Riforma delle imprese di Stato cinesi: ecco le linee guida. Dialogo sui cyberattacchi Cina-Usa mentre i due paesi si preparano alla visita del presidente Xi a Washington. La leadership cinese parla per la prima volta di legittimità del Partito. Il chief executive di Hong Kong avrà diritto di intervento nei tre poteri esecutivo, giudiziario e legislativo. Le bombe a Bangkok e la pista uigura. Tensione tra governo di Okinawa e governo giapponese sulle basi americane.CINA – Riforma SOE
Sono arrivate le linee guida per la tanto attesa (dal 2013) riforma delle imprese pubbliche cinesi (SOE), che devono diventare più efficienti, ridurre le perdite ed integrarsi meglio nel mercato. Entro il 2020, le SOE saranno riclassificate a seconda che svolgano una funzione sociale o di business, comunica il Consiglio di Stato (governo), che ha promesso poi di “introdurre attivamente altri investitori” (privati) e di spingere il management a collocare azioni sul mercato, anche se la maggior parte degli analisti ritiene che le privatizzazioni saranno comunque limitate. Ci saranno inoltre rimpasti nei consigli di amministrazione.
I Cina esistono più di 155.000 aziende di Stato, che impiegano decine di milioni di persone in tutti i settori, dalle banche agli alberghi, passando per compagnie aeree e raffinerie. Ma se la maggior parte è gestita dai governi locali, vi è uno zoccolo duro di oltre100 grandi gruppi strategici a livello nazionale controllati da Pechino, tra cui ICBC, la più grande banca del mondo per asset, e China Mobile, il più grande operatore telefonico del mondo per numero di abbonati.
CINA/USA – Dialogo sui cyberattacchi
In attesa della prima visita del presidente Xi Jinping negli Usa prevista per il 24-25 settembre, il consigliere per la sicurezza nazionale Susan Rice e il capo della sicurezza cinese, Meng Jianzhu, si sono incontrati per disinnescare un tema che potrebbe rendere caldi i colloqui tra Xi e Obama: quello dei cyberattacchi, per cui Washington accusa Pechino che, da parte sua, ricorda il caso Snowden. Secondo la stampa cinese, Meng avrebbe dichiarato che la Cina punirà chiunque rubi segreti commerciali e compirà cyberattacchi agendo dall’interno dei propri confini, ma è probabile che il “consenso” tra i due Paesi, sbandierato dai media di Pechino, sia più che altro un atto formale per stemperare gli animi.
CINA – Legittimità del Partito
Per la prima volta, la leadership cinese (e comunista) parla di “legittimità” del Partito, tema che finora era dato per scontato. Lo ha fatto per bocca di Wang Qishan, sesto nella gerarchia dei leader cinesi ma per molti analisti assai più importante, dato che è a capo della potente agenzia anticorruzione. Wang, in un convegno internazionale, ha sottolineato che la missione del Partito è quella di soddisfare le sue promesse fatte al popolo e il modo per realizzare questo scopo è la rigorosa disciplina: “La legittimità del Partito di governo deriva dalla storia ed è scelta del popolo”, ha detto Wang, aggiungendo che agisce “in nome del popolo, serve il popolo e dovrebbe stabilire valori fondamentali corretti e insistere sulle sue azioni”. I patto non scritto tra il Partito comunista e i cinesi consiste nello scambio tra potere politico e benessere. Ora, la leadership sembra esplicitarne i termini.
HONG KONG – No alla separazione dei poteri
Il rappresentante della Cina a Hong Kong ha dissipato ogni dubbio sul futuro istituzionale della zona amministrativa speciale, chiarendo che l’idea di una separazione dei poteri non è un’opzione e che l’amministratore delegato (chief executive, cioè il governatore) ha autorità su esecutivo, giudiziario e legislativo. In un discorso dal titolo “La corretta comprensione del sistema politico di Hong Kong”, Zhang Xiaoming, responsabile dei collegamenti politico-istituzionali con Pechino, ha detto che “Hong Kong non realizzerà il sistema politico della separazione dei poteri. Non l’ha fatto prima della riunificazione, né dopo”. Critiche dallo schieramento pan-democratico che sta all’opposizione nel Consiglio Legislativo.
THAILANDIA – Bomba a Bangkok: si segue la pista uigura
La si seguiva da tempo, ma la polizia thailandese ha confermato la pista uigura per l’attentato che il 17 agosto ha ucciso 20 persone presso un tempio nel centro di Bangkok, in maggioranza cinesi.
Le autorità hanno diffuso la foto del sospetto Abu Abdulrahman Dustar, esplicitando dapprima che si tratterebbe di un uiguro, ma ritirando in seguito la descrizione etnica e dicendo solo che sarebbe cittadino cinese. L’uomo, chiamato anche Ishan, avrebbe lasciato la Thailandia un giorno prima dell’esplosione ed è ricercato con l’accusa di “possedere dispositivi militari illegali” e di appartenere alla rete criminale che si accusa dell’attentato, anche se non ne sarebbe la mente.
Gli analisti hanno sempre puntato il dito verso i militanti della minoranza dello Xinjiang – o verso loro sostenitori – che avrebbero voluto vendicare la deportazione forzata dalla Thailandia alla Cina di 109 rifugiati uiguri, avvenuta lo scorso luglio.
GIAPPONE – Okinawa, i lavori per la nuova base Usa verso l’illegalità
Il governatore della provincia di Okinawa, Giappone meridionale, Takeshi Onaga ha annunciato di aver avviato le procedure per annullare l’approvazione ai lavori di ampliamento della base di Henoko, costa orientale dell’isola principale della provincia. Qui dovrebbe essere spostata la base aerea di Futenma, costruita ai margini di un centro abitato e protagonista in negativo dagli anni ’90 della convivenza tra esercito americano e giapponesi, data dalla precedente amministrazione locale. Con l’annullamento del permesso, nuovi lavori potrebbero diventare illegali. La notizia arriva al termine di un periodo di pausa dei lavori, avviati lo scorso anno, decisa dal governo di Tokyo. Dopo la decisione di Onaga è ora inevitabile uno scontro politico tra governo locale – contro le basi americane sull’isola — e il governo centrale.