Un nuovo studio smentisce la composizione prevalentemente urbana della popolazione cinese. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2013 la Cina ha smesso di essere un paese a maggioranza rurale, tanto che i “cittadini” in senso proprio si ritiene rappresentino ormai il 60% del totale. Non sono di questo avviso i ricercatori della Southwestern University of Finance and Economics di Chengdu e della Nankai University di Tianjin, stando ai quali il 33% della popolazione ridefinita tra il 2009 e e il 2017 come “urbana” in realtà continuerebbe a mantenere “caratteristiche rurali”. Il problema sta nel sistema di valutazione adottato dalle autorità, che dal 2008 distingue le zone urbane dalle campagne sulla base di fattori quali la quantità di terra riqualificata e la vicinanza dei residenti agli uffici governativi locali. A ciò si aggiunge il fatto che le aree industriali, le zone di sviluppo economico e le università sono classificate come aree urbane – indipendentemente da quanto siano lontane dalle sedi governative – purché siano abitate da più di 3.000 persone. Secondo il report la metà degli oltre 101 milioni di abitanti promossi allo status di cittadini urbani in realtà devono l’upgrade alla riclassificazione della zona in cui vivono, pur continuando a svolgere una vita essenzialmente contadina. [fonte: SCMP]
Il Jiangsu ha sconfitto la povertà?
Il Jiangsu è diventata la prima provincia cinese ad aver quasi sconfitto la povertà. O almeno è quanto sostiene Zhu Guobing, capo dell’Ufficio governativo provinciale per l’Alleviamento della Povertà, secondo il quale oltre il 99,99 per cento dei 2,54 milioni di poveri della regione è stato rimosso dallo stato di “estrema povertà”. Mentre il Jiangsu viene considerato una provincia “ricca” – la seconda per Pil dopo il Guangdong – l’affermazione non ha mancato di sollevare diverse polemiche, diventando uno dei tre topic più dibattuti sul web cinese prima di finire vittima della censura. I netizen non sono gli unici a nutrire qualche perplessità. Secondo gli esperti, infatti, buona parte dei successi conclamati dalla leadership cinese va attribuita al sistema di valutazione adottato, che pone la soglia della povertà a 1,9 dollari giornalieri rispetto ai 3,2 stabiliti dalla Banca Mondiale per i paesi a reddito medio-basso. [fonte: SCMP]
Il Pcc rafforza il controllo sulle aziende di stato
La lunga mano del partito continua a stringere la presa sulle aziende di stato. Per la prima volta il comitato centrale del Pcc ha reso noti i dettagli che rivelano il ruolo esercitato dalle cellule del partito all’interno delle SOEs. Secondo il regolamento “provvisorio”, entrato in vigore alla fine della scorsa settimana, “tutte le principali decisioni aziendali e gestionali devono essere discusse dall’organo del Partito Comunista prima di essere presentate al consiglio di amministrazione o alla direzione”. Si apprende inoltre che i ruoli di segretario del comitato di partito e presidente del consiglio di amministrazione devono essere ricoperti dalla “stessa persona” , mentre la posizione di direttore generale deve essere svolta dal vicesegretario. Tutt’altro che nuove, le ultime disposizioni suggellano un processo di consolidamento dello stato nelle attività aziendali cominciato nel 2016. Alla fine del 2017, il partito era già presente nel 93% delle SOEs. Mentre nei piani di Pechino, un maggiore controllo politico dovrebbe aiutare a incrementare l’efficienza dei carrozzoni di stato, in Occidente, il protagonismo del partito non solo viene additato come fonte di concorrenza sleale ma si ritiene anche rischi di compromettere l’esecuzione delle annunciate riforme economiche necessarie a sostenere la crescita. [fonte: SCMP]
La Cina bandisce i testi stranieri dalle scuole
Pechino ha bandito testi scolastici e romanzi stranieri dai banchi di scuola. Secondo quanto annunciato dal ministero dell’Istruzione cinese, “tutto il materiale didattico della scuola primaria e secondaria deve riflettere la volontà del partito e del paese” così che gli studenti “si assumano la grande responsabilità del ringiovanimento della nazione cinese”. Ad essere esentati saranno solo i corsi delle superiori tenuti in partnership con istituti stranieri. Il dicastero ha anche annunciato che sottoporrà tutto il materiale didattico a una nuova revisione per rimuovere “problemi di orientamento politico o di orientamento ideologico”. Il giro di vite sui testi segue la pubblicazione di un aggiornamento del codice deontologico per i giornalisti cinesi, mente nel mese di ottobre sono state annunciate nuove linee guida per coltivare “il gene rosso” che è in ogni cinese. [fonte: CNN]
Aiuti in cambio di lealtà politica
Nel marzo 2021 Harare rientrerà nella lunga lista di governi africani a beneficiare della generosità sfoggiata da Pechino. Per quella data la capitale dello Zimbabwe dovrebbe veder completata la nuova sede del parlamento, un’area di 33mila metri quadrati sviluppata dalla Shanghai Construction Group e finanziata interamente dalla Cina. Investire nei palazzi del potere per adulare i leader locali fa parte della strategia di soft power sviluppata dal gigante asiatico fin dall’istituzione delle prime relazioni diplomatiche negli anni 50′. Dapprincipio, il pacco regalo conteneva prestiti a interessi zero e assistenza medica. In seguito si è passati alla costruzione di palazzi presidenziali, sedi parlamentati e altri simboli del potere. L’intento è sempre lo stesso: ottenere sostegno politico sul proscenio internazionale. Da quando nel ’71 i paesi africani hanno aiutato Pechino a entrare nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, i capitali cinesi hanno continuato a premiare la lealtà politica. Tanto che secondo AidData, le nazioni che allineano il proprio voto a quello cinese in sede Onu tendono in media a ricevere più sostegno economico, secondo una formula ricorrente stando alla quale un aumento di voti favorevoli del 10% corrisponde a un incremento dei finanziamenti dell’86%. [fonte: SCMP]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.