Nella giornata di sabato, migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade di Budapest per protestare contro i piani del governo ungherese di costruire un campus satellite dell’Università Fudan di Shanghai. Secondo le stime degli organizzatori, le proteste hanno coinvolto circa 10.000 persone, nonostante le restrizioni del governo. Il campus, il primo di Fudan in Europa, si prevede costerà più di 1,5 miliardi di dollari e sarà finanziato con prestiti cinesi. Così come cinesi sono anche le aziende cinesi coinvolte nella sua costruzione. Per l’opposizione politica – che guarda alle elezioni del prossimo anno – il progetto è l’ennesima prova della corruzione del partito Fidesz del premier Orban, al potere da quattro mandati e uno dei principali alleati della Cina nell’Unione europea. La scorsa settimana, le resistenze ungheresi hanno impedito a Bruxelles di rilasciare una dichiarazione che criticava la repressione cinese di Hong Kong. Questo è almeno il secondo intervento del genere nell’arco di due mesi. Rivolgendosi alla manifestazione, il sindaco liberale di Budapest Gergely Karacsony, – principale sfidante di Orban alle primarie di settembre – ha dichiarato: “Stiamo alzando la voce contro la svendita della sovranità nazionale dell’Ungheria, non contro lo stato cinese, non contro il popolo cinese, soprattutto non contro quelli con cui conviviamo pacificamente in questo Paese. Difendiamo il nostro Paese”. Alcuni manifestanti hanno esposto cartelli contro la leadership ungherese, mentre altri hanno commemorato il massacro di piazza Tienanmen, di cui venerdì è ricorso il 32° anniversario. I sondaggi in Ungheria mostrano che il progetto è impopolare tra gli elettori. Un sondaggio di Publicus Research condotto a maggio mostra che solo il 20% sostiene il campus Fudan. Secondo quanto riferito ieri dal capo di gabinetto Gergely Gulyas in un’intervista rilasciata al magazine Mandiner, il governo starebbe pensando di indire un referendum entro 18 mesi per lasciare siano i cittadini a decidere la sorte del controverso progetto.[fonte SCMP , SCMP
Gli USA sostengono Taiwan contro covid-19
Gli Stati Uniti hanno annunciato che faranno dono a Taiwan di 750.000 dosi di vaccino contro COVID-19, il 10% di quanto stanziato per tutta l’Asia. Lo hanno annunciato domenica tre senatori americani durante una breve visita a Taiwan. Secondo quanto spiegato dal democratico Tammy Duckworth dell’Illinois, atterrato a Taipei con il collega Christopher Coons del Delaware e il repubblicano Dan Sullivan dell’Alaska, la visita sottolinea il sostegno degli Stati Uniti all’isola democratica, che Pechino rivendica come proprio territorio. Taiwan, che travolta per la prima volta dal virus si trova ad affronta una grave carenza di vaccini, ha accusato Pechino di aver bloccato un accordo con BioNTech per l’importazione dei sieri BioNTech-Pfizer. Accuse che il governo cinese ha respinto criticando Taipei per aver rifiutato i vaccini offerti da Pechino, anteponendo la politica alla vita della popolazione taiwanese. La legge taiwanese vieta l’importazione di medicinali di fabbricazione cinese. L’aiuto americano é stato accolto con entusiasmo dal ministro degli Esteri Joseph Wu, che, dando il benvenuto ai senatori all’aeroporto, ha affermato che il gesto americano é un importante segno a sostegno della libertà e della democrazia. L’amministrazione Biden si appresta a fornire almeno 80 milioni di dosi da distribuire a livello globale. La maggior parte del primo lotto sarà inviato tramite COVAX, il programma sostenuto dalle Nazioni Unite per distribuire vaccini nei paesi a basso e medio reddito. [fonte AP]
Cina: i bambini in età prescolare riceveranno il vaccino Covid-19
La Cina ha autorizzato l’uso d’emergenza del vaccino di Sinovac Biotech Ltd. per i bambini fino a tre anni, diventando uno dei primi paesi a concedere l’approvazione per questa fascia d’età. Sebbene non sia ancora confermato quando verranno somministrate le prime dosi, la ricerca di fase I e fase II, che ha coinvolto diverse centinaia di partecipanti, ha dimostrato che il siero Sinovac è sicuro ed efficace per i bambini quanto lo è per gli adulti, secondo quanto dichiarato venerdì dall’amministratore delegato della società Yin Weidong all’emittente statale China Central Television. Martedì l’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito il vaccino di Sinovac nel suo elenco dei sieri per utilizzo di emergenza. L’autorizzazione concessa al CoronaVac è la seconda assegnata a un vaccino cinese anti-Covid, dopo l’ok ricevuto a maggio da Sinopharm Group Co. [fonte Bloomberg ]
Afghanistan: la Cina punta ad espandere la BRI mentre gli USA si ritirano
La Cina cercherà di espandere i progetti della Belt and Road Initiative in Afghanistan e approfondire il “meccanismo di dialogo” nella regione, con l’apparente intenzione di aumentare la propria influenza dopo il ritiro delle proprie truppe americane dal paese. E’ quanto affermato giovedì dal ministro degli esteri cinese Wang Yi in seguito ad una videoconferenza sul processo di pace e riconciliazione in Afghanistan con gli omologhi di Afghanistan e Pakistan. Durante il summit, i tre paesi hanno concordato di approfondire la cooperazione sulla BRI, sostenendone l’ espansione in Afghanistan e migliorando il livello di interconnessione tra i paesi. Dopo due decenni di presenza in Afghanistan, gli Stati Uniti dovrebbero ritirare i rimanenti 2.500-3.500 soldati entro settembre, e Pechino teme che una potenziale recrudescenza del terrorismo nel Paese metterebbe a rischio anche la sicurezza dello Xinjiang, lungo il confine sino-afgano. La Cina ha recentemente cercato di rafforzare la cooperazione con gli stati dell’Asia centrale in materia di sicurezza per gestire potenziali disordini nella regione: durante un incontro con i ministri degli esteri di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan il mese scorso, Pechino ha affermato che l’unita tra i paesi é necessaria per reprimere congiuntamente il terrorismo e prevenire la criminalità transnazionale. Il mese scorso, Pechino si è anche offerta di ospitare colloqui in Cina tra Kabul e i Taliban durante una telefonata con il consigliere per la sicurezza nazionale afghano Mohib. [fonte SCMP]
A cura di Alessandra Colarizi e Sharon De Cet