I titoli di oggi della nostra rassegna:
– Lettera Trump-Xi: «sviluppare una relazione costruttiva Usa-Cina»
– Esperti e sinologi a Trump: cambiare la politica dell’unica Cina è pericoloso
– Deficit commerciale americano ai suoi massimi, diminuisce quello con la Cina
– I giovani cinesi sono meno nazionalisti dei loro genitori
– Pyongyang raffine le tecniche di aggiramento delle sanzioni Lettera Trump-Xi: «sviluppare una relazione costruttiva Usa-Cina»
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha inviato una lettera alla sua controparte cinese Xi Jinping. È il suo primo atto diplomatico nei confronti della Repubblica popolare cinese e del suo leader. Nel testo Trump ringrazia Xi della lettera di congratulazioni inviatagli dal leader cinese in occasione della sua inaugurazione e auspicato una collaborazione al fine di costruire «un rapporto costruttivo» tra i rispettivi paesi. Trump ha anche colto l’occasione per augurare al popolo cinese un propizio anno del Gallo. La Cina non ha ancora risposto alla missiva, ma quel che è certo è che il richiamo a una maggiore cooperazione va in senso opposto alle critiche e provocazioni che Trump ha mosso nei mesi scorsi alla Cina su economia e questioni geopolitiche, come Taiwan e Mar cinese meridionale.
Esperti e sinologi a Trump: cambiare la politica dell’unica Cina è pericoloso
L’amministrazione statunitense non deve abbandonare la politica dell’unica Cina. Per Washington saraebbe infatti "molto pericoloso", ammoniscono gli esperti dell’Asia Society e dell’Università della California. Donald Trump ha più volte fatto riferimento alla possibilità di utilizzare il possibili riconoscimento di Taiwan come arma di negoziato con Pechino. Dal 1979 gli Usa riconoscono l’esistenza di una sola Cina, di cui Pechino è il governo legittimo, e allo stesso tempo garantiscono protezione a Taipei contro le mire cinesi di assimilare l’isola dove nel 1949 si rifugiarono i nazionalisti sconfitti nella guerra civile dai comunisti di Mao. Un ripensamento da parte di Trump porterebbe a una destabilizzazione dell’intera regione pacifica, scrivono gli esperti
Deficit commerciale Usa da record, diminuisce quello con la Cina
Nel 2016 il deficit commerciale americano ha raggiunto il valore più alto da 4 anni a questa parte (502,3 miliardi di dollari), stando ai dati rilasciati martedì dal US Commerce Department. Nonostante in calo, la percentuale coperta dalla Cina costituisce ancora la fetta maggiore del disavanzo in essere con i vari partner commerciali. Si parla di 347 miliardi di dollari, 20,1 miliardi in meno rispetto al 2015; tanto per avere un’idea, il deficit con L’Ue – seconda classificata- è di circa 150 miliardi. Quello del surplus è una delle prove sbandierate da Trump a sostegno della tesi secondo cui il gigante asiatico starebbe affossando l’economia americana, portando via posti di lavoro. Niente di nuovo, ma in tempi di minacce sono numeri che pesano. Secondo alcune proiezioni, se Washington applicasse una tariffa del 45% sul made in China, come ventilato da Trump, il Pil cinese calerebbe di 1,4 punti percentuali. A quel punto, tuttavia, per Pechino non sarebbe difficile trovare un modo per vendicare l’affronto. Ce lo insegna la guerra dei dazi sui pannelli solari e sul vino tra Cina e Ue.
I giovani cinesi sono meno nazionalisti dei loro genitori
A Pechino, roccaforte del rigore e dell’ortodossia del Partito comunista cinese, il nazionalismo sembra non attecchire sui giovani. A dirlo è un recente studio del professor Alastair Johnston della Harvard University che ha condotto dal 1998 un sondaggio sugli andamenti del sentimento patriottico nelle persone nate post-1978 nell’area della capitale della Rpc. I giovani infatti sono meno convinti del fatto che se potessero scegliere un altro paese in cui nascere sceglierebbero comunque la nazionalità cinese rispetto ai loro genitori; d’altra parte, l’aumento del reddito pro capite ha causato un aumento dei partecipanti che segnalano che la Cina è diventato un paese «migliore» rispetto al passato. Per quanto riguardo il sentimento nazionalista, Johnston ha registrato un picco in corrispondenza delle Olimpiadi del 2008 e poi un costante calo nonostante alcuni «incidenti» come uno scontro tra un caccia cinese e uno americano e la vicenda delle isole Senkaku-Diaoyu del 2012.
Pyongyang raffine le tecniche di aggiramento delle sanzioni
La Corea del Nord usa stratagemmi sempre più astuti per aggirare le sanzioni internazionali, in particolare per procurarsi tecnologie militari, scrive un rapporto delle Nazioni Unite i cui contenuti sono stati diffusi oggi dall’agenzia di stampa giapponese Kyodo. Secondo il rapporto, i movimenti di munizioni, armi e risorse naturali verso il Regno eremita non si sono fermati e anzi continuano a sostenere gli sforzi del paese. Colpa, si legge ancora, della scarsa volontà politica della comunità internazionale di implementare a pieno le sanzioni. A questo proposito viene citato il caso del carico di munizioni probabilmente diretto in Corea del Nord, intercettato su un cargo battente bandiera cambogiana in un porto egiziano. Anche il traffico di minerali non si ferma: secondo il rapport Onu, ad alimentarlo ci sarebbero agenti stranieri che lavorano per il regime con aziende di facciata.