L’Unione Europea sanziona la Cina, Pechino risponde
L’Unione Europea ha approvato in via definitiva le sanzioni contro la Cina per violazione dei diritti umani in Xinjiang: è la prima volta dal 1989, quando a scatenare le sanzioni erano stati i fatti di piazza Tian’an Men. Le sanzioni sono state approvate dal Consiglio per gli Affari Esteri lunedì e colpiscono quattro funzionari e un ente con il divieto di viaggiare su suolo europeo e il congelamento dei beni entro i confini dell’UE. Tra questi figurano Chen Mingguo, direttore dell’Ufficio di pubblica sicurezza dello Xinjiang, tre alti funzionari della regione – Wang Junzheng, Wang Mingshan (ex vicesegretario del Partito in Xinjiang), Zhu Hailun e l’Ufficio di pubblica sicurezza del corpo di produzione e costruzione dello Xinjiang. Tra le accuse dell’Unione figurano “detenzioni arbitrarie e trattamenti degradanti inflitti agli uiguri e alle persone di altre minoranze etniche musulmane, nonché di violazioni sistematiche della loro libertà di religione o credo”. In poche ore si sono uniti all’UE anche Regno Unito e Canada, che hanno rilasciato una dichiarazione insieme agli Stati Uniti a favore della decisione europea. Separatamente, anche Australia e Nuova Zelanda hanno rilasciato un commento dove esprimono a loro volta le preoccupazioni per la crescente quantità di prove che suffragano i sospetti sugli abusi in Xinjiang. Pechino non ha tardato a rispondere accusando il Consiglio per gli Affari Esteri di “minacciare gravemente la sovranità e gli interessi della Cina diffondendo menzogne e informazioni false”. Le sanzioni dichiarate dalla Cina sono più ampie e mirano a colpire legislatori e diplomatici insieme alle proprie famiglie ed eventuali attività economiche legate alla Cina. Coinvolti anche degli enti europei: non solo il comitato politico e di sicurezza dell’Unione insieme al Consiglio, ma anche la sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo, il tedesco Mercator Institute for China Studies (MERICS), e la danese Alliance of Democracies Foundation. Oggi Pechino ha convocato l’ambasciatore europeo Nicolas Chapuis per presentare una protesta ufficiale contro la decisione del Consiglio Affari Esteri e chiedere una revisione della sentenza per non deteriorare i rapporti – migliorati alla luce dell’accordo sugli investimenti.
Nella giornata di ieri l’Unione Europea ha inoltre approvato le sanzioni contro Corea del Nord, Russia, Libia, Sud Sudan, Eritrea e Myanmar. Sono undici i membri del Tatmadaw a essere sanzionati, mentre continua a rimanere valido l’embargo sull’esportazione di armi e le sanzioni su alcuni militari in vigore dal 2018. Secondo le ultime dichiarazioni, è molto probabile che il blocco europeo aggiunga ulteriori divieti per isolare le forze armate birmane, come impedire a investitori e banche di fare affari con parti dei conglomerati economici dell’esercito, la Myanmar Economic Holdings Limited (MEHL) e la Myanmar Economic Corporation (MEC). [Fonti: SCMP, EUCO, Reuters, Reuters]
Le reazioni diplomatiche di Pechino dopo Anchorage
La Cina non perde tempo a rispondere alle tensioni dell’incontro con la delegazione americana: lunedì è atterrato a Guilin il ministro degli affari esteri russo Sergey Lavrov e ha già lanciato alcuni temi dell’incontro in conferenza stampa. Il politico ha definito “impudenti” le sanzioni imposte dall’Occidente contro la Cina, affermando che la chiave per normalizzare i rapporti dovrebbe essere la collaborazione. La dichiarazione si accompagna a un invito alla collaborazione multilaterale in seno alle Nazioni Unite, oltre a promettere passi avanti sulla cooperazione per l’innovazione scientifica e tecnologica. Quest’ultimo è la chiave per rafforzare il paese e renderlo indipendente dalle sanzioni, aggiunge Lavrov, avvalorando il progetto cinese per un sistema di pagamenti transnazionali che renda il paese resistente alla risposta degli attori occidentali. L’incontro tra i due ministri degli affari esteri si è concluso inoltre con accordi per un pass di viaggio internazionale per la ripresa degli spostamenti sicuri oltreconfine.
Anche la Corea del Nord torna a parlare con la Cina: l’agenzia di stampa Xinhua ha annunciato nella giornata di ieri che il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato un messaggio a Kim Jong-un in tema di cooperazione per la sicurezza dell’area. Le osservazioni sono state trasmesse durante un incontro tenutosi a Pechino tra Song Tao, capo del dipartimento internazionale del comitato centrale del partito comunista cinese, e Ri Ryong Nam nuovo ambasciatore della RPDC a Pechino. Entrambi i paesi si trovano in un momento di raffreddamento dei rapporti con gli Stati Uniti. La Cina è uscita insoddisfatta dall’incontro in Alaska di giovedì e venerdì scorsi, la cui conclusione non risolve i contrasti in tema di competizione tecnologica e commerciale. I negoziati tra Pyongyang e Washington si sono arenati dopo i tentativi del 2018 e del 2019 di Donald Trump, e ad oggi le dichiarazioni della Corea del Nord hanno lasciato intendere che non vi è interesse a riprendere il dialogo a meno che gli USA non decidano di rinunciare alla politica di denuclearizzazione del paese. [Fonti: SCMP, Nikkei]
I cambiamenti climatici avvicinano Cina e USA nonostante le tensioni
Nella giornata di oggi si terrà il Ministerial on Climate Action, incontro annuale di alto livello tra rappresentanti di 30 nazioni sui cambiamenti climatici, quest’anno ospitato dall’Unione Europea. Almeno sul clima Pechino e Washington sembrano andare d’accordo, promettendo che ci sarà tempo per i rispettivi delegati di confrontarsi sulla cooperazione tra i due paesi sul clima. L’incontro tra John Kerry e Xie Zhenhua segna un potenziale passo avanti nel dialogo bilaterale sull’ambiente tra Cina e Stati Uniti, che hanno promesso di creare un meccanismo formale ad hoc. Sarà anche un primo banco di prova per l’amministrazione Biden, che sta ancora cercando di calibrare la strategia giusta da attuare con il gigante asiatico. Il clima per ora sembra, infatti, l’unica area dove la cooperazione potrebbe procedere senza frizioni. Ciò non ammorbidisce il sospetto, condiviso da entrambe le parti, che l’altro possa sfruttare l’elemento clima per rallentare e dividere la strategia della controparte. Gli USA hanno una visione pessimistica delle potenzialità della Cina sul breve termine, mentre il nuovo presidente americano dovrebbe annunciare i nuovi obbiettivi climatici in occasione del vertice ambientale globale del 22 aprile. [Fonte: WSJ]
Scienziato estone della Nato condannato per spionaggio con la Cina
L’Estonia condanna la prima spia accusata di collaborare con la Cina. Tarmo Kouts, scienziato marino di 57 anni, è stato da poco condannato a tre anni di carcere dal tribunale della contea di Harju a Tallin. Insieme alla condanna è stata avviata la confisca di 17 mila euro appartenenti all’uomo, che avrebbe lavorato per la Cina nonostante la posizione di rilievo all’interno delle forze di sicurezza del paese e all’interno di organi internazionali. Lo scienziato ha lavorato per la Nato come parte del comitato scientifico dell’Undersea Research Centre in Italia e ha operato sotto l’egida del ministero della difesa estone. L’arresto era arrivato in settembre insieme a un altro collega, ancora non condannato, quando si sospettava che l’uomo trasmettesse informazioni sensibili ai servizi di intelligence cinese attraverso il lavoro in un think tank. Secondo gli analisti l’oceanografia sarebbe uno dei settori presi di mira dalle ambizioni di Pechino, che l’Estonia inizia a riconoscere dopo anni di preoccupazioni rivolte al vicino russo. [Fonte: SCMP]
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.