elettorale del Bihar, tra gli stati più poveri del paese. Il risultato incredibile (178 seggi contro i 58 del Bjp) proietta il modello della Mahagatbandhan a livello nazionale, individuando nella leadership di Nitish Kumar, già campione di crescita e progresso in Bihar, la guida delle opposizioni contro le ricette ultraliberiste e divisive della destra hindu. Modi, nonostante si trattasse di elezioni locali, accusa il colpo d’immagine a livello nazionale davanti al fallimento della sua politica personalistica, incapace di replicare i consensi che lo fecero trionfare nelle nazionali del 2014. Modi, è opinione diffusa, promette troppo e mantiene poco, e l’elettorato indiano pare se ne stia piano piano accorgendo assieme a una disaffezione per la politica strumentale che vuole contrappore la maggioranza hindu alle minoranze etniche e religiose del paese.

COREA DEL NORD – Agence France Presse apre a Pyongyang

L’agenzia France Presse ha aperto un ufficio di corrispondenza nella capitale nordcoreana. Si tratta della seconda agenzia occidentale a sbarcare in Corea del Nord dopo l’Associated Press. A Pyongyang sono inoltre presenti i cinesi di Xinhua, i russi dell’Itar-Tass e i giapponesi della Kyodo. L’apertura dell’ufficio sarà una sfida per l’Afp. Una recente inchiesta ha infatti messo in evidenza i compromessi cui l’Ap è dovuta scendere per raccontare il regime dei Kim dall’interno. 

[Foto credit: guardian.com]