L’ex proprietario del Milan finisce sulla lista degli “inaffidabili”
L’ex proprietario cinese del Milan Li Yonghong è finito sulla lista nera degli individui inaffidabili per diversi milioni di dollari di debiti non pagati. Lo ha annunciato un tribunale locale che ha ordinato la confisca del suo passaporto. Secondo il tribunale intermedio di Jingmen, l’imprenditore ha in arretrato 60 milioni di yuan (8,7 milioni di dollari) di debito non pagato a una società di investimento della provincia dello Hubei, oltre una sanzione di 12 milioni di yuan. Le autorità non hanno trovato beni registrati a suo nome per procedere con il sequestro e hanno inserito l’uomo nella lista nera degli individui non affidabili, limitandone la possibilità di viaggiare su treni ad alta velocità e in aereo, soggiornare in hotel costosi o ricevere una carta di credito. Dopo una prima ondata di acquisti sfrenati, Pechino ha messo un tappo allo shopping cinese nelle squadre calcistiche straniere in seguito a una lunga scia di investimenti “irrazionali”.
Croazia nell’occhio del ciclone per progetto sino-europeo
Guerre, corruzione e battibecchi politici ne hanno ritardato la costruzione per anni. Ma presto finalmente il ponte Pelješac, pensato per unificare la contea di Dubrovnik-Neretva con il resto della Croazia, potrà vedere la luce grazie ai finanziamenti dell’unione europea e all’expertise della Cina nel settore delle infrastrutture. Le modalità con cui Zagabria ha assegnato l’appalto alla statale China Road and Bridge Corporation sono tuttavia motivo di tensione all’interno del blocco dei 28 a causa dei costi sottomercato e del preannunciato impiego di lavoratori cinesi. Per il sindaco di Dubrovnik il progetto rappresenta un modello win-win da replicare. E’ infatti la prima volta che un’opera finanziata per l’85% dall’Ue verrà costruita da un’azienda cinese, scongiurando in partenza i rischi legati all’accumulo di debiti che normalmente comportano i progetti made in China.
Trump blocca gli aiuti umanitari alla Corea de Nord
L’amministrazione Trump ha sospeso l’assegnazione dei permessi speciali per le operazioni umanitarie in Corea del Nord. Nel settembre del 2017, dopo la morte di Otto F. Warmbier, Washington ha vietato i viaggi turistici verso il Regno Eremita e il Dipartimento di Stato ha affermato che sta ancora esaminando le eccezioni “caso per caso, tenendo conto di una serie di fattori”. Ma molte delle dozzine di no profit americane che operano regolarmente al Nord si sono viste categoricamente negare i permessi a partire dal mese scorso. In stato di estrema povertà, la Corea del Nord ha in passato beneficiato dell’aiuto esterno sopratutto per combattere la tubercolosi e migliorare le tecniche agricole attraverso l’importazione di macchinari, vietati con l’imposizione di nuove sanzioni internazionali lo scorso dicembre.
Vietnam: gli Usa pronti a guarire i mali storici
Cancellare un passato doloroso per inaugurare un futuro all’insegna della cooperazione. Mercoledì, durante la sua seconda visita in Vietnam nel giro di pochi mesi, il segretario alla Difesa Jim Mattis si è recato personalmente presso la base aerea di Bien Hoa, il sito utilizzato durante la guerra del Vietnam per conservare l’erbicida noto come agente Arancio e che gli Stati uniti si apprestano a decontaminare con un un’operazione da 390 milioni di dollari. Impiegata dall’esercito americano per sfoltire la giungla, la sostanza provoca gravi danni per la salute tra cui il Parkinson, il cancro alla prostata e la leucemia. Dei 4,8 milioni di vietnamiti che sono stati esposti all’Agente Arancio, circa tre milioni stanno ancora sperimentando i suoi effetti, tra cui bambini nati con gravi disabilità o altri problemi di salute. Il riavvicinamento di Washington al nemico storico fa parte di una strategia di corteggiamento diretta verso i paesi asiatici con cui Pechino ha in essere contenziosi territoriali e che Washington vuole attirare a sé in chiave anti-cinese.
Seul nega lo status di rifugiato a centinaia di yemeniti
La Corea del Sud ha negato lo status di rifugiato a tutti gli oltre 500 yemeniti approdati sull’isola di Jeju negli ultimi cinque mesi. 339 riceveranno un visto umanitario della durata di un anno che permetterà loro di raggiungere la “terraferma” ma che limiterà le opportunità lavorative, precludendo inoltre vari benefit tra i quali l’accesso al sistema sanitario. L’arrivo dei fuggiaschi era stato accolto dalle proteste della popolazione locale, preoccupata da possibili infiltrazioni terroristiche e dalla competizione di manodopera a basso costo. Un approccio fortemente xenofobo che stride con la generosità dimostrata verso la diaspora nordcoreana. Ogni anno Seul aiuta circa un migliaio di cittadini del Nord a rifarsi una vita a Sud, elargendo laute sovvenzioni.