I titoli di oggi:
- L’Ue sfida il primato della Cina su materie prime e informazione
- Il senso di Xi dper il Kazakistan
- Tech war: gli Usa rischiano di essere battuti dalla Cina
- La Cina esclude dal suo mercato i produttori stranieri di apparecchiature mediche
Il tanto atteso discorso sullo Stato dell’Unione della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha rivelato gli strumenti che Bruxelles vuole mettere in campo anche per contrastare il primato della Cina in determinati settori. Von der Leyen ha presentato una “normativa europea sulle materie prime critiche” per limitare il controllo di Pechino sull’industria di trasformazione globale, dal momento che quasi il 90% delle terre rare e il 60% del litio sono lavorati in Cina. Senza fornire dettagli specifici, von der Leyen spingerà l’Ue a individuare “progetti strategici lungo tutta la catena di approvvigionamento” – inclusi estrazione, raffinazione, lavorazione e riciclaggio – per accumulare riserve strategiche nei settori “in cui l’approvvigionamento è a rischio”. A questo proposito von der Leyen spingerà per ratificare gli accordi commerciali dell’Unione con Cile, Messico e Nuova Zelanda e insisterà sui negoziati con Australia e India, tutti paesi che ospitano, in misura differente, giacimenti di materie prime. L’obiettivo, per la numero uno della Commissione, è ridurre la dipendenza dell’Ue da paesi terzi sulle materie prime, come accaduto per il petrolio e gas russo.
La numero uno della Commissione ha però deluso le aspettative di chi credeva che durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione avrebbe presentato pubblicamente un piano per vietare nel mercato dell’Ue i prodotti ottenuti con il lavoro forzato. La proposta – che dovrà passare al vaglio di Europarlamento e Consiglio dell’Ue per poi entrare in vigore nel 2025 – copre tutti i prodotti, in particolare quelli fabbricati nell’Ue per il consumo interno e le esportazioni, e le merci importate, senza rivolgersi a società o industrie specifiche. Nel testo del provvedimento non è fatta esplicita menzione dei paesi che verranno colpiti, ma tutto fa pensare che il pacchetto di misure sia utile per punire la Cina, alla luce delle accuse di lavoro forzato e di violazioni di diritti umani nei confronti degli uiguri nello Xinjiang. Con la misura di impianto globale, Bruxelles ha scelto una strada diversa da quella intrapresa da Washington, che lo scorso giugno ha posto un divieto per le importazioni provenienti dalla regione cinese a maggioranza musulmana.
Von der Leyen ha però attaccato pubblicamente gli sforzi di Pechino per diffondere la disinformazione in Europa, ricordando il caso di un centro culturale dell’Vrije Universiteit di Amsterdam che a gennaio è stato costretto a smettere di ricevere finanziamenti dalle istituzioni cinesi, dopo essere stato accusato di aver pubblicato “disinformazione” sugli uiguri nello Xinjiang.
Il senso di Xi per il Kazakistan
Dopo più di due anni ‘chiuso’ in Cina, il presidente della Repubblica popolare ha lasciato ieri il paese alla volta del Kazakistan, in quella che è la sua prima trasferta all’estero dallo scoppio della pandemia di Covid-19. Quella kazaka è stata la prima tappa di una missione che stamani lo ha portato a Samarcanda, in Uzbekistan, per il summit della Shanghai Cooperation Organization (Sco) che prende il via oggi.
Il leader kazako, Kassym-Jomart Tokayev, ha accolto Xi ad Astana (Tokayev ha ripristinato il vecchio nome della capitale del paese solo tre anni dopo averla ribattezzata in onore del suo predecessore Nursultan Nazarbayev) con tutti gli onori riservati a un grande amico e partner.
Al seguito di Xi sono arrivati in Kazakistan anche Ding Xuexiang, uno dei suoi assistenti senior, il capo della politica estera Yang Jiechi, il ministro degli Esteri Wang Yi e He Lifeng, capo della Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, la principale agenzia di pianificazione economica cinese. Durante il faccia a faccia, Xi e Tokayev hanno firmato diversi accordi per rafforzare la cooperazione nei settori dei trasporti, della logistica e dell’agroindustria.
Non è casuale la scelta di Xi di avviare il suo tour in Asia centrale dal Kazakistan: Pechino e Astana hanno stabilito rapporti diplomatici 30 anni fa. E Tokayev, riporta Kazinform, ha sottolineato come sia “emblematico” che la visita di Xi “coincida con questo anniversario”. Per il leader kazako, la prima trasferta all’estero del presidente cinese proprio ad Astana è “la prova dell’alto grado di fiducia reciproca e cooperazione”. Le parole di Tokayev trovano conferma nell’espressione di sostegno del leader cinese che ha appoggiato le misure di riforma del presidente kazako “per salvaguardare la stabilità, lo sviluppo e l’indipendenza del Kazakistan”, ma si è anche opposto “con forza” a qualsiasi interferenza negli affari interni. Parole che, scrive The Diplomat, sono indirizzate alle Russia e sottolineano quanto sia alta l’attenzione di Pechino alle difficili circostanze interne del Kazakistan e alla sua precaria posizione geopolitica. Il paese dell’Asia centrale svolge infatti un ruolo chiave nella regione ed è al centro delle strategie di Xi.
L’ultima volta che il presidente cinese si è recato in Kazakistan è stato nel 2017, quando ha partecipato al vertice Sco e all’Expo 2017 nella capitale kazaka. Ma la visita di Xi che passa alla storia risale al settembre 2013, quando ha presentato al mondo il progetto della Nuova Via della Seta. L’Ue vuole contrastare il controllo della Cina sulle terre rare
Gli Usa rischiano di essere battuti dalla Cina nella competizione tecnologica
Gli anni tra il 2025 e il 2030 saranno critici per gli Usa, impegnati in una competizione tecnologica contro la Cina. Secondo un rapporto dello Special Competitive Studies Project (SCSP), fondato dall’ex Google CEO Eric Schmidt, Washington potrebbe essere superata da Pechino se non intraprenderà presto un’azione in tre “campi di battaglia fondamentali” per la superiorità tecnologica: microelettronica, tecnologia wireless di quinta generazione (5G) e intelligenza artificiale (AI).
Come precisa il rapporto, gli Usa devono sfruttare gli elementi che li hanno portati a essere leader globale nelle società tecnologiche, nei mercati finanziari, nella cultura innovativa e nelle reti di alleanze, per mantenere la più forte posizione strategica del mondo.
La Cina esclude dal suo mercato i produttori stranieri di apparecchiature mediche
La recente decisione della Cina di vietare le apparecchiature mediche prodotte all’estero sta spingendo molte multinazionali a lasciare il mercato del gigante asiatico. Lo scorso aprile, i governi locali delle province di Hubei, Anhui, Shanxi e della regione autonoma di Ningxia Hui hanno emesso avvisi agli ospedali locali per limitare l’uso di apparecchiature mediche, al fine di sostituirli con quelli prodotti all’interno della Grande Muraglia. Le autorità locali hanno adottato il provvedimento in risposta all’avviso emesso dal governo centrale nel maggio 2021, che elencava come gli ospedali dovessero procurarsi da produttori locali ben 315 diversi articoli, tra cui apparecchiature per la risonanza magnetica, tomografia computerizzata, raggi X ed endoscopi. Anche i principali nosocomi di Pechino, Shanghai, nella provincia del Guangdong e in altre aree stanno limitando sempre più il loro approvvigionamento ai prodotti di produzione nazionale. La misura colpisce così le società straniere che rappresentano l’80% dell’approvvigionamento cinese delle apparecchiature mediche. E tutto a vantaggio della Cina: secondo i media locali, il fatturato del mercato cinese delle apparecchiature mediche dovrebbe raddoppiare entro il 2025 dai 140 miliardi di dollari del 2021.
A cura di Serena Console
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.