I titoli di oggi:
- Il Consiglio per i diritti umani dell’ONU respinge mozione sui diritti umani in Xinjiang
- Strappo tra Cina e Usa sulla Corea del Nord
- Cina: il problema inquinamento si sposta
- L’industria cinese dei semiconduttori continua a crescere. Nonostante le sanzioni USA
- Singapore palcoscenico globale per eventi di lusso
- Taiwan stringe i controlli sugli immigrati da Hong Kong
- Taiwan in difesa dei chip, ma il decoupling “non è realistico”
- È l’Asia il continente con più miliardari al mondo
Con 19 contrari, 17 favorevoli e 11 astenuti, il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU ha respinto la mozione a guida occidentale per discutere delle presunte violazioni dei diritti umani nei confronti degli uiguri nella regione autonoma del Xinjiang. Il dibattito si sarebbe dovuto tenere alla successiva sessione regolare del Consiglio di febbraio-marzo 2023. Come riporta Reuters, è solo la seconda volta nei 16 anni di storia del Consiglio per i diritti umani che una proposta viene bocciata. L’annuncio dell’esito della votazione – richiesta da USA, Gran Bretagna e Canada – è stato accolto dalla sala con un applauso. È un grande risultato diplomatico per Pechino. “[Siamo] delusi dai paesi musulmani”, ha detto Dolkun Isa, presidente del Congresso Mondiale degli Uiguri. Oltre alla Cina, infatti, anche paesi come Pakistan e Indonesia si sono dichiarati contrari. Tra gli astenuti spiccano Ucraina e India, mentre la Somalia è stato l’unico paese africano a favore della mozione. A pochi minuti dalla fine del suo mandato come Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre, Michelle Bachelet aveva autorizzato la pubblicazione del famoso rapporto sul Xinjiang. Il report parlava di “gravi violazioni dei diritti umani” e di possibili “crimini contro l’umanità”, ma non di genocidio. La Cina si era difesa definendole “calunnie” e “diffamazioni”.
Strappo tra Cina e Usa sulla Corea del Nord
Ora Cina e Stati Uniti rischiano davvero di non essere più d’accordo su nulla. L’ultimo scontro diplomatico tra le due potenze – con la Russia al fianco dell’amico “senza limiti” cinese – è andato in scena mercoledì alla riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Secondo Washington ha accusato Pechino e Mosca di ostacolare il rafforzamento delle sanzioni nei confronti della Corea del Nord. Il missile balistico lanciato da Pyongyang che martedì ha sorvolato il Giappone (finendo poi in mare) rappresenta per ora il punto più alto di un’escalation che, come riporta il South China Morning Post, la Cina di fatto giustifica. Dal 2018 gli USA non hanno risposto alle “legittime preoccupazioni” del regime di Kim Jong-un e i lanci di missili sono “direttamente correlati” alle esercitazioni militari statunitensi con i suoi alleati, ha dichiarato al Consiglio il vice ambasciatore cinese all’ONU Geng Shuang, “l’enfasi unilaterale sulle sanzioni, l’allentamento degli sforzi politici e la pressione cieca [verso la Corea del Nord] non aiuterà e non è la strada giusta”. Parole che fanno rima con quelle utilizzate da Pechino nei confronti della guerra in Ucraina. A maggio Cina e Russia avevano già posto il veto su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che chiedeva nuove sanzioni, dividendo l’ONU sulle questione per la prima volta dal 2006. Ora che Kim ha dichiarato la Corea del Nord una potenza nucleare “irreversibile”, c’è il timore che tra non molto Pyongyang possa tenere il suo primo test atomico dal 2017. Se 5 anni fa la Cina si era accodata alle sanzioni statunitensi, oggi anche la denuclearizzazione del Regno eremita è diventata l’ennesimo terreno di scontro.
Cina: il problema inquinamento si sposta
I cieli di Pechino e Shanghai risplendono, ma il problema di inquinamento della Cina è lontano dall’essere risolto. È stato solo spostato. Huludao, città nella provincia di Liaoning, è uno dei tanti siti alternativi nei quali il governo cinese ha trasferito la propria industria pesante. Aree molto meno ricche delle metropoli che nella produzione industriale trovano possibilità di crescita e sviluppo, spesso a discapito della salute dei propri cittadini. L’attivista ambientale Nut Brother ha aperto una linea telefonica per raccogliere le lamentele dei residenti di Huludao, che hanno dichiarato di soffrire comunemente di epistassi, mal di gola e irritazioni nasali. Colpa dell’aria malsana inquinata dalle industrie chimiche. Mentre i funzionari di Huludao hanno promesso di punire le aziende con problemi ambientali – dal 5 agosto sono stati chiusi 7 stabilimenti -, quello dell’inquinamento non è l’unico problema del settore chimico. Preoccupa anche la sicurezza dei lavoratori, visto che il personale addetto a supervisionare i processi produttivi non è formato come quello delle grandi città, che sarebbero anche molto più preparate dei centro più piccoli ad affrontare eventuali incidenti di un settore già colpito da tragedie in passato. Nel 2021, secondo il governo cinese, a seguito di incidenti sul lavoro sono morti 150 addetti dell’industria chimica.
L’industria cinese dei semiconduttori continua a crescere. Nonostante le sanzioni USA.
La Cina è sulla buona strada per produrre internamente semiconduttori sempre più piccoli, e quindi di livello sempre più alto. Se da un lato i ban americani sulle esportazioni di tecnologie dei chip verso Pechino hanno colpito il settore cinese sul breve periodo – come dimostrano le difficoltà di Huawei -, dall’altro hanno anche spinto il PCC ad accelerare gli investimenti nell’industria. La Cina sta così colmando il divario con Taiwan, Giappone, Corea del Sud e gli stessi Stati Uniti. La cinese SMIC è riuscita a produrre chip di 7 nanometri anche senza avere accesso alle apparecchiature EUV, e ora sta procedendo verso i chip a 5 nanometri. E, secondo Asia Times, è tutta la catena di produzione cinese a fare passi avanti: Xiangdixian Computing Technology e Moffett AI, per esempio, hanno annunciato di poter realizzare dispositivi che Nvidia e AMD non possono più vendere alla Cina. Pechino resta indietro, ma il settore dei chip è in grande espansione e la sua rincorsa verso l’avanguardia mondiale è già iniziata.
Singapore palcoscenico globale per eventi di lusso
Dal Milken Institute Asia Summit al Token 2049, passando per il Gran Prix di Formula 1, Singapore si sta confermando un hub internazionale per eventi di alto profilo. Dopo due anni di rallentamento pandemico che hanno ristretto festival ed eventi sportivi nel paese, questa settimana Singapore ha ospitato una serie di appuntamenti di interesse internazionale, culminati la scorsa domenica con il Grand Prix di Formula 1, ai quali hanno partecipato oltre 268mila spettatori. Oltre allo sport, ad attirare l’attenzione sono stati il Summit del Milken Asia Institute dedicato a tematiche quali la disuguaglianza economica e la lotta al cambiamento climatico. Particolarmente apprezzate anche la Global CEO Conference di Forbes e l’evento di cryptocurrency Token2049, momento di incontro tra investitori e appassionati di tecnologia.
Taiwan stringe i controlli sugli immigrati da Hong Kong
Le autorità taiwanesi hanno intensificato i controlli sulle procedure di immigrazione di residenti di Hong Kong, citando precedenti di cittadini con presunti collegamenti a enti e società vicine a Pechino quali la Big Four e la Cathay Pacific. Le richieste di visti per Taiwan da parte di cittadini hongkonghesi si sono moltiplicate dal 2019 in avanti, anno delle proteste pro-democrazia che hanno fatto seguito all’introduzione nella regione amministrativa speciale della legge sulla sicurezza nazionale da parte del governo cinese. Secondo Taipei la vicinanza di alcuni richiedenti a enti politicamente vicini al governo cinese costituirebbe un rischio sotto il profilo della sicurezza nazionale.
È l’Asia il continente con più miliardari al mondo
Sono 951 i miliardari presenti in Asia che cominciano a far crollare l’immaginario di ricchezza esclusivamente capeggiato da cittadini statunitensi. Dove nella classifica dei dieci personaggi più ricchi al mondo gli Stati Uniti dominano ancora, lo scorso settembre l’Indiano Guatam Adani è diventato il secondo uomo più ricco del mondo dopo Elon Musk, contribuendo a portare un tassello asiatico nella lista. A livello di continente tuttavia, l’Asia vince per numero di miliardari. Su base paese invece primi ancora gli Stati Uniti con 719 miliardari, seguiti a ruota dalla Cina che ne conta 440. L’India ne ha 161 mentre i paesi ASEAN insieme ne contano 114. A Taiwan risiedono invece 45 miliardari, 28 in Corea del Sud e 27 in Giappone.
Taiwan in difesa dei chip, ma il decoupling “non è realistico”
Taiwan difenderà gli interessi nazionali nella crescita del settore dei semiconduttori, ma senza cercare un decoupling totale con la Cina. Questa la dichiarazione del viceministro dell’Economia taiwanese Chen Chern-chyi secondo quanto riportato da Nikkei. Chen avrebbe inoltre sottolineato che per il governo di Taipei l’alleanza “Chip-4” a guida statunitense creata per difendere la catena di approvvigionamento dei semiconduttori è rivolta soprattutto a “lavorare con i nostri partner per creare una catena di approvvigionamento solida”. L’industria dei semiconduttori rimane dunque un settore “collaborativo a livello globale” che, per il momento, non può prescindere dalla Cina, principale partner commerciale di Taiwan. Secondo il viceministro infatti un decoupling non sarebbe “realistico” ma l’attenzione alla sicurezza nazionale e alla protezione delle tecnologie chiave rimane un caposaldo dell’approccio taiwanese.
A cura di Lucrezia Goldin e Francesco Mattogno